Famiglia

Ora ho fame. Della vita

Alessandra Piazza pesava 30 chili e aveva scritto una lettera a “Repubblica” per chiedere aiuto contro la malattia che le divorava l’anima e il corpo.

di Gabriella Meroni

Lorenzo è il più fedele. Quasi tutte le settimane le telefona da Napoli, e prima di tutto le chiede: «Come stai? Hai mangiato?», e poi, prima di salutarla, si fa promettere: «Questa sera, a cena, prendi un boccone in più. Solo per me». Davanti alle sue parole Alessandra cede. Quasi sempre. E mangia quel boccone in più. Lorenzo è uno dei tanti che hanno risposto alla lettera disperata che Alessandra aveva scritto al quotidiano La Repubblica per chiedere aiuto contro l?anoressia che le stava divorando l?anima. Una lettera a cui avevamo dedicato la copertina di Vita del 27 luglio dell?anno scorso, e a cui avevano risposto sei esperti. Quella copertina Alessandra non l?ha mai vista, ma adesso che la rigira tra le mani non sa dire altro che «grazie». Perché se piano piano, con paziente fatica, Alessandra è riuscita a sconfiggere la sua malattia è stato per l?affetto di tante persone che le sono state vicino e le hanno sussurrato, al telefono o per lettera, parole simili. Diciotto mesi dopo, ha scritto di nuovo alla Repubblica per dire che è cambiata, che ha ricominciato a vivere. «Sono sempre Alessandra, adesso, ma non più quella che ero. Sono più debole di prima, ma anche più forte». Alessandra, che di cognome si chiama Piazza e ha 22 anni, ci accoglie nella sua casa della provincia di Brescia dove vive con i genitori. Ha voglia di parlare, di raccontare. «Dopo la mia lettera sono successe tante cose. Anche se io vorrei di più, vorrei che tutto, a poco a poco, scomparisse». Che scomparissero i quattro anni che ha trascorso a pesarsi ogni mattina e ad esultare per un etto in meno e a stare male per aver mangiato una foglia di insalata in più. «Non sono guarita del tutto» ammette, anche se dopo aver recuperato 16 chili si sente molto meglio. «È che vorrei sentirmi più libera. Libera di mangiare quello che mia madre mi prepara. Invece non ce la faccio ancora». Alessandra racconta la sua storia. Sperando che sia d?esempio anche per altri. Prigioniera nel ?paese sconosciuto? «Non so perché ho smesso di mangiare» ricorda. «Un giorno una mia amica, abbastanza cicciottella, mi ha detto che voleva dimagrire. Mi faceva vedere le sue gambe, e all?improvviso è come se avessi visto le mie uguali alle sue. È stato come sentire un campanello d?allarme. E da lì è iniziato tutto. Ho cominciato a eliminare alcuni alimenti: prima la pasta, il pane, i dolci; poi il formaggio, la carne, le uova. A un certo punto ho praticamente smesso di mangiare, mentre cominciavo a cucinare per tutta la famiglia. Veder mangiare i miei mi saziava. Finché sono arrivata a pesare trenta chili: non potevo sedermi perché mi facevano male le ossa, non potevo stare in piedi perché ero troppo debole. Non ero più io, ma non me ne rendevo conto». Alessandra si interrompe. Cerca le parole più adatte a descrivere il ?paese sconosciuto di notte? di cui è stata prigioniera. «L?anoressia è una malattia dell?anima. Sembra che ci sia un?altra persona che entra in te e ti obbliga a fare quello che vuole, non più quello che vuoi tu. E c?è la solitudine. Ti senti sola, così sola che non hai la forza di gridare aiuto. Ti guardi intorno e non vedi nessuno. È questo che mi ha ucciso dentro. E forse per questo ho deciso di scrivere la lettera: per raccontare cosa era nascosto in me e nessuno riusciva a vedere. Nemmeno i miei amici di sempre. Avevo amiche che mi stavano vicino fisicamente, ma nessuna mi ha mai chiesto veramente come stavo. Poi hanno cominciato a scrivermi persone sconosciute. Le loro lettere cominciavano sempre con le parole che avrei voluto sentirmi dire: come stai? Per me è stata una scoperta: era possibile avere amici a migliaia di chilometri che mi capissero di più di quelli che stavano a cento metri da casa mia». Una grande scatola di cartone Alessandra conserva tutte le lettere che le sono arrivate in una grande scatola di cartone. Di ciascun corrispondente cita a memoria spezzoni di frasi, parole significative, saluti. C?è uno psicologo che le ha offerto consulenza gratuita, un istruttore di guida che aveva creduto di riconoscere in lei una sua allieva, un?altra ragazza, anoressica da dieci anni, che si aggrappa a lei quasi come a una zattera. Sperando di salvarsi a sua volta. «Un medico di Brescia è riuscito a scuotermi dicendo che se avessi continuato a non mangiare sarei diventata sterile. Davanti a questa prospettiva sono rimasta interdetta, non avevo più niente da ribattere. Le anoressiche sanno sempre cosa dire: io ero bravissima a mentire, a nascondermi, a giustificare, a promettere. Ma di fronte alle parole di quel medico sono rimasta spiazzata. E ho capito che dovevo decidere: vivere o morire. Io ho deciso di vivere. Ho deciso di chiedere aiuto, di sfogarmi. Anche per scrivere ho dovuto trovare un coraggio che non c?era. Lo stesso che ogni mattina mi faceva svegliare con il desiderio che arrivasse il postino. Ora so che l?anoressia ha cancellato la ragazza piena di vita che ero, ha portato via la parte migliore di me. Però mi ha lasciato la vita. Chi devo ringraziare? Me stessa, innanzitutto. Poi i miei genitori, il mio ragazzo. E tutti quelli che mi hanno scritto. Adesso ho ricominciato a lavorare, a uscire. Vado anche a mangiare fuori. Il mio prossimo obiettivo è riuscire a mangiare metà pizza. Sono ancora ferma a un quarto… e un boccone. Quello per Lorenzo».


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