Mondo

Brasile. Qui Lulaland. 400 giorni da presidente

E' l’esperienza politica più interessante e più innovativa di inizio millennio. Ma come sta andando e cosa sta cambiando nel Brasile con un operaio per presidente?

di Paolo Manzo

“Se alla scadenza del mio mandato, ogni brasiliano potrà mangiare tre volte al giorno, io avrò portato a compimento la missione della mia vita”. Lo ripete spesso, Lula, perché la lotta alla fame è il suo obiettivo primario, la sua ?ossessione?, dal 27 ottobre 2002, quando sconfisse al ballottaggio José Serra, il candidato appoggiato dall?ex presidente Cardoso. Secondo una ricerca dell?Istituto da Cidadania (ong creata dallo stesso Lula e che fa ricerche nel settore sociale, promuovendo progetti)nel Paese verde-oro ci sono 44 milioni di brasiliani che vivono con meno di un dollaro al giorno. I dati dell?Ibge, l?Istituto brasiliano di statistica, parlano, addirittura, di 53 milioni di poveri. I più colpiti dalla miseria sono i piccoli agricoltori, i disoccupati, e i lavoratori con contratti occasionali (quelli che da noi sarebbero i co.co.co.). Mentre il 50% dei poveri vive nel Nordest, proprio la terra d?origine di Lula. Le cause della povertà Ma perché la nona economia al mondo per Pil, un Paese grande 33 volte l?Italia e con enormi ricchezze naturali, è caduta in quello che Lula definisce il ?circolo vizioso? della fame? Le cause sono essenzialmente due: la concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochissime persone e la forbice, sempre più larga, tra i prezzi alla produzione dei prodotti agricoli e quelli al consumo. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca mondiale, il Brasile è il Paese con la più assurda concentrazione di ricchezza al mondo: poco più dello 0,5% della popolazione possiede il 53% della ricchezza privata totale. Solo la Repubblica Centroafricana arriva a un tale livello di disparità nella distribuzione della ricchezza… L?altra faccia del Brasile sono i 24 milioni di miserabili che rischiano di morire di fame, i 30 milioni di poveri che non possono nutrirsi in modo adeguato, i 60 milioni di ?quasi poveri? che non possono soddisfare le loro esigenze fondamentali (istruzione, acquisto di vestiti, casa), i 50 milioni di classe media. L?altra causa che sta dietro al ?circolo vizioso? della fame è, sempre secondo Lula, il crollo dei prezzi alla produzione dei prodotti agricoli rispetto ai prezzi al consumo (e ai tassi d?interesse). Ciò ha generato la caduta delle rendite delle terre e una crisi generalizzata dell?agricoltura che, non essendo stata accompagnata in passato da serie politiche agricole, ha portato all?attuale arresto nella crescita dell?offerta di prodotti agricoli. Il Brasile, da questo punto di vista, è un gigante che dorme, se solo si pensa che nemmeno il 10% delle sue terre fertili è coltivato e se si considera che l?Argentina (tre volte più piccola e in crisi profonda) produce circa 30 milioni di tonnellate di alimenti in più. La soluzione proposta Per cercare di svoltare, Lula ha puntato soprattutto su Fame Zero, un programma alimentare che coinvolge quasi tutti i ministeri di governo e che si propone in quattro anni di dar da mangiare ai brasiliani che vivono in povertà. Le famiglie beneficiarie ricevono dallo Stato una carta di credito alimentare, simile a un bancomat, con la quale possono ritirare dalle banche i soldi per poi comprare alimenti. L?importo totale mensile cui hanno diritto è di 50 real (pari a circa 18 euro), una quantità sufficiente per garantire l?acquisto di cibo se si tiene presente che il salario minimo in Brasile è di 200 real. Per beneficiare dell?aiuto, però, le famiglie devono soddisfare due requisiti: mandare tutti i figli a scuola e, per chi è disoccupato, seguire dei corsi di professionalizzazione e d?inserimento lavorativo. Un programma d?integrazione sociale a 360 gradi e non assistenziale perché, come ripete spesso Lula, “l?obiettivo di Fame Zero è la sua fine, prima possibile”. Nel 2003 hanno potuto accedere a ?Fame Zero? oltre 10 milioni di persone e, entro fine 2004, la cifra dovrebbe raddoppiare. Anche perché gran parte della popolarità di Lula (che resta alta, con oltre il 70% di persone che oggi lo rivoterebbe), dipenderà dal successo di Fame Zero. La priorità? La riforma agraria Un?altra partita in cui si gioca il futuro politico di Lula è la riforma agraria. Il Brasile possiede una sterminata quantità di appezzamenti fertili, oggi non utilizzati: quelli pubblici, che sono 200 milioni di ettari (pari a sette volte il territorio italiano?), o quelli dei grandi latifondisti e delle multinazionali, che possiedono terre fertili pari a sei volte l?Italia e ne coltivano solo il 10%. È probabile che, nel 2004, Lula distribuirà le terre ai contadini attingendo a entrambi i canali, quello pubblico e quello privato. Da un lato per non creare troppe tensioni con multinazionali e fazendeiros, dall?altro per soddisfare parte delle richieste dei Sem Terra. Certo, sarà una riforma agraria perfezionabile, ma la sua realizzazione è decisiva per il successo delle altre politiche di Lula. In primis, quella contro la fame. La guerra? Solo contro la fame “Un essere umano può commettere una follia, ma uno Stato non ha il diritto di farlo”. Basterebbe questa frase pronunciata da Lula durante un incontro con il presidente francese Chirac, per far capire l?entità dello stacco del governo Lula da Washington in politica estera. Mai Cardoso avrebbe assunto una posizione tanto apertamente antiamericana. Del resto, sull?Iraq, Lula ha parlato molto chiaro anche davanti a Powell, lo scorso anno a Davos. A pochi minuti dall?appello alle armi del segretario di Stato Usa, l?uomo di Caetés ha ribadito che la politica estera del nuovo Brasile è “orientata alla pace, alla ricerca di soluzioni negoziate per i conflitti internazionali e alla difesa dei suoi interessi”. Per Lula “la pace non è solo un obiettivo morale, ma è anche un imperativo razionale, ed è per questo motivo che vogliamo che le controversie siano risolte con i negoziati e sotto l?egida dell?Onu. Spesso, la povertà, la fame e la miseria sono un terreno fertile per la crescita dell?intolleranza e del fanatismo”, ha spiegato con pazienza a chi vede, nella guerra preventiva, lo strumento migliore per combattere il terrorismo internazionale. Per l?ex miserabile del Nordest i milioni di dollari spesi in armamenti sarebbero meglio investiti nella lotta contro la povertà e “l?unica guerra ammissibile è quella alla fame”.


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