Psichiatria

Adolescenti: salute mentale e pandemia, piove sul bagnato

Gli epidemiologi del Mario Negri non evidenziano un serio peggioramento dei disturbi psichiatrici nelle aree lombarde più colpite dal Covid, ma registrano un incremento tra le ragazze di accessi al pronto soccorso e uso di psicofarmaci. Si potrebbe trattare di un'esacerbazione di una tendenza già in atto. Il San Gerardo sta conducendo un'analisi di lungo periodo per individuarne le cause.

di Nicla Panciera

Potrebbe non essere tutta colpa del Covid. La salute mentale degli adolescenti ha solo in parte risentito della pandemia: la letteratura scientifica documenta nel mondo un generale aumento tra gli adolescenti dei disturbi d’ansia e depressivi, dei disturbi alimentari e degli episodi di autolesionismo e ideazioni suicidarie in seguito alla pandemia di Covid. Ma, almeno per quanto riguarda la Lombardia, il peggioramento si è registrato nelle aree già più fragili, dove l’aumento risale al periodo pre-pandemico: «è verosimile che la pandemia abbia esacerbato un fenomeno che già stava accadendo» è il commento di Antonio Clavenna, responsabile del Laboratorio di epidemiologia dell’età evolutiva del Dipartimento di epidemiologia medica dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Ircss, tra gli autori di un lavoro che ha indagato come è cambiata la salute mentale dei giovani lombardi, guardando ai dati sanitari dei flussi di attività, stimando la prevalenza annuale per 1000 abitanti di visite, accessi in pronto soccorso e ricoveri per disturbi psichiatrici e anche alle prescrizioni di psicofarmaci tra il 2019 e il 2021. Il team ha anche eseguito un confronto per genere e per Agenzie di Tutela della Salute, per individuare eventuali differenze nelle zone più colpite dalla pandemia. Non sembra emergere una correlazione tra mortalità da Covid-19 e prevalenza di utilizzo delle risorse sanitarie per disturbi psichiatrici, nessun aumento nelle aree più colpite dalla pandemia, come si sarebbero aspettati gli epidemiologi del Mario Negri sulla base dei dati dei primi mesi che riportavano una maggior apprensione in quelle zone. L’aumento numericamente maggiore è stato registrato nelle zone dove già prima della pandemia esistevano questi problemi.

L’incremento nelle ragazze

Il maggior utilizzo delle prestazioni sanitarie ha riguardato prevalentemente le ragazze, in particolare per disturbi dell’alimentazione, disturbi dell’umore e autolesionismo. «È emerso che, nel periodo pandemico, nelle persone di età compresa tra 12 e 17 anni è aumentato il ricorso all’assistenza sanitaria per disturbi psichiatrici. Questo incremento ha riguardato, però, quasi esclusivamente le ragazze, in particolare per quanto riguarda la prescrizione di psicofarmaci e gli accessi in pronto soccorso» spiega Clavenna. Se l’incremento sembra essere minimo, «la situazione in parte cambia guardando i dati delle acuzie: tra il 2019 e il 2021, gli accessi al pronto soccorso sono aumentati del 15% tra le ragazze, mentre nei ragazzi sono diminuiti del 20%». Inoltre, si vede chiaramente che tra le ragazze la prescrizione degli psicofarmaci è aumentata del 40% dal 2019 al 2021.

Cosa lo studio non dice

Questo dato suggerisce ma non consente di concludere con certezza che le ragazze adolescenti abbiano risentito più dei maschi del Covid-19 e delle relative misure di contenimento. Come evidenziano gli autori, «non è possibile escludere che in parte queste differenze possano essere influenzate da una diversa propensione [nei due generi] a ricercare sostegno e aiuto per la propria condizione di disagio psicologico». Inoltre, nell’analisi «non sono state considerate le visite effettuate privatamente e i farmaci pagati direttamente dai genitori». Inoltre, «gli ansiolitici non sono rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale ed è quindi probabile che la prevalenza dell’uso di psicofarmaci sia sottostimata».

La cronica carenza di dati

Un lavoro importante, per la comprensione del fenomeno e per la pianificazione di futuri interventi. Lo pensa Massimo Clerici, professore ordinario di psichiatra dell’Università di Milano-Bicocca e direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Fondazione Ircss San Gerardo dei Tintori Monza, consapevole della cronica mancanza di dati affidabili che affligge molte specialità della medicina nel nostro paese, non solo i disturbi mentali. «Avere dati non omogenei e confrontabili non consente di fare un’analisi accurata della situazione. E tale carenza presta il fianco alla diffusa attitudine a una loro distorsione, in favore di una interpretazione spesso pesantemente viziata dalle proprie posizioni ideologiche, non di rado funzionale – nel caso delle tossicodipendenze, ad esempio –  alla promozione di politiche di proibizione o liberalizzazione» denuncia lo psichiatra, per anni consulente per la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze. Agire in modo efficace per tutelare i cittadini più vulnerabili diventa molto difficile.


Attendere i tempi di assestamento

Uno studio analogo a quello del Mario Negri, di cui Clerici è responsabile e che è in fase di analisi dei dati raccolti, guarda a un intervallo temporale più ampio rispetto agli anni della pandemia. «I flussi e le prese in carico ai servizi danno forse maggiori indicazioni nel lungo periodo. Guardare ai dati temporalmente più ravvicinati all’evento stressante non permette di capire chiaramente se si sta misurando una reazione acuta momentanea o una tendenza già in atto da tempo, su cui il Covid ha aggiunto ulteriori problematiche. Per gli adolescenti, si tratta di quelle associate al confinamento, che ha stravolto le relazioni con i proprio pari, e alla costante esposizione alla famiglia e alle sue dinamiche, spesso problematiche» spiega lo psichiatra, che fa un esempio: «Dopo l’attentato alle Due Torri, tutti i newyorkesi erano chiaramente in uno stato di shock, ma per misurare l’eventuale aumento nella prevalenza del disturbo post traumatico da stress, capendo così se a essere stati colpiti erano stati tutti i cittadini o solo i familiari delle persone coinvolte, è stato necessario attendere. I disturbi psichiatrici non sono immediati, richiedono del tempo per manifestarsi». A dimenticarsene, mette in guardia Clerici, si corre il rischio di psichiatrizzare tutto.

La stessa dinamica vale per gli effetti del Covid. Oggi, nella comunità internazionale c’è consenso sull’aumento dell’uso di sostanze, di disturbi alimentari e di comportamenti autolesivi; la letteratura è molto meno concorde, invece, sull’ansia e i disturbi dell’umore. «Tra le ragioni, i numerosi fattori di confondimento. Ad esempio, da tempo assistiamo a esordi globalmente sempre più precoci: per l’ansia si parte dai 5-7 anni; l’uso di nicotina, sostanza di ingresso nel mondo della dipendenza, è intorno ai 10 anni mentre marijuana e cannabinoidi a 12 anni; quindi, disturbi tra giovanissimi potrebbero essere dovuti a questo trend di esordi precoci e non solo alla pandemia» continua lo psichiatra. «Per quanto riguarda il consumo di psicofarmaci, ne monitoriamo le prescrizioni. Ma sono gli ansiolitici, quelli che magari si trovano già in casa e che vengono venduti spesso senza ricetta, a preoccupare di più perché particolarmente presenti nei comportamenti di abuso».

Parola d’ordine: agganciare i giovani

Per Clerici, che da specialista sa bene quali e quanti danni l’alcol e le droghe causano all’organismo, bisogna assolutamente aggredire l’attuale mercato delle sostanze. «C’è un mercato potente che definirei libero, le droghe sono ormai un bene di consumo che viaggia trasversalmente nella popolazione, proprio in relazione ai momenti più ludici. La sostanza di ingresso è la nicotina e il passaggio verso i cannabinoidi non va sottovalutato, essendo oggi decisamente potenziati di principio attivo, il Thc, che è passato dal 3% di un tempo al 25/30% di oggi, favorendo spesso l’uso di altre sostanze. Una transizione accelerata verso la comparsa di disturbi mentali è garantita» spiega Clerici. Il problema principale è soprattutto quello della tempestività della presa in carico: «Nel caso dell’uso di sostanze, noi misuriamo i dati di accesso ai pronto soccorso, ma poi i giovani spariscono, non vengono agganciati dai servizi di neuropsichiatria infantile, dai SerT o dai centri di salute mentale, e ce li ritroviamo poi a 25 anni con disturbi già cronicizzati».

Un sistema sanitario impoverito e in affanno

Il sistema sanitario è in grossa difficoltà, le neuropsichiatrie infantili hanno pochissimi posti letto e i tempi di attesa per una semplice valutazione sono di mesi; i dipartimenti di salute mentale nel loro complesso soffrono la carenza di organico. «È un impoverimento progressivo, aggravato dall’assenza di turn over dei colleghi che vanno in pensione e dalla mancanza di specializzandi» spiega Clerici che ricorda come questa situazione e la necessità di potenziare i servizi sia stata spesso denunciata dalla Società italiana di psichiatria Sip, di cui è vicepresidente. «In più, bisogna far fronte a nuovi bisogni, legati all’aumento del disagio sociale e del consumo di sostanze, dall’alcol alle droghe». Ritornando ai dati del Mario Negri, la crescita dei disturbi si può ricollegare anche alle differenze di genere, riflette Clerici, «perché da tempo è in corso una progressiva riduzione delle differenze negli stili di consumo di alcol e droghe tra maschi e femmine, tra le quali l’abuso è in netto aumento. Ciò potrebbe influenzare anche il trend di crescita di depressione e ansia, associate alle sostanze, ma già più rilevanti nel sesso femminile».

Infine, mette in guardia Clerici, non si creda che le conseguenze sulla salute mentale siano ancora da venire. «Certe conseguenze di lungo periodo le stiamo già vedendo, quindi la prima cosa da fare è informare. Dobbiamo far sapere che certe patologie più invalidanti, come la schizofrenia e il disturbo bipolare, chiedono dai 3 ai 7 anni per manifestarsi e chi usa sostanze ha un rischio di svilupparle aumentato dalle cinque alle sette volte». Allora, conclude lo psichiatra, «dovremmo smetterla di ragionare per categorie superate distinguendo droghe leggere e pesanti e di lasciar intendere che con una chiacchierata e una bella pacca sulla spalla si possano risolvere i problemi».

Foto di Thomas Kilbride su Unsplash

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.