Famiglia

Hard discount, tu salvi i consumatori

Potenza degli sconti. La quota di mercato dei supermercati senza fronzoli è cresciuta di un punto nell’anno appena trascorso.

di Ida Cappiello

Sarà che è tempo di saldi, sarà che le tasche degli italiani sono sempre più vuote, ma anche nel settore alimentare il marketing sta puntando tutto sugli sconti e le offerte promozionali (perfino sottocosto) per attirare i clienti. Ma moltissimi italiani rimarranno insensibili a ogni richiamo: per loro le catene tradizionali della grande distribuzione rimangono troppo care. Per loro, ormai, non esistono che gli hard discount.
Le cifre parlano chiaro. Nel 2003 il ?supermercato dei poveri? ha aumentato la propria quota di vendite di circa un punto percentuale, dal 5,5% al 6,4: non sono dati ufficiali (dato che l?hard discount non è classificato dall?Istat) ma stime della rivista specializzata GdoWeek.
Può sembrare poco, ma non lo è se pensiamo che ogni famiglia italiana, secondo l?Istituto nazionale di statistica, spende in media 5mila euro l?anno solo per gli acquisti alimentari, di cui 330 proprio al discount.

La punizione della marca
L?arrivo in Italia del negozio senza fronzoli non è di oggi. Fino a una decina di anni fa non esisteva niente del genere; nel 1993 sono arrivati i primi Lidl, un?insegna tedesca fortissima nel Paese di origine. Non erano i poveri, o chi si sentiva povero o impoverito, a entrarci, ma persone che volevano in qualche modo punire le grandi marche.
Niente a che vedere con l?etica e la globalizzazione; c?è di mezzo un piccolo fatto, che vale la pena di ricordare. All?inizio degli anni 90, la Barilla decise di dare un taglio netto alle interminabili raccolte punti a premio; basta con i giochini del Mulino Bianco e i servizi ?da dodici? di piatti dei maccheroni, fece sapere l?azienda simbolo della pasta italiana, in compenso abbassiamo il prezzo. Altre aziende note seguirono.
I consumatori non la presero bene. Si fecero l?idea che i prodotti di marca costano di più per via dei punti e non della qualità, e si vendicarono andando al discount: una piccolissima rivoluzione culturale che in quegli anni tolse il sonno a tanti manager di aziende famose. A fine decennio, il riflusso: i premi sono tornati alla grande, gli improvvisatori del basso prezzo hanno chiuso e sul mercato sono rimasti gli specialisti: oltre a Lidl, Penny, fondato da Esselunga e oggi di proprietà di un altro colosso tedesco, la Rewe, e Di.Co di Coop Italia.

Trucchi per risparmiare
Nell?era dell?euro si ritorna al discount davvero per risparmiare, e si risparmia davvero, anche il 40% rispetto alla marca pubblicizzata. Come fanno? Non solo vendendo prodotti generici o lasciando la merce negli scatoloni, ma anche con tecniche commerciali più sofisticate.
“Lidl si fa produrre in esclusiva grandi stock di merci a termine, cioè una tantum”, spiega Luigi Rubinelli, direttore di GdoWeek. “È una tecnica usata anche dalle grandi catene di abbigliamento popolare, come per esempio Zara o H&M: gli articoli, una volta esauriti, non si vedono più, non vengono più messi in produzione. In questo modo il costo scende”.
Magari non si compra tutto, al discount. “Le merci più vendute sono i detersivi e lo scatolame, ma anche i piccoli casalinghi o gli articoli tessili per la casa o l?abbigliamento”, prosegue Rubinelli. Lidl, ad esempio, oggi ha un assortimento in gran parte non alimentare. La tecnica è quella della spesa ?segmentata? a caccia della convenienza: i detersivi al discount, la verdura al mercato rionale (la bancarella non conosce crisi), i surgelati al supermercato, e così via.

Stranieri anche dietro il banco
Ma queste case popolari del consumo hanno anche un pubblico di frequentatori abituali: gli immigrati. Secondo una ricerca degli Istituti italiani di ricerche di mercato aderenti ad Assirm, realizzata negli ultimi mesi del 2003 su un campione di 819 extracomunitari, alla domanda “negli ultimi tre mesi, in quali negozi le è capitato di fare più spesso la spesa?” il 53% ha indicato l?hard discount.
Tuttavia, è dietro al bancone che l?immigrato è il vero protagonista. Non c?è bisogno delle statistiche, basta entrare in un Lidl o in un Penny di qualsiasi città italiana per trovarsi in un microcosmo a mille colori. Il sindacato, e forse anche l?Inps, non sembrano di casa qui dentro.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.