Diversity& Inclusion
Azienda inclusiva? Serve un percorso (di 12 anni)
Dal 2012 Barilla è fortemente impegnata sui temi della Diversity & Inclusion e ha fatto scuola per il suo impegno nell’affrontare la diversità su più fronti: genere, disabilità, LGBTQ+, generazioni e multi-culturalità. Ne paliamo con Floriana Notarangelo, Chief Diversity & Inclusion Officer dell'azienda di Parma
9mila dipendenti nel mondo, 21 brand, 29 sedi sparse in cinque continenti, di cui 15 in Italia. Barilla, dal 1877, non è esattamente la fotografia della piccola media impresa. Da dodici anni è fortemente impegnata sui temi della Diversity & Inclusion e ha fatto scuola in questo settore per il suo impegno, nell’affrontare la diversità su più fronti: genere, disabilità, LGBTQ+, generazioni e multi-culturalità. Ne paliamo con Floriana Notarangelo, Chief Diversity & Inclusion Officer di Barilla.
Molte delle aziende che dicono di fare D&I, in realtà, fanno operazioni di make up, mettono del trucco sul proprio nome. La vostra esperienza, raccontata in occasione del convegno Inclusività competitiva che si è tenuto pochi giorni fa a Palazzo Mezzanotte (Milano), sembra, al contrario, aver fatto “scuola”. Quali sono state le tappe principali? E perché è diverso?
Barilla ha iniziato un percorso per aumentare la diversità e l’inclusione a livello globale nel 2012, quando il Ceo Claudio Colzani fissò la D&I come una priorità strategica. Gli sforzi sono stati poi accelerati nel 2013. Da allora, con un approccio proattivo e sistematico, abbiamo intrapreso diverse iniziative, tra cui la formazione sulla D&I per tutti i dipendenti; audit e revisione di tutte le politiche HR. E poi la nomina, nel 2013, di un Chief Diversity Officer che riferisce direttamente al Ceo; la creazione di un Comitato D&I e una continua collaborazione con organizzazioni esperte. Nel 2014 abbiamo lanciato la prima edizione della nostra Global D&I Survey, che si svolge ogni 2 anni
Il fatto che il Chief Diversity Inclusion Officer riporti al Ceo è una scelta non comune, visto che molti professionisti riportano direttamente all’HR o il marketing. Che impatto ha questa scelta sull’equilibrio di genere, orientamento sessuale, età, etnia e disabilità?
In primis diversità e inclusione sono state considerate come una priorità strategica e non come un’iniziativa secondaria. Questo ha elevato l’importanza della D&I a livello di governance aziendale e assicurato che queste tematiche ricevessero l’attenzione e le risorse necessarie per fare progressi concreti. C’è stata poi una maggiore possibilità di integrare le iniziative di D&I in tutte le aree dell’azienda.
Dal punto di vista del supporto economico?
Il Chief Diversity Inclusion Officer ha avuto maggiori risorse a disposizione per implementare programmi e iniziative, attraverso budget dedicati, accesso a consulenti esterni e la capacità di lanciare iniziative pilota che potessero essere rapidamente estese se risultate efficaci. Non da ultimo questa scelta ha inviato un messaggio forte sia alla comunità esterna che ai dipendenti interni, per attrarre talenti diversi, migliorare la reputazione dell’azienda e accrescere l’engagement dei dipendenti.
Promuovere diversità e inclusione non significa solo “fare la cosa giusta”, ma anche orientare la propria strategia di crescita in questa direzione. Potrebbe fare alcuni esempi concreti?
Questo approccio ha permesso di affrontare e migliorare l’equilibrio di genere e l’inclusione dei colleghi LGBTQ+, di vari backgrounds o colleghi con disabilità in tutti i processi aziendali, dalle assunzioni alla formazione, dallo sviluppo delle carriere alla comunicazione interna ed esterna. Il diretto riporto al Ceo ha poi aumentato la responsabilità e l’accountability del Chief Diversity Inclusion Officer, così come di tutta la leadership aziendale, che è stata più coinvolta e impegnata nei risultati delle iniziative di D&I.
Parliamo dell’impegno per l’uguaglianza di genere. Quali strategie avete messo in campo per valorizzare la leadership femminile sul posto di lavoro?
Dei 9000 dipendenti nel mondo, circa 2.600 sono donne. Abbiamo eliminato il divario salariale non giustificato. E in più, in dieci anni, le donne in posizioni apicali in Barilla sono passate dall’8 al 29%. Cioè quasi un terzo. Nel Consiglio di Amministrazione ci sono sette uomini e una donna. L’azienda ha implementato processi di selezione e promozione che garantiscono pari opportunità, indipendentemente dal genere. Questo include l’adozione di pratiche di assunzione e valutazione imparziali e trasparenti, che assicurano che le decisioni siano basate esclusivamente sulle competenze e sul merito. Inoltre, ci siamo impegnati a garantire pari opportunità di avanzamento per tutti i dipendenti.
L’impegno di Barilla si estende anche al monitoraggio e al reporting regolari dei dati relativi alla diversità di genere e all’inclusione. Questo ci permette di valutare il progresso delle nostre iniziative e di identificare aree di miglioramento, mantenendo un alto livello di trasparenza e responsabilità. Ad oggi, oltre il 41% degli executive e dei manager Barilla sono donne.
Nel 2020 avete realizzato per la festa della donna una confezione speciale per gli spaghetti n°5 di colore rosa, anziché il classico blu. La scelta è stata criticata e definita come iniziativa di pink washing. Cosa ne pensa?
Gli spaghetti n°5 Barilla nella confezione rosa sono una limited edition realizzata in collaborazione con il brand di moda GCDS, in vendita per un periodo limitato, dal 14 al 27 ottobre 2019, presso 90 punti vendita Esselunga. Attorno all’8 marzo 2020, Esselunga ha deciso di rimetterli a scaffale, ma si è trattato di un gesto casuale e non legato a nessuna strategia di comunicazione di Barilla.
Nel 2022 sono state quasi 600 le ore di volontariato aziendale messe in atto. Collaborate con diversi enti del terzo settore, come Dynamo camp e Banco Alimentare. Come avviene la scelta e che finalità hanno queste partnership?
La scelta di queste partnership deriva dal profondo impegno dell’azienda verso la responsabilità sociale. In collaborazione con Banco Alimentare, uno dei nostri partner storici, abbiamo contribuito a garantire l’accesso al cibo a un numero maggiore di persone. La risposta dei nostri volontari è stata notevole: abbiamo ricevuto più adesioni dei posti disponibili, dimostrando che i valori e i principi della nostra azienda sono condivisi anche dai nostri collaboratori.
Dal 2020, inoltre, facciamo parte della comunità delle aziende che sostengono Dynamo Camp, l’organizzazione non profit che ha l’obiettivo di fornire supporto e svago a bambini e adolescenti affetti da patologie croniche o gravi. Supportiamo Dynamo con sostegno economico, donazione di beni per il fabbisogno di pasta e prodotti da forno del Camp e volontariato.
Essere volontari a Dynamo Camp ci offre anche un’opportunità unica di sviluppare abilità e competenze personali. Dal lavorare in team all’essere responsabili, dal gestire situazioni complesse alla comunicazione efficace, ci sono molte sfide che i volontari devono affrontare durante la loro esperienza.
Nel 2018 avete creato degli Employee Resource Group (Erg), composti da soli dipendenti, che stanno lavorando su tematiche che vanno dalla disabilità ai diritti LGBTQ+, dall’uguaglianza di genere a un’azienda culturalmente ancora più inclusiva. Quali sono le tematiche più “sentite”?
Difficile individuare la tematica più sentita: disabilità, uguaglianza di genere, i diritti delle persone LGBTQ+, la convivenza di più generazioni nel luogo di lavoro, la multiculturalità. Cresce poi la consapevolezza del bisogno di un approccio intersezionale che riconosca la complessità delle esperienze individuali e sociale, dove esistono disuguaglianze multiple e interrelate che le persone possono sperimentare, piuttosto che concentrarsi su una singola categoria di identità.
Concludiamo parlando di disabilità. Nel nostro Paese, il 46% dei lavoratori con disabilità non rivela la propria condizione in azienda (dato BCG). Tra le cause: paura di essere emarginate o di non avere eque opportunità di carriera. Inoltre, con particolare riguardo alla partecipazione lavorativa, una peculiarità riguardante la maggior parte delle persone con disabilità è la bassa intensità lavorativa, Quali sono le vostre policy?
Nel 2020 abbiamo aderito a The Valuable 500, un movimento globale composto di 500 multinazionali con l’impegno pubblico a promuovere l’inclusione della disabilità sul posto di lavoro e sbloccare il valore economico e sociale di 1,3 miliardi di persone che vivono con una disabilità. I risultati della D&I survey nel 2021 ci hanno poi confermato il margine di miglioramento in questo ambito e grazie al supporto di esperti in materia abbiamo identificato una serie di azioni che rappresentano la posa delle fondamenta di questo importante percorso. Una di queste azioni prevede l’analisi dei nostri processi e la loro evoluzione, creando un piano di gestione che possa trovare soluzioni appropriate ed efficaci per i disabili (in gergo “Reasonable Accomodation Process”).
Su questo tema:
Altro che D&I: le aziende preferiscono le multe, piuttosto che assumere persone con disabilità
È la fine dei grandi team Diversity & Inclusion?
D&I: impegno crescente, se ci sono certificazioni o norme da applicare
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.