Palestina

Diventeranno 12 i Paesi europei che riconoscono la Palestina. E l’Italia?

Il prossimo 21 maggio tre paesi europei, Spagna, Irlanda e Slovenia riconosceranno lo Stato di Palestina aggiungendosi agli altri nove che nell'Ue l'hanno già fatto. L'Italia non è fra questi. Chissà se i giovani che manifestano nelle università riusciranno a smuovere il nostro governo

di Paolo Bergamaschi

Ottobre 2029. Prima visita ufficiale del presidente Marwan Barghouti a Bruxelles dopo la nascita dello stato di Palestina. Con la sua missione Barghouti, da poco eletto al vertice del nuovo stato, intende rilanciare e approfondire le relazioni con l’Unione europea che, a sua volta, ha appena rinnovato i propri quadri. Il presidente della Palestina, inoltre, coglierà l’occasione per ringraziare pubblicamente l’Ue per il ruolo decisivo giocato dall’Europa nella soluzione del conflitto medio-orientale……Nessuna agenzia stampa, purtroppo, batterà mai questa notizia. È solo un esercizio di fanta-geopolitica.

Da più di vent’anni Marwan Barghouti è rinchiuso nelle carceri israeliane a seguito di una condanna a cinque ergastoli. Molti lo considerano il Nelson Mandela palestinese, l’unico in grado di mettere d’accordo le varie anime del variegato mondo arabo della Cisgiordania e della striscia di Gaza. Del suo rilascio si è parlato insistentemente in questi giorni nell’ambito delle complicate trattative fra Israele e Hamas, allo stato attuale inconcludenti, per un possibile cessate-il-fuoco. Ma, Barghouti a parte, anche il riferimento ad un ruolo decisivo giocato dall’Ue nella crisi di Gaza appare come un’illusione ottica, un ingannevole miraggio. Dal punto di vista diplomatico l’Unione non ha toccato palla. Le scontate frasi di circostanza celano a malapena le divisioni interne che paralizzano la politica estera comune europea vincolata alla regola dell’unanimità. Così il nostro storico senso di colpa nei confronti del popolo ebraico ci porta a chiudere gli occhi di fronte all’immane catastrofe umanitaria che sta vivendo il popolo palestinese come se due torti facessero una ragione annullandosi a vicenda. Non bastano gli ingenti aiuti umanitari come non bastano i finanziamenti che consentono all’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni unite che assiste i profughi palestinesi, di operare a salvare la nostra labile credibilità. Agli occhi dei paesi del Sud Globale la posizione dei nostri governi risulta irreversibilmente viziata da due pesi e due misure che ci portano ad un contorto strabismo geopolitico nel mettere a confronto la guerra in Ucraina con quella a Gaza. Ci salva, tuttavia, la mobilitazione pacifica di migliaia di giovani che in questi mesi stanno popolando le piazze e i campus delle università a sostegno della cessazione delle ostilità e della ripresa dei negoziati per arrivare davvero ad una soluzione sostenibile del conflitto. Se non saremo capaci di riprendere in mano il filo della diplomazia regaleremo definitivamente la questione palestinese all’estremismo e al terrorismo islamico, Iran e Hamas in testa, che approfittano delle incertezze dei paesi occidentali e delle ambiguità dei paesi arabi per qualificarsi come unici difensori di una giusta causa sul palcoscenico globale.

È giunto il tempo per la comunità internazionale di mostrare quella determinazione e risolutezza che sono fino ad oggi mancate. Bisogna avere la forza di dire chiaramente al governo di Tel Aviv che lo status quo è inaccettabile. Basta con l’ipocrisia di chi ha chiuso gli occhi di fronte all’espansione degli insediamenti in Cisgiordania e all’alterazione della sua composizione demografica in violazione di tutte le norme internazionali; basta con le annessioni unilaterali di pezzi di territorio palestinese. Israele deve scegliere fra la soluzione dei due stati che coesistono fianco a fianco in pace e sicurezza reciproca, ormai quasi impraticabile, oppure quella dello stato unico binazionale dove tutti i cittadini, indipendentemente se sono ebrei o arabi, godono degli stessi diritti.

L’Unione europea, in questo senso, può ancora fare molto se ambisce ancora a ritagliarsi un ruolo dato che è il principale partner commerciale di Israele e il più importante donatore di aiuti all’Autorità Nazionale Palestinese. Il prossimo 21 maggio tre paesi europei (Spagna, Irlanda e Slovenia) annunceranno il riconoscimento dello Stato di Palestina aggiungendosi agli altri nove che nell’Ue l’hanno già fatto. L’Italia non è fra questi. Chissà se i giovani che manifestano nelle università e nelle piazze riusciranno a smuovere il nostro governo in linea con buona parte dell’opinione pubblica oppure se questo si barricherà dietro al pretesto di non pregiudicare l’esito di negoziati già in precedenza pregiudicati. Il futuro presidente della Palestina ce ne sarebbe grato.                              


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