Famiglia

La politica, senza paura

Ermete Realacci ha fondato, diretto e presieduto, sino a un mese fa, Legambiente. E' deputato per la Margherita. Ha partecipato alla fondazione dei Verdi.

di Ettore Colombo

Ermete Realacci (classe 1955, di Sora, in Ciociaria, sposato – “da tempo immemorabile”, sospira – con Annarita, insegnante, niente figli) è una specie di frate laico in sandali e t-shirt, versione sant?Antonio da Padova. Quello che aveva il dono dell?ubiquità e stava ovunque e in ogni luogo. Realacci, infatti, è ovunque. ?Prezzemolino? lo chiamano quelli che non lo amano.
Realacci è a Montecitorio, dove svolge con coscienza e puntiglio il lavoro di deputato nient?affatto semplice della Margherita ed è alla prima legislatura (“Viene in ufficio alle otto del mattino”, racconta la sua segretaria-factotum Antonella, “un incubo per tutti noi…”). Né perde un convegno di studi sull?ambiente, un?iniziativa pubblica della sua coalizione, un sit-in di protesta dei girotondini, una marcia della pace, un corteo ulivista, una puntata del Maurizio Costanzo show…
Il segreto? “Vado a letto tardi la notte e dormo poco”, si schermisce lui. Realacci è simpatico, e questo è il primo punto a suo favore. Ma Realacci sta antipatico a parecchi: ai no global duri e puri che lo giudicano un ?socialtraditore?. Ai vecchi marpioni ex Dc, cui non va giù il suo mix di laicismo, ambientalismo e movimentismo radical e libertario. Alle vestali del girotondinismo duro e puro, cui non piacciono le sue amicizie ?trasversali?. Alla parte più ideologica e retrò anche del Terzo settore, della società civile e del non profit (e persino dell?ambientalismo, della cui storia recente è, di fatto, nonno, padre e zio, avendo diretto prima e presieduto poi Legambiente dalla sua fondazione, nel 1983, ad oggi: vent?anni spaccati, mica un giorno. Ha lasciato la carica di presidente, che ricopriva dal 1987, alla fine del 2003, VII congresso, restandone però presidente onorario) che sostengono sia colpa sua e di quelli come lui se il ?virus? della politica ha infettato il loro piccolo Eden zeppo di autoreferenzialità e ideologismi.
Realacci alza le spalle, si fa una risata e si accomoda sulla seggiola, pronto a rispondere punto per punto ma soprattutto desideroso di spiegare le sue idee. Che sono decisamente tante, spesso azzeccate e godono sempre di ottima stampa. Sarà per questo che il suo ?muoversi rapido? è tenuto in gran conto sia nella Margherita, partito dove è responsabile dell?Associazionismo -Terzo settore, che ai vertici dell?Ulivo, dove non solo Rutelli e Fassino, ma lo stesso Prodi lo stanno a sentire con attenzione quanto ha da dire su molti temi (pace, diritti, sociale e, naturalmente, ambiente) e ne appoggiano o rilanciano le battaglie. “Con Prodi c?è un dialogo leale e serio”, dice lui. Rispetto e stima di lui nutrono anche molti avversari, specie dell?ala moderata del centrodestra, e un popolo tutto particolare, quello ciellino, che lo ha eletto interlocutore privilegiato nello schieramento di centrosinistra. Al meeting di Rimini, Giorgio Vittadini, fondatore della Cdo, disse: “Io lo voterei, uno così”. Uno così è anche, contemporaneamente, un nemico del ministro Matteoli (An, destra sociale) e un amico del ministro Alemanno (An, destra sociale) in quanto il primo, sostiene, opera lo scempio ambientale dell?abusivismo e il secondo offre il suo coraggioso sostegno alla battaglia contro gli ogm. Uno così è amico personale di Adriano Sofri e di molti altri raffinati intellettuali, da Massimo Cacciari in giù, e nel ?tempo libero? infarcisce l?agenda ulivista di eventi e appuntamenti di studio, riflessione e analisi. E i colleghi deputati di dotte citazioni via email…
Con Ermete (un nome, un destino) non fai un?intervista, intrecci un dialogo. E se non hai letto Calvino, Borges, Seneca e persino la letteratura cinese, il problema è soltanto tuo.

Vita: Realacci, Vita vuole approfondire con lei un nodo fondamentale di questi dieci anni di vita del Terzo settore: il rapporto tra associazionismo e politica. Come è cambiato? Ed è cambiato in meglio o in peggio?
Ermete Realacci: Nella relazione introduttiva all?ultimo congresso di Legambiente, ho ripercorso proprio il rapporto di una ?terra di frontiera?, l?ambientalismo, nel suo rapporto inevitabile con la politica: se ti occupi di nucleare, consumi energetici, abusivismo edilizio, città e smog, l?intreccio con la politica e con le istituzioni è imprescindibile. C?è una bella leggenda cinese, quella del cacciatore di draghi, che passa anni e anni nel suo castello a prepararsi a combattere i draghi ma, quando esce, scopre che i draghi si sono estinti…
Il rischio è quello di un?azione che miri a cambiare la realtà, azione che è il fine ultimo e nobile di tanta parte dell?associazionismo e del volontariato, come dice anche lo slogan fortunato “Un mondo diverso è possibile”, che poi però resta fine a se stesso. Italo Calvino chiude il libro Le città invisibili con questa citazione: “Ci sono due modi per affrontare l?inferno dei viventi, quello che è già qui, che abitiamo tutti i giorni. Il primo riesce facile a molti: accettarlo fino a diventarne parte e non vederlo più. Il secondo è più rischioso: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all?inferno, non è inferno, farlo durare e dargli spazio”.
Riconosco che ci possono essere pratiche associative che prescindono dal rapporto con la politica. Non è facile però trovarle, perché anche quelle più apparentemente distanti e segnate dallo scambio puramente interpersonale (come quelle legate all?assistenza), poi si trovano di fronte a sé dei passaggi delicati che non sono solo l?estensione della responsabilità dallo scambio del singolo soggetto a una dimensione più collettiva, generale, ma anche perché finiscono per dipendere comunque dal rapporto con il pubblico per i finanziamenti o per le strutture. Io non riesco a immaginare pezzi di Terzo settore o società civile organizzata che si sottraggano tout court al rapporto con la politica. E anche l?apparente distanza, quasi una presunta superiorità morale, che una parte di questo mondo nutre nei confronti della politica troppo spesso si sgretola quando singoli esponenti delle associazioni varcano quel Rubicone. Ho visto molti finire così, anche nei movimenti: prima rivendicavano la loro orgogliosa alterità e poi ?sbracavano? quando si avvicinava il tempo delle candidature…

Vita: La biografia del Realacci ambientalista, sotto questo profilo, s?intreccia e quasi si confonde con quella del Realacci politico…
Realacci: Quando nacquero i Verdi (e io e Legambiente ne fummo parte attiva) la loro nascita fu pensata non tanto come il referente politico dell?ambientalismo quanto come una maniera per introdurre temi che altrimenti, nell?agenda politica di allora, non entravano. L?idea era quella non di una rappresentanza esclusiva ma quella di portare avanti istanze parlando un linguaggio che la politica capiva, quello dei voti, e che altrimenti non avrebbero avuto ascolto e capacità d?incidere nella realtà. Tutta la mia esperienza in Legambiente, al contrario, è stata improntata a dimostrare che si poteva ?contare? anche senza stare nelle istituzioni. Io, se avessi voluto, avrei potuto fare il parlamentare già vent?anni fa: rifiutai, limitandomi a fare da garante per le liste Verdi ma, da allora in poi, a ogni elezione soggetti politici anche diversi mi hanno offerto di candidarmi. Non ho mai accettato perché avrei indebolito Legambiente. Io mi batto perché dal mondo dell?associazionismo vengano sempre più personaggi significativi a migliorare la classe politica attuale perché credo che la capacità di cambiare le cose passi anche attraverso le persone. Questo è vero per i governi, gli Stati e la storia degli uomini. Pensa a Kennedy, a Che Guevara, a madre Teresa di Calcutta…
Il Terzo settore deve vivere il rapporto con la politica come un segno di forza, non di debolezza perché se una pacca sulle spalle non si nega a nessuno, l?ostentata alterità rischia di diventare subalternità. Bisogna evitare sia il rischio di restare in una condizione di minorità, sia l?appiattimento. Nella Margherita non ?porto? solo le ragioni dell?ambientalismo e dell?associazionismo ma considero queste ragioni una delle chiavi per discutere cosa deve essere, e come deve essere, questo Paese. Ma la scommessa sulla qualità ha un?infrastruttura essenziale costituita dalle relazioni tra gli uomini. Ecco perché, per fare un esempio, se la battaglia sull?articolo 18 era sbagliata perché collocava il futuro competitivo dell?economia sul terreno dell?abbattimento dei livelli di qualità, quella contro le sovvenzioni alle esportazioni agricole è giusta perché vuol dire far scommettere la nostra agricoltura sulla qualità, l?identità, il territorio e non sul dumping che penalizza i Paesi in via sviluppo. Ma non c?è, dietro tali scelte, solo una ragione ambientale o solidaristica ma anche una scelta per il futuro. Nella vita di un partito questo vuol dire anche una profonda modifica – e non lo è ancora abbastanza, nella Margherita – delle forme organizzative del fare politica. Incrociare ambizioni e ?bassa cucina?, poesia e sudore è, ad esempio, l?obiettivo di un seminario di formazione politica come quello che ho organizzato per il mio partito e anche per la società civile a noi vicina a Fiesole quest?anno (s?intitola La lista che verrà… Prodi e non solo, e si svolge sui colli fiorentini dal 23 al 25 gennaio, ndr) e a Impruneta l?anno scorso. Un passaggio che per un soggetto come la Margherita è un passaggio obbligato perché riprodurre oggi la macchina dei grandi partiti politici post bellici è impossibile. I Ds, se vogliono, possono fare anche un?altra scelta, quella di gestire con intelligenza una macchina organizzativa e un patrimonio storico, la Margherita no. Vogliamo ragionare con il Paese su un?idea di futuro e d?Italia che la Margherita e l?Ulivo non possono non avere.

Vita: Lei è famoso per aver lanciato campagne importanti (ecomafie, difesa dei piccoli Comuni, ora il servizio civile europeo). Cos?è, smania di protagonismo?
Realacci: Conosco bene i meccanismi dell?informazione politica e so che potrei ?uscire? tutti i giorni sul politique politicienne ma non lo faccio quasi mai. Evito di discutere del e nel Transatlantico, la forza di queste campagne sta nel fatto che io, come altri, ci credo davvero. Poi, certo, mi pongo il problema dell?efficacia di queste campagne e a volte vedo che i risultati non arrivano o tardano ad arrivare. Allora mi batto ancora di più e sono pronto a usare tutti i mezzi che ho a disposizione, media in testa, ma non faccio queste campagne per uscire sui media. Sia nel caso della battaglia sui piccoli Comuni che per quella sul servizio civile volontario europeo, la nuova battaglia che stiamo per lanciare in Parlamento (i primi firmatari, tanto per cambiare tutti onorevoli ?trasversali?, sono Ermete Realacci della Margherita, Mimmo Lucà dei Ds, Maurizio Lupi di Forza Italia, ndr). L?idea di una proposta sul servizio civile l?ho in mente da due anni: potevo limitarmi a formularla, uscire sui giornali, vedere come andava e poi passare ad altro. Invece la proposta che sta per vedere la luce è il frutto di un oscuro e delicato lavoro preparatorio di tessitura, di organizzazione e di coinvolgimento fatto con molti e diversi soggetti come le Acli, l?Arci, la Cdo, l?Associazione Alpini.
Perché non si può essere stitici, in politica come nel sociale: bisogna permettere agli altri di partecipare, coinvolgerli, ampliare conoscenze e forze, se si pensa di avere idee forti sul mondo e capaci di trasformare la realtà. A me piace una politica che siccome è ambiziosa si può permettere anche di essere generosa, siccome ha in mente di raggiungere obiettivi alti è ?aperta?. E dunque ?inclusiva?, rispetto alle persone e alle idee. Non si può cambiare un Paese se non si è curiosi, se non si amano i propri simili, se non c?è ?simpatia? tra le persone e gli schieramenti.

Vita: Un altro presunto peccatuccio: il trasversalismo. Un peccato mortale, per certi ambienti di sinistra…
Realacci: Guarda io non so se trasversalismo è una parola buona o cattiva in sé. A me non piace se allude allo scambio d?interesse, all?incucio. Ma difendo però e in modo coerente un modo e un?idea del fare politica dove è il merito che seleziona le alleanze e le amicizie, non viceversa. Quando il concetto di appartenenza diventa un meccanismo di autotutela a me convince poco. Lo sforzo che ho sempre fatto – partendo da posizioni abbastanza ?radicali? – è che deve essere la meta a selezionare la compagnia. C?è una bellissima frase di Seneca che dice “Non ci sono venti favorevoli per chi non sa dove andare”. È importante sapere dove andare e solo dopo incrociare i venti. Se voglio fare, nella chiarezza e nella trasparenza, un pezzo di strada con chi la pensa diversamente da me, lo faccio perché penso che aiuta a costruire un Paese migliore. Se altri, nel mio partito o nel mio schieramento non vivono questa scelta come una ricchezza, sbagliano. Né m?impedisce di guardare altrove, quando serve.

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