Ambiente e salute

C’è un giudice a Roma. E ordina di salvare il Lago di Vico

È una sentenza storica, quella con cui il Consiglio di Stato obbliga la Regione Lazio a ripristinare l'ecosistema del Lago di Vico, dopo decenni di degrado ambientale. L'area protetta, soffocata dalle coltivazioni intensive di nocciole, non fornisce più da anni acqua potabile ai cittadini di due comuni. Per Giorgia Gaibani, di Lipu, si tratta di un precedente che farà scuola. Ora il passaggio chiave è il dialogo con gli agricoltori

di Elisa Cozzarini

«Siamo a una svolta, per il diritto della biodiversità in Italia», è il commento dell’avvocato Francesco Maletto, della ong internazionale ClientEarth, all’indomani della sentenza definitiva e non più appellabile, con cui il Consiglio di Stato ha imposto alla Regione Lazio di adottare, entro sei mesi, misure efficaci per contrastare l’inquinamento del Lago di Vico, in provincia di Viterbo.

Decenni di contaminazione hanno portato a una situazione di degrado insostenibile, all’interno di un’area protetta della rete Natura 2000. Fino a oggi, le istituzioni non hanno preso provvedimenti efficaci per difendere l’ambiente e la salute dei cittadini. In particolare, nei comuni di Ronciglione e di Caprarola, l’acqua non è potabile da anni. Il lago, di origine vulcanica, non ha immissari, raccoglie le acque piovane e di dilavamento. Sulle sue rive, da sempre si pratica la corilicoltura, cioè la coltura del nocciolo, ma dagli anni Settanta la produzione ha cominciato ad aumentare, tanto che oggi si parla di monocoltura.

Tanta chimica nell’acqua del lago

Fertilizzanti e pesticidi si riversano nel lago e compromettono la qualità dell’acqua. L’eccesso di nutrienti, infatti, in alcuni periodi dell’anno, porta all’eutrofizzazione e alle fioriture del cianobatterio Plankthotrix rubescens, noto come alga rossa, che rilascia una sostanza chimica cancerogena e tossica, e di altri cianobatteri. L’inquinamento è noto da decenni. È stato oggetto di ricerche da parte di molti enti e università, come l’Istituto superiore di sanità, il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Università della Tuscia, La Sapienza, Roma Tre…

Nel 2022, ClientEarth e Lipu hanno prima inviato lettere di diffida alla Regione Lazio, ai Comuni di Ronciglione e Caprarola, agli enti gestori del servizio idrico e alla Ausl di Viterbo, chiedendo il rispetto delle normative nazionali e dell’Unione europea. Viste le risposte insoddisfacenti, hanno deciso di avviare la fase giudiziaria, che si è appena conclusa. «Questa sentenza chiarisce una volta per tutte che protetto significa protetto. Le autorità non possono stare a guardare e permettere che l’agricoltura intensiva degradi in modo irreversibile questo importante territorio. Il tribunale si è spinto più in là di quanto fatto in precedenza, non solo chiedendo alle autorità di porre fine ai comportamenti dannosi, ma anche di invertirne la rotta», spiega l’avvocato Maletto.

Un precedente che conterà

Giorgia Gaibani, responsabile Natura 2000 e Difesa del territorio della Lipu, commenta: «La sentenza sul Lago di Vico è un precedente importante, un caso emblematico che fungerà da riferimento per situazioni analoghe, in cui pratiche agricole intensive minacciano aree naturali protette. Il mancato rispetto della Direttiva Habitat sta provocando la distruzione dei fragili ecosistemi lacustri, compresi i terreni necessari alla coltivazione delle preziose nocciole italiane. Questo modo insostenibile di fare agricoltura comprometterà la capacità della natura di provvedere negli anni a venire, come sempre ha fatto, alle comunità del luogo».

Sei mesi, però, non sono molti, per trovare una soluzione a una situazione di degrado così grave. «Nessuno ha la bacchetta magica. Ma la sentenza dimostra che il Consiglio di Stato ha colto l’urgenza di intervenire e la Regione ora ha l’obbligo di individuare misure specifiche, non solo per fermare il degrado, ma anche per riportare il lago a un buono stato di conservazione, con misure attive. Ci auspichiamo che vengano individuate d’accordo con le esigenze degli agricoltori, che si vada cioè verso pratiche meno intensive e più rispettose dell’ambiente e della salute».

Il nodo colture di nocciole

Le colture intensive di nocciole sono aumentate non solo sulle sponde del Lago di Vico, ma in tutto il Lazio, anche per rispondere alle richieste del “Progetto Nocciola Italia”, di Ferrero Hazelnut Company, controllata del Gruppo Ferrero. In una nota congiunta, Lipu e ClientEarth spiegano: «Nell’intento di garantire alla produzione del colosso dolciario un approvvigionamento di nocciole coltivate prevalentemente in Italia, il progetto ha come obiettivo quello di aumentare gli ettari dedicati alla coltivazione del nocciolo del 30% entro il 2025. Significa creare dal nulla – o meglio, da un suolo destinato ad altro – 20.000 ettari di coltivazioni in aggiunta a quelle esistenti, ubicati principalmente del Lazio e nella provincia di Viterbo».

Un obiettivo che dovrà fare i conti con l’esigenza di fermare l’inquinamento delle acque.

Foto di Armando Di Marino


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