Non profit

E adesso vi insegno io a fare le trimestrali

Il presidente della Fondazione Aiutare i bambini punta su una gestione operativa esemplare.

di Paolo Manzo

La società Deloitte & Touche che certifica i bilanci è senza dubbio l?unico punto di contatto tra la Parmalat e Aiutare i bambini. Per il resto la Fondazione ,che ha sede a Milano, è un vero modello di gestione per chi voglia operare nel non profit con la certezza d?avere tutte le carte in regola. Aiutare i bambini è nata nel 1999 per espressa volontà dell?ingegner Goffredo Modena, uno che a vederlo all?opera colpisce per la serietà, la determinazione e la precisione. Sia nella selezione dei progetti che nella loro gestione operativa. Occhialini più da ragioniere che da ingegnere, Modena è stato uno tosto nel mondo del profit: «Ero titolare di un?azienda di componenti elettronici in Brianza, la Forem. Nel 1977 insieme agli altri soci dell?azienda decidemmo di venderla alla Allen Telecom, multinazionale americana leader nel settore delle telecomunicazioni». A 59 anni, l?ingegner Modena si trova a non avere più nulla da fare, e decide di mettere a disposizione la sua professionalità, tipica di chi mastica d?impresa, per aiutare i più deboli. «Cercavo di dare un senso nuovo alla mia vita e a quel punto, dopo un consulto familiare, decidemmo di occuparci dei bambini che nel mondo sono poveri, ammalati, senza istruzione scolastica, donando parte del nostro patrimonio». Così è nata la Fondazione Aiutare i bambini che, dal 2000 a oggi, è assurta all?eccellenza, sia per la qualità e la quantità dei progetti portati a termine, sia per la validità della gestione economica e operativa. In quattro anni, la Fondazione ha fatto 152 progetti in 26 Paesi del mondo, dando aiuto e sostegno a più di 46mila bimbi. Per portare a termine tutti i progetti, «è necessaria la solidarietà della gente», spiega l?ingegnere, «sia con contributi in danaro sia con la donazione del proprio tempo facendo del volontariato: più gente ci conosce, più progetti potremo fare e maggiore sarà il numero dei bambini che potremo aiutare. Ma è anche necessario avere idee chiare e gestire le risorse in modo professionale da parte nostra. Dobbiamo rendere conto ai nostri donatori di ciò che facciamo e come lo facciamo!». E visitando la sede di Aiutare i bambini a Milano, la prima cosa che colpisce è che, al 15 gennaio 2004, l?ingegner Modena ha già presentato il consuntivo del conto economico 2003 e ha redatto e fatto approvare dal cda il budget e gli obiettivi per le attività di quest?anno. In sostanza collaboratori e volontari sanno cosa devono fare negli 11 mesi che restano del 2004. Se a ciò si aggiunge che, ogni mese, è rendicontato il flusso di cassa per tenere sotto controllo la liquidità, ben si capisce perché Aiutare i bambini possa essere un modello anche per chi opera nel profit. E, per chiarezza e trasparenza nei riguardi dei donatori, l?ingegner Modena oltre al bilancio sociale, ormai diventato abbastanza comune per chi opera nel Terzo settore, da due anni fa certificare il bilancio, cosa abbastanza rara nel non profit. «I progetti proposti alla Fondazione sono tanti, perciò è necessario trovare un metodo razionale e oggettivo per selezionare quelli cui dare il nostro sostegno», afferma l?ingegner Modena che ha trasferito al non profit un metodo che in passato utilizzava nella sua azienda per valutare i fornitori: la scelta dei progetti viene fatta dando un punteggio a otto parametri diversi (elencati a lato) che caratterizzano la vita dei bambini e il progetto. Altro aspetto importante concerne la dimensione dei progetti che, per scelta, sono tutti di dimensione medio-piccola (dai 10 mila ai 100mila euro). L?intervento di Aiutare i bambini copre il costo totale del progetto, fino a un massimo del 50%: il resto lo deve assicurare chi richiede l?intervento della fondazione. Altro elemento da sottolineare è l?erogazione dei fondi direttamente al responsabile del progetto, che dev?essere «una persona che vive con i bambini». Ci si assicura così l?impegno personale del responsabile del progetto al raggiungimento degli obiettivi, e ciò è formalizzato con la stipula di un contratto etico. Altro punto cardine è la concretezza degli obiettivi da raggiungere: non si assegnano fondi a progetti poco chiari e con obiettivi non ben definiti. Quando il progetto è approvato dal cda, la gestione è fatta suddividendo il progetto in più parti, e le erogazioni sono fatte solo alla conclusione di una fase dei lavori. Un esempio è stata la costruzione della scuola elementare ad Awasa, in Etiopia. Nella prima fase sono stati acquistati il terreno e costruite le fondamenta. Il finanziamento erogato da Aiutare i bambini è stato pari a 5mila euro. Dopo aver controllato il termine della prima fase, si è passati alla successiva, con un?erogazione di 8mila euro per la costruzione dei muri perimetrali della scuola. Verificata l?opera, sono stati erogati 13mila euro per la costruzione del tetto e l?arredamento di aule e cucina. Il contributo totale di Aiutare i bambini è stato di 26mila euro e i beneficiari sono 450 bambini che, senza la fondazione, non avrebbero avuto alcuna possibilità di andare a scuola. «Ci teniamo moltissimo che tutti i nostri donatori capiscano dove vanno a finire i loro soldi. Col nostro metodo di gestione li possiamo informare nel dettaglio sulla destinazione delle loro donazioni», spiega Modena e, se il futuro del fund raising passa attraverso la trasparenza, l?ingegnere è di certo un precursore. Anzi un modello.


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