Cronache russe

Georgia, il peggio deve ancora arrivare

I filorussi che governano Tblisi sono determinati, con la nuova legge sugli "agenti stranieri", malgrado le enormi manifestazioni di protesta, a creare le condizioni di un regime. Intervista a con Egor Fedorov, giornalista russo che vive in quel Paese da alcuni anni, e che prevede, nel settembre pre-elettorale, una fase di duri scontri

di Alexander Bayanov

In Georgia il parlamento, nonostante il veto del presidente, ha adottato una legge sull’influenza straniera e sugli agenti stranieri, praticamente una copia della legge russa, che, nel contesto della guerra con l’Ucraina, ha permesso alle autorità di mettere a tacere l’opposizione e la società civile. L’adozione di questa legge in Georgia è stata accompagnata da proteste di massa e violenti scontri con la polizia.

Cosa sta succedendo alla società civile in Georgia? Qual è il ruolo della Russia e dei paesi occidentali in questo conflitto tra il partito al governo e l’opposizione? Perché il governo ritiene necessaria questa legge, che causa una divisione così forte nella società? Ne abbiamo parlato con Egor Fedorov, giornalista russo residente in Georgia dall’agosto 2022.

Perché a tuo avviso questa legge è necessaria al governo georgiano? Perché il partito al governo riesce a portarla avanti nonostante le proteste?

Dobbiamo partire innanzitutto dal fatto che la firma della legge è, di fatto, il secondo tentativo di adottarla. Il primo è stato l’anno scorso, a marzo, quando questo disegno di legge è stato presentato in parlamento, ma poi la parte della società georgiana all’opposizione, con attivisti e politici, è riuscita a bloccare questa iniziativa con tre giorni di manifestazioni. Quindi i deputati del partito al governo Sogno georgiano hanno affermato che l’essenza di questa legge non era stata sufficientemente spiegata alla popolazione e che l’avrebbero modificata. In sostanza, è stato un passo indietro del potere, anche se non è stato chiaramente detto che consideravano l’idea non percorribile.

Infatti un anno dopo, questa legge, il disegno di legge, è apparso di nuovo. Né io, né molti altri inizialmente capivamo la necessità di questa legge, cioè, è chiaro che si tratta di una fotocopia della legge russa e che sembra flirtare con un elettorato conservatore e, forse, filo-russo. Quest’anno è diventato più chiaro il motivo per cui questo disegno di legge è stato riproposto con forza: il 26 ottobre in Georgia si terranno le elezioni parlamentari, ed esso è un mezzo legale per legare le mani, ad esempio, alle organizzazioni non governative e ai giornalisti che ricevono finanziamenti dall’estero. Esistono molte ong in Georgia, che non è un paese molto ricco, che ricevono finanziamenti dall’estero, principalmente dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti.

La legge è ormai stata approvata e ci vorrà qualche mese perché possa essere applicata, probabilmente fino ad agosto di quest’anno. Molti giornalisti e politici in Georgia ritengono che essa verrà utilizzata per esercitare pressioni su quanti criticano il governo. Possiamo dire che, in questo modo, è stata introdotta la censura politica ed economica. Le organizzazioni non profit la pensano così.

L’adozione di questa legge è stata accompagnata da proteste di massa, proprio come un anno fa. Chi ha partecipato principalmente a queste manifestazioni? C’erano giovani o dipendenti di ong? Di che strato sociale erano i partecipanti?

L’anno scorso la partecipazione attiva dei giovani alle manifestazioni è stato un fenomeno importante, nei media ci sono stati molti titoli secondo cui erano loro, la Generazione Z, la “generazione Zoomer”, a non volere che si ripetesse lo scenario russo.

In effetti questa è davvero una generazione nata dopo il crollo dell’Unione Sovietica, che è cresciuta e ha acquisito una certa coscienza politica quando Mikhаil Saakashvili era al potere in Georgia ed era chiaramente tracciata una strada per l’avvicinamento all’Unione Europea e per il raffreddamento dei rapporti e delle interazioni con la Russia. Molti di questi giovani durante la guerra del 2008 in Georgia erano troppo piccoli per essere coscienti di ciò che stava accadendo, ma sanno che la Russia non è un alleato, ma un vicino molto ostile.

Quest’anno come l’anno scorso molti giornalisti hanno sottolineato che si tratta di giovani anti russi e filoeuropei: essi costituiscono una percentuale molto alta dei manifestanti. Personalmente sono stato più volte alle manifestazioni semplicemente come osservatore, e i partecipanti non erano solo giovani. C’erano pensionati, donne e uomini con i capelli grigi, c’erano persone di mezza età … Quanto dicono i giornalisti ripete in parte ciò che veniva sostenuto in Russia ai tempi delle proteste di Navalny, che cioè chi lo sosteneva erano ragazzetti irragionevoli, che avevano praticamente appena finito la scuola. Ecco, non è così. In Georgia, alle manifestazioni erano presenti tutte le fasce di età, dagli studenti delle scuole superiori di 16 anni su su fino a chi è cresciuto nell’allora Unione Sovietica e ha vissuto la guerra civile, e che ha quindi una visione globale della storia politica del paese.

È corretto ritenere che la Georgia dal punto di vista del partito al potere in parlamento, Sogno georgiano, si stia muovendo sulla scia della politica russa?

È molto difficile affermare chiaramente che il partito al governo, Sogno georgiano, voglia un ravvicinamento con la Russia. Consideriamo però due fatti: l’opposizione, insieme alla presidente della Georgia, Salomè Zurabashvili, affermano senza esitazione che Sogno georgiano ha una politica filorussa. Uno degli argomenti che lo dimostrano è proprio l’adozione di questa legge sull’influenza straniera, che è un calco della legge russa sugli agenti stranieri. Il secondo fattore che indica che Sogno Georgiano ha una sorta di lealtà verso la Russia è che durante i discorsi pubblici la Russia non viene mai criticata, ad esempio, per la guerra in Ucraina. Negli ultimi sei mesi di sicuro non l’ha fatto. I politici georgiani, poi, ad esempio il primo ministro Irakli Kobakhidze, quando sono iniziate le critiche attive alla legge sull’influenza straniera hanno incontrato il primo ministro ungherese Viktor Orban, che, come è noto, è da tempo favorevole al regime di Putin. Mi sembra ci sia stato anche un incontro con Xi Jinping, anche lui temporaneamente alleato della Russia. E viceversa, quando questo disegno di legge è stato discusso, ovviamente, i rappresentanti degli Stati Uniti hanno espresso critiche, hanno cercato di dialogare con i politici georgiani al potere, che hanno però rifiutato categoricamente, in modo dimostrativo, ogni comunicazione con gli Stati Uniti, come a dire che sono in grado di cavarsela da soli.

In che senso hanno rifiutato “in modo dimostrativo”?

È stata la loro risposta ad eventuali tentativi di pressione da parte degli Stati Uniti. Si stava discutendo della possibilità di introdurre sanzioni contro i leader di Sogno georgiano, ad esempio il divieto di concedere loro visti americani. Questa è stata la loro risposta: se volete costringerci a stare dalla vostra parte, con voi non dialoghiamo.

Questo è molto interessante, pensavo che questa scaramuccia per corrispondenza fosse un tentativo pre-elettorale di catturare qualche elettore conservatore filo-governativo, ma i giornalisti georgiani mi hanno detto che molte persone che non sostengono l’opposizione, che votano per Sogno georgiano, hanno una visione generalmente positiva degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti non hanno un’immagine così demoniaca come quella creata, ad esempio, dalla propaganda russa. Molte persone ricordano quanti soldi gli Stati Uniti hanno speso in Georgia affinché il paese potesse superare le conseguenze della guerra civile. A Tbilisi c’è un viale intitolato a George Bush, e secondo me George Bush, potrei sbagliarmi, per la Georgia è quasi un eroe. Cioè, i politici americani non sono percepiti come nemici del paese, ma piuttosto come alleati di lunga data.

La minaccia di imporre sanzioni contro alcune élite in Georgia ha messo a repentaglio la reputazione di Sogno georgiano, che cerca quindi in qualche modo di bilanciare la propria immagine. Ad esempio, lo scorso dicembre, quando la Georgia ha ricevuto lo status di candidato all’Unione europea, Sogno georgiano se lo è attribuito come uno dei risultati del percorso verso l’integrazione europea (peraltro già enunciato nella Costituzione). Dimostrano cioè di essere europeisti, tenendosi però un margine di riserva. La legge sull’influenza straniera si colloca in questo “margine di riserva”. Il fondatore di Sogno georgiano, l’oligarca Bidzina Ivanishvili, in uno dei suoi discorsi pubblici durante una manifestazione nel centro di Tbilisi ha affermato che esiste un certo “partito della guerra globale” che sta cercando di trascinare la Georgia nella guerra contro la Russia, lo stesso “partito della guerra globale” che ha portato la Georgia al conflitto con la Russia nel 2008. Nessun paese è nominato specificamente, ma pur in queste formulazioni leggere, ma tutte le persone ragionevoli capiscono che con questo “partito della guerra globale” Ivanishvili intende i paesi occidentali. Di conseguenza si può dire che il partito Sogno georgiano è filo-russo, anche se non in tutti i suoi discorsi pubblici lo esprime così apertamente. Cioè, i politici di Sogno georgiano hanno ancora paura di parlare di una sorta di alleanza con la Russia.

Secondo le tue previsioni è possibile che questa posizione filorussa, promossa da Sogno georgiano, si scontri con il trend europeo di sviluppo promosso dall’opposizione? E come può svilupparsi la situazione? Come in Ucraina, con il Maidan e tutto ciò che ne è seguito?

È molto difficile prevedere qualcosa, perché ora è arrivato il periodo della calma estiva. L’opposizione ora ha perso, la legge è stata adottata. La protesta ha un significato simbolico; non annullerà nulla. Si stanno concentrando le forze in vista delle elezioni parlamentari, che daranno la possibilità di cambiare qualcosa, di privare il partito al governo della maggioranza.

Probabilmente le proteste e gli scontri tra l’opposizione e il partito al governo inizieranno verso settembre, un mese prima del giorno del voto. Nessuno naturalmente parla di rivoluzione, ma se ricordiamo l’esperienza del 2003, quando ebbe luogo la Rivoluzione delle Rose, tutto iniziò in modo molto simile. Non è questo il luogo per dettagliare le somiglianze tra la situazione attuale e quella di vent’anni fa, ma nel 2003 tutto è cominciato sull’onda del risultato elettorale. Le elezioni erano state vinte dal partito di Eduard Shevardnadze, l’allora presidente della Georgia. Ed erano stati riscontrati dei brogli, cosa che normalmente in Georgia non avviene. Va detto che questo è un paese in cui il meccanismo democratico funziona. Un mese dopo sono iniziati proteste e scontri, che hanno portato alle dimissioni di Shevardnadze, e a nuove elezioni, grazie alle quali è salito al potere il Movimento Nazionale Unito, allora guidato da Saakashvili. Cioè, le elezioni e le tensioni sociali legate all’insoddisfazione nei confronti delle autorità e alla difficile situazione economica hanno portato a un cambio di potere.

Non direi che la Georgia si trovi ora in ​​​​una situazione economica difficile. Al contrario, il partito al potere ha cercato di vantarsi dei successi in questo settore. Certo, l’inflazione resta, i prezzi salgono. Ciò è dovuto sia alla guerra in Ucraina che all’immigrazione di massa di russi. Ma non direi che la situazione sia difficile. C’è però insoddisfazione nei confronti delle autorità, collegata sia alla legge adottata che alla retorica e alle menzogne pubbliche. E nel disperdere i manifestanti la polizia ha agito in modo più duro rispetto a un anno fa, utilizzando lacrimogeni e proiettili di gomma. Sono stati avviati procedimenti penali contro diverse persone per aver partecipato alle proteste. E i volti noti del partito Sogno georgiano, ad esempio il sindaco di Tbilisi, Kakha Kaladze, dicono di non aver visto azioni violente da parte della polizia per disperdere i manifestanti. Mi sembra addirittura che il capo del ministero degli Affari Interni, abbia detto che la forza era stata usata contro uomini “non completamente uomini”. Mentre, ad esempio, è stato picchiato uno dei leader dell’opposizione, Levan Khabeishvili, in modo molto duro, gli hanno rotto il naso. Nemmeno in Russia potrei immaginare che politici pubblici come Nemtsov o Navalny possano essere picchiati così durante una manifestazione pubblica. Certo, sono stati arrestati e imprigionati, ma mai picchiati in modo così pubblico e dimostrativo. La polizia qui ha oltrepassato questa linea rossa. E nessuna delle autorità ammette che si è andati troppo oltre. Al contrario, tutti o tacciono o cercano di gettare negli occhi la polvere populista. Questo fa infuriare la gente. Potrebbero anche esserci persone che sono state in qualche modo neutrali nei confronti di questa legge, ma la gente sente e capisce che le stanno mentendo.

Il futuro dell’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili, attualmente in prigione, è un elemento dell’agenda politica interna oppure no?

Parlo ora un po’ senza cognizione di causa, perché non sono ancora molto immerso nelle discussioni politiche che si stanno svolgendo all’interno dell’opposizione georgiana. Ma Saakashvili è ancora un protagonista importante dell’opposizione la cui liberazione è richiesta, almeno, dai sostenitori del Movimento Nazionale Unito, che esiste ancora e che ora ha una rappresentanza in parlamento. Ma è chiaro che non è Saakashvili, che si trova in prigione, a suscitare con forza la protesta.

È solo un simbolo, come Navalny?

Navalny aveva una forza diversa. Dopo tutto, in Russia, tutti i principali politici dell’opposizione sono in prigione o sono stati uccisi. E quindi, in questo contesto, Navalny era rimasto forte. Leader come Duntsova e Naderzhdin hanno dimostrato di non avere un’autorità così grande da poter sostituire Navalny. Nel caso della Georgia, sì, Saakashvili è un attore politico importante, ma ha un ruolo simbolico. Ad avere ora autorevolezza sono i politici che si rivolgono alla gente durante le proteste, che non hanno paura di essere colpiti dalla polizia e che, in generale, sostengono pubblicamente e attivamente un cambio di governo e la cancellazione di qualsiasi iniziativa filo-russa. Mi sembra che siano loro, ora, ad essere in prima linea. Molto dipenderà ora dalle loro azioni, dalla loro capacità di unirsi. L’opposizione in Georgia è ancora frammentata; non esiste un’unica unione monolitica che le persone possano seguire con decisione. La questione interessante è come l’opposizione in Georgia riuscirà a consolidarsi. Direi che tutto dipende da ciò che faranno gli attuali leader dell’opposizione.

Le foto di questo servizio sono dell’intervistato, di Egor Fedorov.


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