Leggi & Religioni
Via le moschee? «Siamo 4 milioni, lo Stato ci dia spazi adeguati»
Così Zeinab Ismail, unica donna in Italia a capo di un centro islamico, commenta la proposta di legge, presentata da Fratelli d’Italia e già passata alla Camera qualche settimana fa, con l'obiettivo di colpire le associazioni di promozione sociale utilizzate per pregare. «L’importante è che lo Stato ci conceda dei luoghi per poter professare la nostra fede»
Dopo il via libera dell’aula della Camera alla proposta di legge di Fratelli d’Italia, a prima firma di Tommaso Foti, che prevede una stretta sull’utilizzo di sedi di enti del Terzo settore come sedi di culto, a partire dalla trasformazione in moschee e madrase di luoghi inizialmente previsti per altre destinazioni, ora la proposta passa al Senato. La legge, ribattezzata “anti-moschee”, porterebbe alla chiusura di centinaia di luoghi di culto nati in spazi come negozi, garage e capannoni.
Il provvedimento, dall’iter piuttosto travagliato, è nato con l’obiettivo di intervenire su una norma del codice del Terzo settore che consente agli enti non profit agevolazioni sul cambio di destinazione d’uso dei locali ma «divenuta lo strumento attraverso il quale creare edifici di culto islamico in locali del tutto inadeguati». Abbiamo chiesto cosa ne pensa a Zeinab Ismail, egiziana, classe ’62, prima e unica donna in Italia a capo di una moschea, il centro Al Huda di Roma, nel quartiere Centocelle. Laureata in Giurisprudenza all’Università del Cairo, vive dal 1996 in Italia.
Ismail, qual è il suo pensiero riguardo a questa proposta di legge?
Come musulmani non abbiamo alcun problema con la proposta di legge che sta passando in Senato. L’importante, però, è che lo Stato ci conceda dei luoghi adeguati per poter professare la nostra fede. In Italia ci sono più di quattro milioni di musulmani che hanno il diritto di professare la propria fede e, ovviamente, se le persone si recano in luoghi di culto non adeguati è perché non ci sono alternative.
La comunità musulmana ha richiesto luoghi adatti per poter professare la propria fede?
Ci sono state molte richieste da parte della comunità musulmana in tal senso, ma non sono mai stati raggiunti risultati concreti. Noi abbiamo una sentenza del giudice che stabilisce che il nostro centro Al Huda è un luogo adeguato alla preghiera. Spero che, dopo il passaggio di questa proposta di legge, lo Stato metta a disposizione dei luoghi adeguati.
Lei è la prima (e per ora unica) donna in Italia a presiedere il Consiglio di amministrazione di una moschea. Da quando è a capo del centro Al Huda di Centocelle, a Roma?
Sono stata a capo del centro Al Huda per un mandato (quattro anni) e sono stata rivotata per un secondo mandato lo scorso anno. Sono, quindi, cinque anni che ho questo ruolo.
Cosa rappresenta il fatto che lei sia a capo di una moschea?
Sicuramente è molto importante, noi (io e il mio gruppo di lavoro, formato prevalentemente da uomini) vorremmo far passare un messaggio che aiuti ad abbattere i pregiudizi esistenti nella nostra società, ovvero che la donna nell’Islam è sempre sottomessa, non può avere ruoli importanti, non ha diritti, ecc. Io sono donna e dirigo un centro culturale, un esempio concreto di come in realtà in Islam la donna abbia un grande valore e di come non ci sia differenza tra il contributo che può dare una donna e quello che può dare un uomo.
Il centro culturale Al Huda è un importante centro di aggregazione. Ci racconta cosa fate?
Il nostro non è solo un luogo dove si fa la preghiera, non è solo “la moschea” ma è anche un centro culturale, organizziamo tante attività che hanno l’obiettivo di raggruppare i musulmani: corsi di insegnamento della lingua araba per arabofoni e non, attività per ragazzi, aiuto per i bisognosi, centro ascolto (con aiuto anche dal punto di vista psicologico). Inoltre, abbiamo la scuola dove si insegna l’arabo, la religione e la cultura musulmana ai bambini, il gruppo scout, organizziamo partite di calcio.
Le comunità islamiche in Italia professano liberamente la loro fede, vivono bene il Ramadan e le feste religiose. Spero che si continui sempre così e spero che lo Stato italiano ci permetta sempre di vivere serenamente la nostra fede, dandoci i permessi o concedendoci dei luoghi di culto adeguati.
Foto di apertura di Aldin Nasrun su Unsplash.
Foto dell’intervistata
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.