Non profit

Questo bipolarismo è scemo

L'editoriale di Giuseppe Frangi sul caso Parmalat.

di Giuseppe Frangi

Guerra per bande ai bordi di un pasticcio colossale. è questa l?immagine più calzante per descrivere quanto sta consumandosi in Italia in queste settimane attorno al misfatto della Parmalat. 14 miliardi di euro svaniti nel nulla, prosciugati in mille rivoli di un sistema di piaceri, di piccole connivenze e di pazzesche inefficienze. 14mila miliardi spariti e un marchio distrutto senza che neppure si riesca a venire a capo di nulla. Si ha la sensazione che tutti, o tanti, sapessero. Che quello stillicidio sui conti di un?azienda di cui sembrava che l?Italia potesse andare orgogliosa, abbia gratificato tanti, troppa gente, di ogni colore politico e culturale, perché si possa pensare di arrivare un giorno a un minimo di chiarezza. Questo scandalo senza capo né coda sta impietosamente disvelando il volto ?miserevole? del potere. Quello che si nutre del chiacchiericcio e dei patti fatti nei salotti, del gossip di serie zeta dei mille giornali inutili.
Giornali inutili (ma costosi per i contribuenti), che ogni giorno ingolfano non certo le edicole, ma il dibattito, se dibattito può essere chiamato.
è una scena da cabaret, da cui nessuno si sottrae. Neppure chi, istituzionalmente, dovrebbe essere chiamato a tenere un profilo alto: l?audizione del Governatore della Banca d?Italia, Fazio, in questo senso, è stata un episodio disarmante. Anche lui risucchiato in questa spirale di scarico delle responsabilità, di minimizzazione dei problemi (ma un Governatore che ancora a settembre investe i soldi della Banca d?Italia nei titoli Parmalat non dovrebbe per lo meno chiedere scusa?). è un clima da zuffa in cui, per paradosso, chi in zuffe è maestro esce ingigantito, grazie alla sua spregiudicatezza e al suo brutale realismo: non è un caso che i giudizi più taglienti e più veritieri sul pasticcio Parmalat li abbiamo ascoltati da un personaggio come Bossi.
Su questa scena da cabaret, cadono come foglie di fico tante pie intenzioni su cui si sono pur consumati in questi anni dibattiti e dialoghi costruttivi. Con che occhi leggeremo oggi un bilancio sociale, con che fiducia ascolteremo un proposito di responsabilità etica da parte di qualche, magari bravo, imprenditore?
Perché su quella scena cabarettistica non ci sono solo i modesti rappresentanti di questo Paese. Ci siamo, giocoforza, anche noi. Ci siamo ovviamente con i risparmi persi, per chi era riuscito a metterli da parte. Ma ci siamo tutti con la realtà di un Paese allibito, che scopre di avere una leadership fuori dalla realtà. Che vede come anche l?apparente muro contro muro del bipolarismo abbia lasciato ampiamente spazio al trasversalismo dei pasticcioni (avete notato le strane alleanze che si sono coagulate attorno all?affaire?).
è un bipolarismo scemo quello di questo nostro Paese. E ancora una volta questo giornale richiama chi lo segue a non lasciarsene intrappolare. Abbiamo sottolineato come le esperienze sociali, nella loro autonomia di pensiero e di costruzione, siano fuori dalle zuffe. Questa posizione terza non è la posizione snobistica di chi si mette sopra per fare l?arbitro (come giustamente ha scritto Michele Serra su La Repubblica), ma un mettersi sotto e fra, per salvaguardare un filo di costruzione comune. Si tratta di rifiutare ogni chiamata alle armi che non sia quella che ogni giorno ci propone la realtà. Si tratta infine, di non rinunciare mai a ragionare liberamente, senza arrendersi ai mediocri prepotenti dell?una o dell?altra parte. Per costruire. Queste settimane di scontro forte, famelico, tra i poteri costituiti che non lesinano ogni genere di colpi, può essere, per i costruttori dei fili del bene comune, un?epoca di grandi opportunità e di possibili libertà.

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