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Concluso il Vertice delle Americhe: un bilancio

Obiettivi dei governi centrati. Ma diversi leader hanno riconosciuto che le proteste del movimento antiglobalizzazione hanno qualche fondamento

di Gabriella Meroni

Il vertice delle Americhe si è concluso con la “Dichiarazione di Quebec”, un accordo che impegna i 34 Paesi sottoscrittori all’istituzione entro il 2005 di un mercato di libero scambio. Ne faranno parte solo i Paesi democratici, clausola che esclude al momento Cuba, che non ha partecipato al vertice.

La firma dell’accordo è arrivata dopo tre giorni di incontri tenuti fra le proteste del movimento antiglobalizzazione, che hanno quasi messo in ombra i 34 leader impegnati nel vertice delle Americhe. La polizia ha arrestato 403 persone; fra questi, 253 sono stati arrestati sabato notte e nelle prime ore di domenica, visto che i dimostranti si sono scontrati con la polizia dalla notte fino alle prime luci dell’alba. Quarantasei poliziotti sono stati feriti, due di loro in modo grave. Fra i dimostranti i feriti sono stati 45.

La maggior parte dei contestatori – 30.000 circa, un composito schieramento che comprende sindacalisti, ambientalisti, militanti di sinistra, attivisti di organizzazioni per il rispetto dei diritti umani – hanno partecipato infatti sabato a una manifestazione pacifica, ma alcuni gruppi si sono scontrati con la polizia in quattro punti della barriera di sicurezza eretta dalle forze dell’ordine intorno alla zona in cui si svolge il summit (tre chilometri e 700 metri di lunghezza per tre metri d’altezza).
Gli agenti hanno usato idranti, gas lacrimogeni e proiettili di gomma per allontanare i manifestanti. Questi da parte loro hanno scagliato sassi e almeno due molotov, hanno appiccato il fuoco in certi punti e hanno buttato giù la recinzione in almeno uno, hanno distrutto sportelli bancomat, infranto vetrine di negozi e danneggiato automobili.

L’obiettivo principale dei leader dell’emisfero, la creazione di un’area di libero scambio che comprenda tutte le Americhe con i loro 800 milioni di abitanti, è stato anche il principale oggetto di contestazione dei dimostranti, che temono che il mercato comune danneggi i più poveri e l’ambiente. Il presidente degli Stati Uniti George Bush ha assicurato gli altri capi di stato sul fatto che avrebbe spinto il Congresso a conferirgli l’autorizzazione a promuovere l’accordo sul libero commercio entro la fine dell’anno. “Abbiamo dato il via a una nuova era di cooperazione globale – ha detto il premier canadese Jean Cheretiene – la maturità e la fiducia mostrate durante il vertice del ’98 è stata arricchita da unità e solidarietà”.

A Quebec si è discusso anche di rafforzamento della democrazia, di progetti per la lotta al traffico di stupefacenti e alla povertà, di programmi per l’istruzione. Ma il nodo è stato l’area di libero scambio (Ftaa secondo l’acronimo inglese). A questo riguardo, Chretien ha sottolineato che i 34 leader si sono trovati d’accordo sul fatto che la partecipazione al Ftaa dovrà essere subordinata al rispetto di alcuni requisiti fondamentali della democrazia. “Da oggi in poi, i benefici di qualsiasi accordo che raggiungeremo andranno soltanto alle nazioni che adempiono la nostra clausola democratica”, ha affermato il premier canadese specificando che questo principio si applicherà anche alle attività bancarie.
Da parte sua, il presidente degli Stati Uniti George Bush, al suo primo importante impegno internazionale, ha sottolineato che l’apertura delle frontiere al libero scambio creerà nuovi posti di lavoro e farà aumentare la ricchezza. “Il nostro sostegno, come emisfero, alla democrazia e alla libertà è di principio ma è anche pragmatico. La libertà non è soltanto un diritto, è anche la nostra arma migliore contro la tirannia e la povertà”, ha detto il capo della Casa Bianca. E ha aggiunto: “Aspiriamo alla libertà, non soltanto per le persone che vivono entro i nostri confini ma anche per i commerci che attraversano quegli stessi confini”.

Diversi leader hanno riconosciuto che le proteste del movimento antiglobalizzazione hanno qualche fondamento. Tra gli altri, il presidente messicano Vicente Fox: “Non può esserci vera democrazia in una società nella quale c’è tanta povertà, come accade in molte zone dell’America Latina, Messico compreso”, ha affermato proponendo ai Paesi partecipanti di impegnarsi a usare una parte del denaro che spendono per la difesa per creare un “fondo di sostegno sociale” in favore “delle comunità emarginate dell’emisfero”.
“La gente è veramente arrabbiata per quello che sta succedendo. Si sente impotente e quindi cerca l’occasione per unirsi agli altri che la pensano allo stesso modo, per fare qualcosa e cercare di ottenere che la sua voce arrivi al governo”, ha detto a Cnn uno dei contestatori.
La tesi del variegato arcipelago antiglobalizzazione è che la mondializzazione dell’economia danneggia i lavoratori, le classi più povere e l’ambiente. Il movimento venne allo scoperto per la prima volta nel dicembre del 1999 a Seattle e praticamente bloccò i lavori dell’Organizzazione mondiale del commercio. E da allora si è presentato puntuale a tutti gli appuntamenti internazionali più importanti e in tutti i casi ci sono state code di incidenti.

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