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Coppa d’Africa. Tunisia gioca la partita della vita

Domani la sfida attesissima con il Senegal. Ecco come la preparano due sposi, lui sengalese lei tunisina. Dall'inviato

di Joshua Massarenti

La Tunisia entra in fermento. Domani si gioca Tunisia-Senegal, “la partita della vita” valida per l’accesso alle semifinali della Coppa d’Africa.. A poche ore dal fischio d’inizio, c’è chi questa partita rischia di viverla come un dramma, oppure un’opportunità in più per legare il proprio destino ad un incontro fortunato. La scena si svolge in un bar della capitale tunisna. Attorno al tavolo, c’è lui, Doro. Ha 32 anni, un fisico possente e il sorriso radioso. Senegalese di nascita, Doro è residente da tre anni a La Marsa, città periferica di Tunisi. A La Marsa, due estati fa, ha incontrato lei, Naima, bella e minuta infermiera 23enne originaria della capitale tunisina. “Ci siamo incontrati all’entrata dell’ospedale in cui lavora Naima” sferza scherzante Doro. “E’ successo tutto per caso” ribatte felice Naima, “e da allora, non l’ho più lasciato”. Ad unirli, “il bel aspetto, ovviamente, ma anche tanta curiosità per una cultura diversa e la fede nello stesso Dio” rivelano in sintonia. Già, Doro e Naima. Una coppia piuttosto inconsueta nel panorama giovanile della società tunisina. “Forse” suggerisce Naima, “un modello d’integrazione per una società che nel prossimo futuro dovrà fare sempre più i conti con gli africani neri”. I senegalesi non sono numerosi in Tunisia. A ben rifletterci, gli “extracomunitari” fanno un po’ difetto in Tunisia. Nell’immaginario collettivo italiano, gli immigrati che decidono di fermarsi alle porte del Mediterraneo senza rischiare la propria pella per sbarcare il lunario in Sicilia, non esistono. Eppure, la storia di Doro non è un caso isolato. A 29 anni, decide di “lasciare Dakar, la famiglia e un posto di amministratore pubblico al ministero dell’agricoltura. Da anni mio fratello, giunto in Tunisia nel 1990 per giocare a basket, mi supplicava di raggiungerlo per non lasciarlo solo”. Con una laurea in “Marketing and Management”, Doro sbarca a Tunisi, “ma solo di passaggio”. Sarà stato il caldo, la “simpatia estiva” dei tunisini, fatto sta che “decido di rimanere”. In tre anni, “ho fatto in tempo a collaborare con le Ong, svolgere attività culturali, lavorare in un centro commerciale come agente di sicurezza, litigare con i miei datori di lavoro per lo stipendio, sbattere la porta e dedicarmi al commercio ambulante”. In mezzo, l’incontro con Naima. “Entrambi uscivamo da esperienze sentimentali deludenti” sussura Naima. Lui con le connazionali senegalesi, lei con i “fratelli tunisini”. “A differenza dei ragazzi tunisini, Doro è una persona su cui posso contare, ed è un musulmano serio”. Un giudizio severo, forse eccessivo nei confronti di nuova generazione tunisina molto aperta alla società di consumo. “Io ho pregato davanti ai suoi genitori, fratelli e sorella” insiste Doro, come a voler giustificare in chiave religiosa il consenso di una famiglia “già abituata ad accogliere gli stranieri”. La sorella di Naima è sposata ad un algerino. E per lei il calcio sarà foriero di dilemmi solo se la Tunisia riuscirà a superare il Senegal e l’Algeria a trionfare del Marocco. “Per ora” sbuffa Naima, “tocca a me. ll mio cuore batte per la Tunisia, ma una vittoria del Senegal non sarebbe un dramma. Sarei felice per lui”. “Per me si'” contrabatte Doro, “il Senegal deve vincere perché vogliamo conquistare questa coppa”. Separati in casa? “No, la partita la vedranno insieme con gli amici tunisini, senegalesi e guineani”. E poi? “Poi si vedrà” conclude in fretta Naima, “l’importante è che vinca il migliore!”. Una battuta finale per non compromettere l’inizio di una inconsueta avventura “che speriamo ci condurrà al matrimonio”.

Studi a Dakar in Maketing a Management, poi due tre anni al Minsitero dell’agricoltura part time; stipendio insufficiente. Residente a la Sicap, a metà strada tra Dakar centro e les Parcelles Assaisinies. Dal 1990, mio fratello giunto in Tunsiia per giocare a Basket, ormai è a Tripoli. Io arrivo nel 2000. Ho iniziato in un un centro commerciale, 6-7 mesi poi stop per salario. Ora, faccio il coimmerciante ambulante a Tunsi, Djerba, Tozeur, Nabeul. Lavoro d’estate. L’inverno dura 4-5 mesi, è molto dura; Non ho troppi problemi d’integrazione. Come ovunque, incontro gente corretta e scorretta.Quelli scoretti, li lascio stare. La maggior parte dei senegalesi, vengono per il commercio, oppure dei calciatori. Molti vengo,no impiegati nella sicurezza dei negozi perché i tunisini hanno grande fiducia in noi.
Lei: ci siamo conosciuti due estati fa.

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