Aree interne

Castiglione Messer Marino, una scuola di rigenerazione per i piccoli comuni

A Castiglione Messer Marino, in provincia di Chieti, è nato un percorso formativo per amministratori e abitanti delle aree interne, per imparare a mantenere e sviluppare i servizi, contrastare lo spopolamento e avviare processi di rigenerazione. Una "cassetta degli attrezzi" valorizzata da Cittadinanzattiva con il premio "Chi l'ha fatto?"

di Veronica Rossi

Veduta aerea di un paese montano

Il 70% dei Comuni italiani sono piccoli comuni, che occupano circa il 60% del territorio: il nostro Paese è composto principalmente da aree interne, in cui vivono più o meno 13 milioni di persone. Eppure, tutte queste zone soffrono spesso di una grande carenza di servizi e sono a forte rischio di spopolamento. Per questo ai paesi serve una “cassetta degli attrezzi”, che li aiuti ad alimentare, avviare e implementare processi di rigenerazione sociale ed economica, di contrasto allo spopolamento, di mantenimento e di sviluppo dei servizi essenziali. La Scuola dei Piccoli Comuni – Spicco a Castiglione Messer Marino, centro di 1.500 abitanti in provincia di Chieti, in Abruzzo, cerca di provvedere a questo bisogno, attraverso una serie di incontri realizzati con ricercatori ed esperti del settore. I partner del Comune abruzzese, in questo processo, sono molti e qualificati: dall’Unione nazionale delle pro loco d’Italia – Unpli all’Associazione nazionale comuni italiani – Anci, passando per Slow food, Confcooperative, Club alpino italiano – Cai, l’Associazione volontari italiani sangue – Avis, l’Unione nazionale comuni comunità enti montani – Uncem, insieme a Gal Maiella Verde, Spazio 001 e all’istituto comprensivo di Castiglione Messer Marino. L’esperienza si è classificata seconda alla terza edizione del premio “Chi l’ha fatto” promosso da Cittadinanzattiva, che valuta le buone pratiche realizzate nelle aree interne.

«Un giorno, durante un evento in cui avevamo parlato delle difficoltà dei paesi e della loro marginalizzazione, la sindaca, Silvana Di Palma, mi ha chiesto: “Perché non facciamo una scuola per piccoli Comuni?», ricorda Rossano Pazzagli, docente di storia moderna e contemporanea e di storia del territorio e dell’ambiente all’università del Molise e direttore di Spicco. «Qualche mese dopo, il Comune, su proposta della prima cittadina, ha assunto una delibera che l’ha istituita. C’è stato un avviso pubblico, a cui io sono stato invitato a partecipare, e così abbiamo iniziato i lavori di strutturazione di questa scuola».

Delle persone dietro a un tavolo che parlano, alle loro spalle uno schermo con delle slide
Il direttore Rossano Pazzagli insieme alla sindaca Silvana DI Palma

L’esperienza è partita a novembre 2023. Le lezioni non si tengono tutti i giorni e nemmeno tutte le settimane, per venire incontro alle esigenze di flessibilità di amministratori e abitanti delle aree interne; sono previsti incontri mensili, ognuno dedicato a un argomento cruciale per un piccolo Comune. La prima parte è riservata a una lezione teorica con un esperto, mentre la seconda parte è più laboratoriale. «Invitiamo i rappresentanti di un paese che sta attuando delle pratiche virtuose da mettere a disposizione degli altri», spiega il direttore, «così da discutere assieme e condividere le proprie storie. La partecipazione è gratuita: la scuola è nata senza grandi finanziamenti, non è calata dall’alto, non propone delle ricette ma mette a disposizione delle esperienze». Tutti gli incontri si tengono a Castiglione Messer Marino, per mantenere un punto di riferimento fisico, anche se, per chi viene da lontano, c’è la possibilità di partecipare online; il ritrovo è proprio in una sede dell’istituto comprensivo cittadino, che va dall’infanzia alle medie. Un bel simbolo, visto che per un paese situato in un’area interna riuscire a mantenere i servizi scolastici non è affatto scontato.

«Oggi il tema dei piccoli Comuni è un po’ pieno di retorica, un po’ abusato e vittima di narrazioni stereotipate; in realtà chi ci vive sa che la vita da queste parti può essere faticosa, difficile», dice Pazzagli. «La marginalizzazione che queste realtà hanno subito negli ultimi 70 anni non è colpa del destino, è l’esito di un modello che è stato scelto e che ha teso a concentrare tutto nei poli urbani, trascurando di fatto gran parte del territorio italiano».

Un edificio in pietra con due terrazze, a fianco una statua. Sulla facciata c'è la scritta "Municipio"
Il municipio di Castiglione Messer Marino

In Spicco – il cui successo è testimoniato dalle 40 o 50 presenze che ogni appuntamento registra – ci si concentra su problematiche reali: come si salvaguardano i servizi, per esempio, e come si possono riportare laddove sono stati praticamente azzerati. Al centro c’è l’esistenza della comunità e chi abita realmente i luoghi, coi suoi bisogni. Anche il tema del turismo emerge: può essere una spinta per un processo di rivitalizzazione, ma non deve diventare un fenomeno massificato, da fine settimana. Per essere davvero positivo per le aree interne, il turismo dovrebbe essere esperienziale, destagionalizzato. «Una questione su cui ragioniamo spesso è anche quella legata al riabitare», continua il professore. «Ci sono 5mila Comuni italiani sotto i 5mila abitanti, che spesso sono pieni di case vuote. Il punto è: come mettiamo a frutto questo patrimonio? O vediamo come ineluttabile lo spopolamento, quindi accompagniamo a morire questi luoghi, oppure ci poniamo il problema di come riutilizzare ciò che la il tempo e la storia hanno accumulato».

Quali sono, quindi, i metodi per non lasciare che i piccoli paesi siano abbandonati? Secondo l’esperto bisogna partire da una partecipazione delle comunità locali – quindi degli abitanti – per fare una rilettura del territorio e delle sue risorse, quello che, durante una lezione di Spicco, è stato chiamato “patrimonio territoriale”. «Se chiedi agli abitanti cos’è rimasto al loro paese, la risposta istintiva è che non c’è niente», commenta il direttore. «In realtà, se andiamo a guardare, troviamo in questi luoghi, seppur in maniera differenziata, un’enorme quantità di risorse, paesaggio, servizi economici, tradizioni e prodotti. Sono quelle che io chiamo le tre P: “Paesi, paesaggi e prodotti”, come elementi importanti da rimettere a valore». Ed è da questa conoscenza che possono nascere nuove filiere, cooperative di comunità e altre esperienze di rivitalizzazione locale. «La prima stagione della scuola ha avuto un carattere sperimentale», conclude Pazzagli. «Siccome è andata molto bene, sia in termini di partecipazione che di risonanza, stiamo programmando già una nuova fase: da un’idea piccola è nato un percorso significativo».

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