Welfare

Le carceri, ovvero i moderni vespasiani

Giochi e numeri che non quadrano.

di Sandro Calvani

Quelle sui carcerati sono statistiche rompicapo anche per gli addetti ai lavori. Nessuno è ancora riuscito a capire qual è la discriminante ideologica, culturale e sociologica che differenzia Paesi simili in termini di attributi economici e democratici ma diversissimi circa le attitudini a mandare la gente in galera e le abitudini di trattamento quando in galera ci sono arrivati. Gli Stati Uniti vincono ogni record di imprigionabilità dei propri cittadini con 1.799.502 persone private della libertà in 1.158 istituti penitenziari. Vanno in galera un imputato Usa ogni 14. Dopo l?11 settembre 2001, gli Stati Uniti si sono aggiunti ad altre nazioni che hanno detenuti senza accusa e senza accesso alla difesa. I vicini di statistica sono nazioni estremamente diverse dagli Usa per stato della democrazia, della ricchezza e della cultura: in Russia, Sri Lanka, Ucraina, Botswana e Sud Africa si incarcerano più di quattro cittadini ogni mille. Allo stesso modo è un misto Nord-Sud la lista dei Paesi che incarcerano meno di un cittadino ogni mille, tra cui l?Italia con 54.093 galeotti (0,94 per mille), insieme a molti Paesi europei ma anche a Papua Nuova Guinea (0,68 per mille) e Azerbaigian (0,3 per mille). Il record dei Paesi meno aggressivi verso i loro Caino sono le Maldive (0,02 per mille), l?Indonesia con 19.173 carcerati (0,08 per mille) e l?Islanda (0,29 per mille). Ma certo chi sta in galera non è solo un numero. Altrettanto difficili da interpretare sono le statistiche circa il trattamento dei reclusi, il rispetto dei loro diritti, la durata delle pene, la trasformazione della punizione in redenzione sociale. Molte leggi nazionali recepiscono i principi-guida sanciti dalle Nazione Unite e definiscono gli istituti di pena come strumenti per la riabilitazione. Ma al contrario, spesso condanne minori si trasformano in condanne a morte, per violenza all?interno di istituti sovraffollati e non educativi; o per trasformazione in peggio del carattere del recluso che muore in un conflitto a fuoco appena uscito di prigione; o peggio ancora perché i reclusi si infettano con il virus dell?Hiv che in prigione registra il tasso di infezione più alto al mondo. Punire per riabilitare dunque rimane un sogno. I muri che separano i ?cattivi? dalla società non migliorano la sicurezza di quelle comunità che usano solo le sbarre per difendersi. Un detto di George Bernard Shaw suggeriva che la qualità delle civiltà si vede dai gabinetti pubblici e dal trattamento dei rifiuti. Oggi che i wc sono migliorati e si riciclano molti rifiuti, potremmo parafrasare G.B.Shaw suggerendo che le parti sporche rivelatrici di una civiltà sono piuttosto le carceri.

Sandro Calvani è un dirigente delle Nazioni Unite. Vive e lavora a Bangkok, in Thailandia. Le opinioni qui espresse non rappresentano necessariamente l?opinione dell?Onu


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA