Società

Con la crisi economica gli italiani scoprono la povertà d’igiene

I dati della ricerca condotta da Ipsos per Dixan e Cesvi: l’opinione degli italiani sulla povertà in generale, sulla povertà di igiene e sul futuro economico del Paese

di Redazione

Due italiani su tre (esattamente il 64% della popolazione) sovrastimano fortemente il numero di famiglie in povertà nel Paese. Se infatti oggi quelle che arrivano con difficoltà alla fine del mese sono circa il 10% del totale, il percepito è ben peggiore e tocca punte di oltre il 30%. E sette persone su dieci riportano una visione pessimistica del futuro. Questi sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto “Oltre la superficie: analisi e proposte per combattere la povertà di igiene”, una ricerca condotta da Ipsos per Dixan (storica marca della multinazionale tedesca Henkel) e Cesvi in merito all’opinione degli italiani sulla povertà in generale, sulla povertà di igiene e sul futuro economico del Paese. A commentare i dati, nella presentazione che si è tenuta ieri, il presidente della commissione Welfare della Regione Lombardia, Emanuele Monti, l’assessore regionale alla Famiglia, solidarietà sociale, disabilità e pari opportunità, Elena Lucchini, il vicedirettore generale di Cesvi e direttore della raccolta fondi e comunicazione di Cesvi Fondazione, Roberto Vignola, e la direttrice marketing di Henkel Italia consumer brands, Francesca D’Angelo-Valente.

La percezione negativa degli intervistati si allarga quando viene chiesto se siano o meno soddisfatti delle proprie condizioni di vita e dell’andamento del Paese. Un italiano su due si dice insoddisfatto della propria situazione economica attuale ed è convinto che questa non possa migliorare. La causa principale di tale visione è il costo della vita: uno su tre dichiara una situazione di precarietà per la propria famiglia, con l’impossibilità di affrontare una spesa imprevista di 1.000 euro. Risultano del tutto fuori dalla portata dei rispondenti, quindi, spese straordinarie quali gli interventi dentistici o la sostituzione di un grande elettrodomestico.

La “negatività” maggiore arriva dalle donne. Alla domanda sulla soddisfazione relativa alla condizione economica del Paese, a rispondere no è il 76% degli intervistati, soprattutto donne, over 45 e non occupati. Stessa visione anche quando si guarda al futuro: il 64% degli italiani, di nuovo soprattutto donne tra i 35 e i 44 anni e i non occupati, rispondono che il Paese sta andando nella direzione sbagliata e che in futuro le cose non avranno margini di miglioramento. Percentuali che non sorprendono, viste le attuali condizioni del mercato lavorativo in Italia, dove solo una donna su due lavora e guadagna in media il 10% in meno rispetto a un uomo, confermando così che, senza la possibilità di accedere a mezzi concreti per cambiare la propria situazione attuale, difficilmente si riuscirà a cambiare quella futura.

La povertà di igiene è l’impossibilità di potersi permettere le spese relative all’igiene personale e dei propri indumenti. Secondo quanto rilevato da Ipsos, la percentuale di famiglie in condizione di povertà d’igiene in Italia si attesta tra l’1% e il 10% della popolazione. Una condizione comune a molti italiani ma di cui si sa poco, a partire dalle conseguenze.

Sono otto su dieci gli italiani che affermano di aver sentito parlare di povertà d’igiene ma solo il 15%, specialmente i più giovani e sensibili alle tematiche sociali, dichiara di conoscere molto bene il tema. Quali sono i mezzi o le modalità tramite i quali si è entrati in contatto col tema? A parte la tivù, che risulta il primo mezzo di informazione, emerge il vissuto personale: il 41% degli intervistati afferma di aver avuto esperienza diretta di povertà di igiene, di averne sentito parlare da amici o parenti, oppure di far parte di una comunità coinvolta nel sostegno alle persone che ne soffrono. Uno su quattro sostiene di conoscere almeno una persona che si trova in povertà d’igiene nel proprio vicinato, uno su cinque si riferisce a una persona che frequenta la stessa classe dei propri figli.

Visione negativa sul presente e sul futuro anche per la povertà di igiene: quasi sei italiani su dieci (il 57% del totale) affermano che il numero di famiglie in povertà d’igiene sia aumentato o fortemente aumentato rispetto al passato e che la situazione non migliorerà in futuro. Il 53% dei rispondenti, infatti, stima che aumenterà nei prossimi anni il numero di famiglie che non potrà permettersi abiti puliti.

Quando interrogati su chi sia maggiormente colpito dalla condizione di povertà d’igiene, il 43% dei rispondenti identifica gli anziani come primissimi soggetti a rischio; seguono gli stranieri da Paesi in difficoltà (36%), i lavoratori precari (21%) e le famiglie molto numerose (19%).

Tra le principali conseguenze della povertà di igiene, solo un italiano su due (51%) identifica correttamente il rischio di isolamento ed emarginazione sociale, mentre un italiano su tre (32%) prende in considerazione i problemi di salute che posso derivare dalla mancanza di igiene personale. Un dato riflesso anche nelle considerazioni relative alle condizioni dei bambini, alle quali però si aggiungono conseguenze dettate da fattori endogeni, generati dall’interazione tra pari, come bullismo (32%) e conseguente mancanza di autostima (44%). Un dato preoccupante arriva anche dal mondo del lavoro: il 14% degli intervistati è infatti convinto che uno dei propri colleghi non possa permettersi l’accesso ai servizi basici di igiene personale e pulizia dei propri indumenti.


Chi dovrebbe supportare le famiglie che vivono una condizione di povertà d’igiene? Secondo la ricerca, gli Italiani ritengono maggiormente responsabili le istituzioni nazionali (58%) ed europee (35%), seguite dalle organizzazioni non profit (24%) e, infine, dalle grandi aziende che operano sul territorio (12%). È riposta molta fiducia nelle sinergie tra questi ultimi attori: il 73% degli intervistati valuta molto positivamente le partnership tra Ong e grandi aziende, ritenendo particolarmente credibile il coinvolgimento di aziende che commercializzano prodotti per la cura della casa o della persona. Il 53% degli italiani ritiene infine che le aziende che si impegnano nel contrastare la povertà d’igiene dovrebbero comunicare attivamente queste iniziative, esortando altri attori a seguire il loro esempio.

«Confrontandoci con Cesvi, abbiamo compreso l’urgenza di tenere alta l’attenzione sul tema della povertà e della povertà di igiene, guardando soprattutto alle conseguenze che non vengono solitamente prese in considerazione, come l’esclusione e il disagio sociale», commenta Francesca D’Angelo-Valente. «Come Dixan, siamo nelle case di sei milioni di famiglie in Italia: significa che abbiamo a disposizione un grande megafono per far arrivare a quante più persone possibili questo messaggio e una grande responsabilità, fare la nostra parte per cambiare le cose».

Tramite la ricerca Ipsos è stata inoltre approfondita l’indagine sulla percezione della povertà e della povertà di igiene in Lombardia, una delle regioni in cui Cesvi opera attraverso le sue Case del Sorriso. Anche dalle risposte dei rispondenti lombardi emerge un forte distacco tra la situazione reale e quella percepita, e il dato viene ampiamente sovrastimato dal 48% della popolazione (contro il 50% a livello nazionale), con solo il 5% che dichiara di conoscere molto bene il tema (15% a livello nazionale).

Una differenza interessante si registra sulla preoccupazione relativa ai soggetti che possono essere più colpiti dalla povertà d’igiene: se la risposta nazionale identifica principalmente persone anziane e sole e in seconda battuta stranieri, per i rispondenti lombardi sono gli stranieri i primi soggetti esposti al fenomeno (42% contro il 36%).

Maggiore fiducia viene invece data all’operato delle organizzazioni come Cesvi: la Lombardia sceglie (31% rispetto al 24% a livello nazionale) le associazioni non profit come maggiormente responsabili per il supporto alle famiglie in povertà d’igiene.

«I dati di questa ricerca mostrano quanto il mondo del sociale e del non profit sia percepito come un attore fondamentale nella lotta alla povertà in Italia», commenta Roberto Vignola. «La ricerca è il primo passo per evitare che il fenomeno della povertà di igiene rimanga sommerso e per portare alla ribalta un tema che è ancora considerato un tabù nel nostro Paese e del quale si prova disagio nel parlarne. Al contempo ci dà modo di approfondire gli effetti che la povertà di igiene può portare in termini di isolamento sociale e disturbi psicologici dei bambini e ragazzi colpiti. Nelle nostre Case del Sorriso, lavoriamo con i minori che rischiano di rimanere ai margini, schiacciati da giudizi discriminatori attraverso percorsi per promuovere la fiducia e l’autostima di minori».

«La povertà di igiene rappresenta una delle forme più insidiose di emarginazione, influenzando negativamente la salute e la dignità delle persone», è il parere di Emanuele Monti. «Regione Lombardia riconosce l’importanza cruciale di affrontare questa problematica per garantire una qualità della vita migliore per tutti i nostri cittadini. La diffusione di malattie infettive, lo stress psicologico, l’assenteismo scolastico e i costi sanitari elevati sono solo alcune delle conseguenze dirette della povertà di igiene. In risposta a queste sfide, Regione Lombardia ha messo in atto una serie di iniziative volte a migliorare le condizioni igieniche e la salute pubblica. Abbiamo lanciato campagne di sensibilizzazione per educare la popolazione sull’importanza delle pratiche igieniche adeguate. Questi programmi educativi, rivolti in particolare a scuole e comunità vulnerabili, sono fondamentali per promuovere una cultura dell’igiene e prevenire la diffusione di malattie. Crediamo fermamente che migliorare l’accesso alle risorse igieniche non solo protegga la salute fisica, ma anche la dignità e il benessere complessivo delle persone, continueremo perciò a lavorare per ridurre le disuguaglianze sociali e promuovere una società più sana e inclusiva per tutti».

Durante l’evento, è stato letto il messaggio dell’assessora Elena Lucchini: «Vorrei ringraziare Henkel Italia e Cesvi per aver intrapreso questo percorso d’indagine e per l’impegno nel contrasto della marginalità e della fragilità. Questi progetti sono un segno tangibile e un esempio virtuoso del valore dell’alleanza sociale tra mondo economico, istituzioni e Terzo settore».

Credit: foto di Timon Studler su Unsplash

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