Famiglia

I bambini di Bagdad

Milioni di bambini, numerosi come in poche altre città al mondo.

di Paolo Manzo

“Ma che ci fai tu in strada a quest?ora della mattina? Perché non vai a scuola?”. Immaginatevi una giovane donna italiana che rivolge questa domanda a un bambino di massimo otto anni per le strade polverose della grande Bagdad , con i suoi quasi sei milioni d?abitanti. E immaginatevi che il piccolo le risponda “Purtroppo non ce la faccio a seguire la scuola. La mia è una famiglia d?umili origini e non ci sono soldi per i libri, né per il bus?”. “Allora lavori”, fa la giovane donna e lui, serissimo, “Eh no, sa?, al momento è difficile trovare un posto. Qui siamo tutti senza lavoro perché c?è un tasso di disoccupazione altissimo”. Bene, ora smettete di immaginare perché il dialogo è realmente avvenuto: il piccolo si chiama Jahid, la giovane donna Simona Pari e fa la cooperante di Un ponte per?. Nella grande Bagdad di bambini come Jahid ce ne sono a migliaia, anzi a milioni. In base alle stime Unicef, sono due milioni e mezzo gli under 18 che vivono nella capitale, pari a circa il 50% della popolazione. Di sicuro c?è che, oggi, essere bambino a Bagdad non è facile, anzi: è una scommessa sin dalla nascita. Più morti e meno scolari Secondo gli ultimi dati a disposizione dell?Unicef, infatti, il tasso di mortalità sotto i 5 anni nella grande Bagdad è del 13,3% (tra i più alti al mondo con Haiti e Pakistan), contro il 5% che registrava nel 1990. “Ma, oltre a morire in tanti prima di compiere i sei anni”, sottolinea Bruno Neri, capoprogetto di Terre des hommes, “nel dopoguerra è aumentato decisamente anche il tasso di abbandono nelle scuole dell?obbligo: se durante la dittatura di Saddam il 99% dei bambini della capitale seguiva le lezioni in classe, oggi la percentuale è scesa al 75%”. Cifre che si spiegano con il livello di povertà delle famiglie irachene, aumentato in modo preoccupante negli ultimi mesi, e con il sempre maggior numero di piccoli che rimangono orfani e senza casa. Di fatto, sempre più bambini sono costretti a lavorare, appena compiuti i sei-otto anni. Vendita di sigarette, bibite, bombole di gas e prodotti alimentari le occupazioni in cui la manodopera minorile è maggiormente impiegata. Senza contare chi lavora come garzone nei negozi di familiari o conoscenti, o le bambine che, sempre più spesso, restano a casa per aiutare le madri. Lavorare senza mangiare In base a una ricerca realizzata da Tdh Italia in collaborazione con il Centro culturale Beit al Hikma ed eseguita dai ricercatori dell?Università di sociologia di Bagdad, i minori che hanno abbandonato la scuola lavorano tutti più di sei ore al giorno, mentre il 43% supera le otto ore, spesso senza mangiare. Il loro guadagno giornaliero è inferiore ai 4mila dinari iracheni (pari a circa 2,5 euro), e tutti i soldi sono utilizzati per i bisogni della famiglia. Oltre ai 600mila minori lavoratori nella Bagdad ?liberata?, poco meno di due milioni frequentano asili e scuole elementari, medie e superiori. è quindi comprensibile che uno tra i principali problemi sia la mancanza (e il degrado) delle strutture scolastiche. A questo deficit di istruzione si sta rispondendo con il sistema delle fasce orarie per cui per molti la ?campanella? del primo turno suona alle otto e mezza del mattino, mentre molti altri devono aspettare quella del terzo, alle tre del pomeriggio. “Ci sono scuole che ospitano più di mille bambini e hanno a disposizione solo 12 stanze”, confessa la Pari. Il sogno? Fare l?ingegnere “Da grande voglio fare l?ingegnere o il medico, per aiutare gli altri”. è questo il sogno dei bambini di Bagdad che, nella stragrande maggioranza dei casi (il 78%), ha risposto così a un?inchiesta fatta in dieci istituti scolastici da un gruppo di insegnanti locali. Che differenza con chi, dalle nostre parti, sogna di fare la velina o il calciatore… E Giampaolo Silvestri, capo progetto dell?Avsi in Iraq, confessa che ciò che più l?ha colpito è “l?attenzione con cui i piccoli seguono i giochi di gruppo nei nostri asili”.


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