Famiglia

Notiziario Affari sociali

le notizie del 20 aprile 2001 del Ministero Affari sociali

di Redazione

Testo Unico: congedi parentali retribuiti per i genitori che lavorano Il capitolo sui congedi parentali stabilisce che per ogni bambino nei primi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro non oltre i dieci mesi. In questo limite, il congedo spetta alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di maternità, per un periodo non superiore a sei mesi; al padre lavoratore, dalla nascita del figlio per un periodo non superiore a sei mesi e, qualora vi sia un solo genitore, per un periodo non superiore a dieci mesi. La lavoratrice madre o il lavoratore padre di un figlio disabile hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del congedo parentale, a meno che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno in un istituto specializzato. Per quanto riguarda il trattamento economico e normativo, durante il periodo del congedo ai genitori spetta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione e la contribuzione figurativa. Il congedo parentale spetta anche per le adozioni e gli affidamenti. Qualora, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia un’età compresa tra i sei e i dodici anni, il congedo parentale è concesso nei primi tre anni dall’ingresso del bambino nel nucleo familiare. Testo unico: diritto al riposo giornaliero, congedi e permessi in situazione di grave disabilità del figlio. La madre lavoratrice, durante il primo anno di vita del bambino, ha diritto a due periodi di riposo, della durata di un’ora ciascuno, durante la giornata. Solo se l’orario giornaliero è inferiore a sei ore, il riposo è uno solo. Il periodo di riposo viene ridotto a mezz’ora quando la donna fruisca dell’asilo nido o di un’altra struttura idonea, istituita dal datore di lavoro nell’azienda o nelle sue immediate vicinanze. In alcuni casi i riposi giornalieri vengono riconosciuti al padre. In particolare, nel caso in cui i figli siano affidati solo a lui, in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non si avvalga del diritto, nel caso in cui la madre non sia una lavoratrice dipendente, in caso di morte o di grave infermità della madre. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati. Disposizioni a parte riguardano i genitori di figli disabili. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap grave e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica la norma contenuta nella legge 104 del 1992 relativa alle due ore di riposo giornaliero retribuito. Dopo il terzo anno di vita del figlio, i genitori hanno diritto ai permessi previsti dalla stessa legge (104/92), fruibili anche in maniera continuativa nell’ambito del mese. In caso di handicap grave, i genitori o, al momento della loro scomparsa, i fratelli conviventi con il disabile, hanno diritto a fruire dei benefici (congedi e permessi retribuiti) previsti dalla legge 53 dell’8 marzo 2000. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione e lo stesso periodo è coperto da contribuzione figurativa. L’indennità e la contribuzione spettano fino ad un importo massimo di settanta milioni annui per il congedo di durata annuale. Piano sociale nazionale: cosa sono le Ipab e qual è la loro storia Il nuovo Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, approvato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la Solidarietà sociale Livia Turco, dà ampio spazio alla riforma delle Ipab. Le Ipab (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) esistono sin dal medioevo come associazioni dedite al soccorso dei poveri. A partire dall’inizio del XIV secolo, venivano chiamate con nomi diversi: confraternita, schola, consortium, societas. Accanto ai sodalizi di parrocchia dediti a pratiche religiose e solo secondariamente ad opere di carità crebbero e si svilupparono dei veri enti di beneficenza che estendevano la propria azione a tutto il territorio urbano, anche con forme di assistenza “domiciliare” come distribuzione di elemosine, cibo e vestiti. Alla fine del 1700 i tanti luoghi Pii Elemosinieri furono accorpati in cinque organizzazioni: Quattro Marie, Misericordia, Carità, Divinità e Loreto. Successivamente, con la prima Riforma Assistenziale risalente al 1890 con Crispi queste fondazioni sono divenute le Ipab. Oggi, dopo 110 anni, viene riformata l’organizzazione di questi Istituti pubblici. Viene rimesso in circolo e riqualificato un patrimonio vastissimo. Secondo le cifre diffuse dal Dipartimento degli affari sociali, le Ipab sono oggi in Italia 4226 con un patrimonio di 37.000 miliardi e ben 70.000 dipendenti. In Italia esistono 15 mila organizzazioni di volontariato. Ammontano a 15mila le Organizzazioni di Volontariato in Italia. Secondo il Rapporto biennale sul Volontariato 2000, a cura del Dipartimento per gli Affari Sociali, operano all?interno di questi organismi circa 600 mila volontari. Lo studio ha messo in luce una forte disparità di localizzazione delle organizzazioni sul territorio nazionale. La maggioranza è infatti impegnata nel Nord d?Italia (circa il 60 per cento) rispetto alle regioni del Centro (22,3 per cento) e del meridione (17, 8 per cento). Due terzi delle organizzazioni hanno adottato la forma di associazione riconosciuta (67, 3 per cento); meno numerose quelle non riconosciute (29,1 per cento). Le fondazioni e le cooperative ammontano invece al 3,6 per cento. La maggior parte delle organizzazioni opera nel settore della sanità (il 37 per cento) e nell?assistenza sociale (28,7 per cento), prendendosi cura di circa 2,5 milioni di persone, tra cui anziani, disabili e minori. Seguono le attività ricreative e culturali (12,3 per cento), protezione civile (9,3 per cento), tutela dell?ambiente (3,4 per cento). Relazione su infanzia e adolescenza: in forte calo la mortalità infantile, in aumento il numero dei tentati suicidi La Relazione sulle condizioni dell’infanzia e dell’adolescenza 2001 sottolinea che nel periodo 1991 – 1997 la mortalità infantile è costantemente diminuita, come anche il tasso di mortalità tra gli adolescenti. I decessi nella sfera di età tra gli 0 e i 14 anni sono diminuiti del 24,7 per cento passando da 6.469 nel 1991 a 4.872 nel 1996 (su una popolazione di 8 milioni di individui) . Così il tasso di mortalità entro questa fascia di età oggi è di 57,2 casi per 100 mila abitanti mentre era 71,8 all’inizio degli anni ’90. La riduzione maggiore si è avuta nel primo anno di vita. Calano anche le morti violente dei bambini che nell’arco di un ventennio da 2000 si sono ridotte a 700. Tutti indicatori positivi che evidenziano l’attenzione crescenti degli adulti verso la salute dei minori. Rare anche le denunce per “infanticidio”, sempre al di sotto dei 10 casi l’anno (con eccezione del 1992). Inoltre, diminuiscono i casi di AIDS pediatrico. Le madri sieropositive, infatti, sono meglio informate (grazie anche alle campagne d’informazione) e in caso di gravidanza si rivolgono ai servizi per avviare in tempo le cure mediche oggi possibili per scongiurare la trasmissione del virus al neonato. Nel ’98 sono stati solo 19 i casi di bambini nati senza profilassi medica mentre erano stati 66 nel 1992. Un riflessione importante ce la impongono i dati sul suicidio. Il rapporto evidenzia come il fenomeno è stazionario mentre è molto più alto rispetto alla popolazione il numero dei tentati suicidi. Le cause di questi gesti possono essere “la fuga da una realtà vissuta come insopportabile, il castigo per riparare ad un errore reale o immaginario, la vendetta per procurare rimorso altrui, il rischiare la vita per mettersi alla prova”. Nel periodo 1993-1998 la polizia di stato e l’arma dei carabinieri hanno accertato in Italia 300 suicidi e 826 tentati suicidi di minorenni.


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