Politica

La politica è roba loro: noi stiamo nella realtà

Alle radici del non voto giovanile. Una ventenne spiega le ragioni che terranno lontani dalle urne tanti suoi coetanei, compagni di universit

di Redazione

I loro nomi veri sono pochi a conoscerli, ma tutti li chiamano Renzo e Lucia. Stazionano tutto il giorno davanti all’ Università e per essere all’altezza della fama che li circonda dovrebbero avere centinaia di anni. Comunque da quando esiste la Bicocca, enorme neostruttura universitaria milanese, loro sono lì, a suonare i bongo e la chitarra con un cagnetto dagli incerti genitori che annusa curioso la folla che gli passa davanti. Sono due uomini Renzo e Lucia, e i soprannomi non si sa quanto concedano alla loro ambigua identità: di certo conoscono tutti e tutti li conoscono. Di certo seduti sul bordo del marciapiede guardano la vita passare e la folla, e la destra e la sinistra, e i rasta o sancarlini o punkabbestia o altre tribù dell’universo giovanile compresi gli agenti della Digos vestiti di occhiali scuri e cani antidroga che guardano male il bastardino. Ma non l’hanno mai arrestato. Terreno di caccia per l’ultimo voto Renzo e Lucia non si sa cosa voteranno, se voteranno, ma attenzione a trascurarli, il loro voto vale quello di chiunque altro e almeno per un giorno far suonare i loro bongo e abbaiare nel modo giusto il cagnetto scrauso che si portano dietro potrebbe valere oro: incerti lo sono, e quindi buoni per l’urna, se ci andranno. Terreno di caccia per l’ultimo voto. Come buoni per l’urna sono tutti quelli che il cagnetto stupito vede passare ( importante è avere un punto di vista e lui fa quel che può): di certo fanno parte della realtà, e, per quanto marginale, la realtà non fa tante differenze. Non è snob. I voti si contano, non si pesano, a differenza delle azioni dell’ Avvocato Agnelli. Qualcosa qui è evidente, se si parla di elezioni: a votare ci andranno in pochi. Perché pochi sanno o hanno saputo che cosa può essere in gioco veramente. L’impressione è che chi vota voterà per partito preso, e a questa età il partito che si prende è di solito quello più chiaro. Destra: da An verso Forza Nuova. Sinistra: deve avere una falce e martello (se no che sinistra è?). Insomma, si adeguano alla logica d’immagine e affrontano l’enigma elettorale senza partire dalla propria realtà ma da quanto ha sancito la storia dello stivale italiano: i buoni e i cattivi, i rossi e i neri, i comunisti e i fascisti. Il giudizio è un fatto di costume, folklore ben definito ed identificabile senza nessuna fatica eccessiva. «Il centro (centrodestra, centrosinistra)», dicono, «è inodore, insapore, incolore…»: due personaggi conosciuti per altro che per capacità politiche squassano e si contendono la tiepidità. «Rutelli? Artefatto, creato apposta per controbilanciare Berlusconi». «Berlusconi? è tutto quello che il suo rivale vorrebbe essere. Guarda i manifesti». «La differenza tra Fanta e Sanpellegrino, hai presente l’aranciata esagerata?». Se la logica è quella dei due poli, dicono in molti, o si sta di là o di sta di qua. O ci si chiama fuori: la logica blindata ai più non piace. Non è logica. «Perché devo votare? Che differenza c’è, che vera differenza c’è?». «Non voto, non meritano che si perda tempo per loro» . «Loro si sono fatti una legge elettorale che serve a spartire il potere, noi che c’entriamo? Hanno cambiato partito dieci volte e nulla garantisce che non lo faranno ancora, loro». «Loro chi?» «Loro, no?». La politica e i problemi Loro. Loro sono il mondo della politica e il voto è qualcosa che appartiene a loro, non ai problemi della mensa, delle tasse universitarie, del traffico, della Riforma dell’Università che il ministro non vuole discutere ma dice che va bene e tutti loro sono contenti o arrabbiati ma per motivi loro. A loro sembra importare poco del mondo del lavoro non chiaro, del futuro incerto, e di tutti i problemi reali e c’è poco dramma in tutto questo, poco rabbia. Piuttosto indifferenza e la diffusa sensazione che loro, quelli che chiedono il voto, in maniera così insistente, non vorranno o sapranno o potranno molto. E chi può fare fa Chi sa o vuole o può fare, fa. Fa già. Chiamatelo volontariato, carità, impegno civile, impegno sociale, ambientalismo: chiamatelo come volete, ma la maggior parte di quelli che stanno qui non vogliono definirlo politica. Fare fanno, e fanno davvero. Non tutti sono la generazione «tutta canne e motorini». Sono anche la generazione che al sociale ci crede davvero. Ma alla politica no, estremismi a parte. Quella è roba loro. Il cagnetto scrauso e malandato alza il tartufo e annusa l’aria, e non sente aria di emozione, adrenalina elettorale. Altri articoli: – I giovani credono più nell’Europa che nella politica Ambiente: per i giovani è più importante della salute


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