Africa

Piano Mattei, non si può lavorare in Africa senza gli africani

«Se l’Italia fa sistema il Piano Mattei può essere una grande chance per avviare una nuova partnership alla pari tra Italia, Africa ed Europa», dice Giampaolo Silvestri, segretario generale della Fondazione Avsi, durante un incontro dedicato al Piano Mattei a Codeway, manifestazione internazionale di cooperazione e sviluppo

di Alessio Nisi

Rispetto reciproco e centralità delle persone. Lo scambio culturale. La sicurezza umana, economica e sociale. La consapevolezza che la scarsa o cattiva comunicazione è il risultato del fallimento di qualsiasi programma o progetto. E poi ancora, l’importanza di incrementare la mobilità dei giovani e il commercio e il monitoraggio e la valutazione del programma di sviluppo. Moses Uyang, 39 anni, nigeriano, alla guida dell’ufficio giovani dell’Unione africana, non ha avuto il benché minimo timore di metterle una accanto all’altra. Consulente legale e attivista per i diritti civili, Moses ha guardato negli occhi il Piano Mattei e in sei minuti ha messo sul tavolo quelle che ritiene siano le sue condizioni di successo.

Soprattutto ha spiegato bene: il Piano Mattei deve allinearsi all’Agenda 2063 (documento firmato nel 2013 dai Capi di Stato dei governi africani per lo sviluppo inclusivo e sostenibile del Continente, e “manifestazione concreta della spinta panafricana verso l’unità, l’autodeterminazione, la libertà, il progresso e la prosperità collettiva”, si legge QUI).

L’Africa è l’Africa per l’Africa

«In quel documento», spiega, «è scritto che l’Africa non può essere usata da altri. L’Africa è l’Africa per l’Africa. Se volete lavorare per l’Africa dovete essere pronti a collaborare con l’Africa, con i leader africani e con il popolo. Non c’è modo di lavorare in Africa senza gli africani. Considerando inoltre le diversità dell’Africa, un continente con 54 diversi Paesi, con diversi modi di operare a livello commerciale, diversi modi di collaborare, diverse lingue e persone». 

I progetti scalabili

Quello di Moses è stato l’ultimo intervento (il sigillo?) di “Il Piano Mattei: casi di successo da scalare e criticità da risolvere”, appuntamento organizzato da Fondazone Avsi in apertura della seconda giornata dei lavori di Codewayexpo, la fiera della cooperazione allo sviluppo.

Al centro della giornata il Piano Mattei, gli esempi virtuosi da seguire e la necessità di pianificare gli interventi in maniera organica ma allo stesso tempo modulabile e capace di adattarsi alle esigenze di un continente, quello africano, tanto vasto quanto diverso. «La cooperazione italiana è fatta da tutti i soggetti che agiscono nel settore della cooperazione, dal singolo cittadino alle università, fino ai soggetti del Terzo settore. Lavorare insieme è la forza del sistema Italia», così nell’intervento di apertura Stefano Gatti, alla guida della Direzione Generale per la cooperazione allo sviluppo. 

Un sistema che ha trovato una declinazione nel Piano Mattei, i cui progetti poggiano, secondo il direttore dell’Agenzia italiana della cooperazione allo sviluppo – Aics, Marco Rusconi, «sull’immensa base delle mille iniziative che il Sistema Italia della cooperazione ha messo in campo e porta avanti nel continente africano». 

Dal patrimonio della cooperazione italiana


Dunque il Piano Mattei «viene dal patrimonio della cooperazione italiana di questi decenni. Un patrimonio fatto sia di interventi pubblici che dal lavoro e dall’opera di tanti soggetti come la società civile, le amministrazioni del paese, i sindacati, le università, le fondazioni e le imprese che sono il nuovo attore che si sta affacciando e si prepara ad usare gli strumenti che già esistono ed altri che stiamo immaginando per poter aumentare la loro potenzialità». 

Tra i progetti di successo presentati alla Fiera di Roma c’è stato spazio per Res4Africa, fondazione che opera a sostegno della transizione energetica dell’Africa, la cui missione è lavorare per creare condizioni favorevoli all’aumento degli investimenti nelle tecnologie energetiche pulite nel continente. E Cefa, organizzazione non governativa che da 50 anni lavora per vincere fame e povertà. Aiuta le comunità più povere del mondo raggiungere l’autosufficienza alimentare e il rispetto dei diritti fondamentali (istruzione, lavoro, parità di genere, tutela dei minori).

Le 7 parole chiave per la scalabilità

Il direttore di Aics Marco Riccardo Rusconi, nel trarre le conclusioni del panel, ha fissato sette parole chiave che delineano principi comuni delle quattro iniziative e in generale punti di forza del “modo italiano” di fare cooperazione: fattori abilitanti, adattabilità e flessibilità, innovazione, partenariato e ownership, inclusione, sostenibilità, scalabilità.

Il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti

In questo contesto va segnalato il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti opera attivamente anche nel campo della cooperazione allo sviluppo, agendo su fronti che vanno dal sostegno a progetti ad alto impatto ad attività di matching tra l’imprenditoria italiana e quella dei paesi partner. «Il fondo italiano per il clima», gestito da Cdp, «è il principale strumento finanziario italiano a supporto della finanza climatica e uno dei principali a supporto del Piano Mattei», sottolinea Paolo Lombardo, direttore della direzione cooperazione internazionale e finanza per lo sviluppo Cassa Depositi e Prestiti.

Mitigazione, adattamento e contrasto alla desertificazione

Per Lombardo «il fondo è qualcosa di cui dobbiamo essere orgogliosi, parliamo di 4,2 miliardi di dotazione per interventi in 4 anni». A questi, «sono stati aggiunti 200 milioni per attività di supporto alla creazione di progetti, soprattutto in Africa: una risorsa importante per il fondo. Il fondo è innovativo perché ci permette di operare con una gamma di strumenti molto ampia», con una grande capacità di adattarsi alle esigenze locali.

Sulla tipologia dei progetti, Lombardo spiega che questi devono «mirare alla mitigazione contro il cambiamento climatico, o di adattamento o di contrasto alla desertificazione».

Bamba Lassiné, rappresentante di Avsi in Costa d’Avorio

Piano Mattei, porta d’ingresso per buone pratiche

Tra i progetti scalabili c’è anche quello che ha per protagonista la formazione, l’education, e che è stato raccontato da Bamba Lassiné, rappresentante di Avsi in Costa d’Avorio. «Il Piano Mattei», spiega, «può essere visto come una grande porta d’ingresso, come una grande opportunità per sostenere le buone attività che la cooperazione italiana ha fatto in molti paesi». In questa chiave l’iniziativa «può aiutarci a scalare alcune delle nostre buone pratiche nelle attività di formazione in Costa d’Avorio, dove abbiamo lavorato con il governo per sostenere il sistema educativo attraverso un partenariato sostenibile con il Ministero dell’Istruzione. Abbiamo ottenuto buoni risultati che hanno avuto un grande impatto sul sistema educativo in termini di progettazione di curricula, costruzione di infrastrutture, rinnovamento della formazione degli insegnanti».

In apertura, da sinistra, Moses Uyang e Fabio Massimo Ballerini, consigliere Africa sub-sahariana ufficio del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei ministri (credits Alessio Nisi). Nel testo foto di CodewayExpo 2024

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