Formazione

Numeri per soli specialisti

La società di rating etico ha passato al setaccio i bilanci sociali pubblicati in Italia. E ha scoperto troppe amnesie. E un linguaggio spesso incomprensibile. Ecco i risultati

di A. Capannini

I bilanci sociali chiudono sempre in attivo, e non hanno niente da nascondere, come talvolta accade ai bilanci di esercizio. Devono raccontare la parte migliore dell?azienda, non tirare le somme della responsabilità sociale. Un bilancio di sostenibilità che chiude in perdita non avrebbe senso: non si farebbe, perché non è obbligatorio e le aziende non sono autolesioniste. Valutare questo documento, allora, significa comprendere se l?inevitabile ?utile? dichiarato, le cose buone realmente fatte (che ci sono sempre, anche nei contesti più discutibili), appartengono a un vero percorso verso la cittadinanza d?impresa – non importa se appena cominciato – oppure sono decorative, come le piante negli uffici. è una valutazione complessa: lo dimostra il numero di variabili, oltre 200, ?sotto tiro? nell?Osservatorio realizzato nel 2003 da Avanzi, la società di ricerca partner di E&F. Vi risparmiamo l?elenco completo… anche se i ricercatori le vanno a vedere tutte. C?è però un gruppo di fattori critici, che potremmo chiamare ?variabili spia?, dai quali è possibile capire con buona approssimazione la qualità del documento, come espressione di una volontà di comunicare con tutti i portatori d?interesse. Soprattutto i non addetti ai lavori: «Abbiamo scelto di non chiedere niente a nessuno ma di lavorare solo sul bilancio, per capire se anche gli stakeholder più deboli, che difficilmente riuscirebbero a contattare l?azienda, ricevono un?informazione di qualità», spiega Satia Marchese, responsabile dell?Osservatorio. Per alcune delle ?variabili spia? sono già disponibili i primi risultati del monitoraggio, riferiti alle 33 aziende quotate a Piazza Affari che nel 2002 hanno pubblicato un bilancio di sostenibilità, sociale o ambientale. Presidio della corporate governance (solo per i bilanci sociali e di sostenibilità). Il 41% dei bilanci esaminati spiega chi si occupa di corporate governance, ma solo tre, Sanpaolo Imi, Enel e Acea, esplicitano nomi e biografie dei componenti del consiglio di amministrazione, fondamentali per individuare potenziali conflitti di interesse: segno che si tratta di un punto scottante. Presidio della Csr (per tutti i bilanci). Solo il 14% dei rendiconti illustra ?chi fa che cosa?per la csr e l?ambiente, e non si tratta di reticenza: è ancora molto rara l?attribuzione di responsabilità specifiche in quest?area. Politiche ambientali (per tutti i bilanci). Il 52% delle aziende dichiara obiettivi precisi in campo ambientale, come la riduzione delle emissioni inquinanti, o degli infortuni sul lavoro, in una certa percentuale. Tra i ?bocciati? su questo punto c?è sorprendentemente anche l?Eni, considerato all?avanguardia in questo campo. Indicatori accessibili di performance ambientale (per tutti i bilanci). Solo il 9% dei bilanci riporta indicatori comprensibili da non specialisti, ad esempio le emissioni inquinanti rapportate ai valori medi del settore industriale di appartenenza. Spesso si tratta di formule davvero astruse. Il lavoro dell?osservatorio continua: l?analisi sarà estesa alle aziende non quotate, agli enti pubblici e non profit, mentre i criteri di valutazione saranno aggiornati e differenziati per settori produttivi.


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