Mesotelioma

Franco e i suoi fratelli

Il tumore che ha ucciso il giornalista Rai, Di Mare, continuerà a far vittime in diverse parti d'Italia, quelle in cui insistevano le produzioni a base di amianto, messe al bando nel 1992. VITA ne aveva parlato coi clinici di Alessandria, intervenuti sui molti casi di quell'area

di Giampaolo Cerri

Franco Di Mare, 68 anni, giornalista, volto storico della Rai, è morto. A darne notizia, con una nota, la famiglia. Soffriva da tempo di un mesotelioma.

Nelle scorse settimane, in una dura intervista al Corriere del Sera, bissata poi da Fabio Fazio a Che tempo che fa pochi giorni dopo, Di Mare aveva denunciato l’isolamento in cui si era trovato in Rai, dopo la notizia della malattia.

Il cronista di guerra che divenne padre adottivo

In particolare, Di Mare lamentava il fatto che l’amministrazione di Saxa Rubra rifiutasse di rilasciarli uno stato di servizio con le missioni effettuate all’Estero, da inviato di guerra. Il giornalista temeva infatti che la grave malattia polmonare che lo aveva colpito fosse conseguente a esposizioni all’amianto o ad altri materiali durante i servizi in teatri di guerra, come la lunga corrispondenza che lo portò nei Balcani durante il conflitto civile in quell’area.

Fu nel 1992, a Sarajevo, dove di Di Mare raccontò il lungo l’assedio serbo alla capitale bosniaca. Dalla Bosnia, il giornalista tornò con una bimba di 10 mesi, Stella, orfana di guerra, che poi adottò. E a quella storia dedicò un libro, Non chiedere perché (Rizzoli), che ispirò, nel 2015, la miniserie L’angelo di Sarajevo di RaiUno, con Giuseppe Fiorello che interpretava proprio Di Mare e a cui si riferisce la foto di apertura (di Stefano Colarieti /LaPresse).

Dove e perché l’amianto uccide ancora

«Il mesotelioma pleurico», ha scritto il 30 aprile la nostra collega Nicla Panciera, «è un tumore maligno che origina dalla pleura ed è dovuto alle finissime fibre di amianto che si insinuano tra i due foglietti che compongono questa membrana, creando infiammazione e dando il via al processo patologico». Un tumore che ha ucciso e uccide ancora tanti lavoratori che, negli scorsi decenni sono stati esposti all’amianto, come quelli della Eternit di Casale Monferrato (Al), da cui è scaturito uno storico processo.

Vicende che hanno portato anche a una legge – la 257/92– che vieta estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione dell’amianto anche se «certi territori non sono affatto al riparto dalle polveri».

Nell’articolo che trovate di seguito, Panciera ha intervistato Federica Grosso, responsabile della struttura semplice dipartimentale Mesotelioma e Tumori Rari dell’Azienda ospedaliera universitaria Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria.

Grosso e i suoi collaboratori sono tra i massimi esperti italiani di mesotelioma e avvertono che, purtroppo, questo tumore continuerà ancora a uccidere, perché la bomba che costituisce non è stata ancora disinnescata, con le bonifica delle molte aree in cui le particelle di amianto possono ancora colpire. Zone come quelle rilevabili dal rapporto che Inail, produce con cadenza triennale, per il Registro introdotto dalla legge di cui sopra.

«Il più recente rapporto», scrive ancora Panciera, «è del 2021 e rileva che il 50% dei nuovi casi sono registrati fra i residenti in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. Le zone più colpite sono Casale Monferrato, Mestre, Savona e Ancona».

Tanti Franco Di Mare di cui, purtroppo, sapremo poco.

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