Aree interne

Tortona, quei 50 medici volontari del poliambulatorio gratuito

Dal 2015 nei Poliambulatori Soter di Tortona una cinquantina di medici volontari garantiscono visite specialistiche gratuite alle persone più fragili ed economicamente svantaggiate. Ogni anno ne usufruiscono 750 pazienti. Al progetto è andata la menzione speciale del premio "Chi l'ha fatto?" di Cittadinanzattiva

di Veronica Rossi

Tre persone davanti a una vetrina con scritto "Centro di ascolto medico" e sotto "Caritas

Il diritto alla salute è un diritto di tutti, non solo dei cittadini più abbienti. Chiunque abbia bisogno di cure – anche specialistiche – dovrebbe riceverle in modo adeguato. Sappiamo, tuttavia, che questo non accade sempre, nonostante la presenza del Servizio sanitario nazionale. Basti pensare che solo il 15% di 2 milioni e 500mila non autosufficienti ha garantiti i servizi sanitari. È proprio per sopperire al bisogno di cure mediche di chi viene lasciato indietro dalla sanità pubblica che nel 2015 sono nati i Poliambulatori Soter di Tortona, gestiti dalla cooperativa sociale Agape, emanazione e braccio operativo della Caritas diocesana di Tortona. Vi operano 50 medici volontari, che si occupano di visite specialistiche in diversi ambiti. Il progetto ha ricevuto una menzione speciale della giuria del premio “Chi l’ha fatto?”, promosso da Cittadinanzattiva in collaborazione con UniCredit, che ha l’obiettivo di valorizzare e incentivare iniziative che, partendo dalle esigenze delle comunità locali e delle aree interne, possano contribuire a contenere il fenomeno dello spopolamento ripartendo dai giovani per ricreare un senso di identità e di appartenenza.

«Il poliambulatorio è un piccolo gioiello», spiega Roberto Garrone, direttore della cooperativa, «in quanto tutte le attrezzature necessarie ci sono state donate dalla Fondazione Cassa di risparmio di Tortona, che è sempre molto capace di far fronte alle esigenze del territorio. Abbiamo la possibilità di fare molte visite, dalla cardiologia all’ortopedia, passando per la ginecologia». A beneficiare del servizio, due fasce di popolazione: coloro che sono privi dei requisiti che garantiscono un’assistenza ordinaria istituzionale e coloro che, pur avendo accesso al sistema sanitario nazionale, non sono in grado di integrare le sue carenze, in quanto fruitrici solo di un sussidio minimo pensionistico e di un Isee che conferma lo stato di povertà.


L’esperienza, nata grazie a un progetto Cei, ora ha quattro sedi sul territorio. «Cerchiamo sempre di aiutare il prossimo come nostra missione», continua il direttore. «Prima del Covid-19 eravamo aperti quattro giorni a settimna, ora due, durante i quali viene svolto un servizio di front office – sempre dai volontari – al quale bisogna presentare i documenti, come l’Isee e il permesso di soggiorno». A poter chiedere di essere aiutate, le persone con un Isee inferiore ai 3.500 euro, o 6.500 nel caso di famiglie con bambini che non riescono ad arrivare alla fine del mese.

Una persona presa dalla vita in giù con un cane al guinzaglio

Una volta accreditati nel sistema, è possibile beneficiare dei medicinali gratuiti – reperiti tramite donazioni e banco farmaceutico – e delle visite specialistiche. A Tortona ci sono ben 750 persone, che, ogni anno, si rivolgono al poliambulatorio. «Prima della pandemia molti erano stranieri», dice Garrone, «mentre oggi sono aumentati gli italiani. Diciamo che se prima la percentuale era 60% persone migranti e 40% persone locali, ora è il contrario, più o meno. Abbiamo fatto una convenzione con l’Inps di Alessandria per quanto riguarda i pensionati con sussidio minimo; abbiamo dedicato una giornata solo per loro, per aiutarli e per dare loro le medicine. Facciamo le ricette, loro vanno in farmacia, prendono i farmaci e noi mensilmente li paghiamo». Ma non sono solo le persone più anziane a usufruire dei poliambulatori: ai bambini in condizione di bisogno vengono garantite visite specialistiche, come quelle oculistiche, anche grazie a convenzioni con studi locali.

«Abbiamo 12 sportelli che abbiamo chiamato “centro di ascolto medico”, perché prima ascoltiamo la persona e i suoi bisogni», spiega il direttore, «poi in base a quello che ci viene raccontato la indirizziamo al poliambulatorio, alla mensa o alle case di accoglienza».

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