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Enti non commerciali, cosa prevede l’articolo 151 del nuovo Tuir

Se l'attività commerciale è prevalente, la perdita di qualifica ha effetto retroattivo. Escluso dalle disposizioni solo lo sport dilettantistico

di Benedetta Verrini

Le ipotesi di perdita della qualifica fiscale di ente non commerciale, per gli enti non profit che svolgono attività commerciale prevalente rispetto a quella istituzionale, sarà regolata dall’articolo 151 del nuovo Tuir: il caso è analizzato in modo approfondito in una scheda pubblicata sul sito del notiziario on line dell’Agenzia Entrate (www.fiscooggi.it). La perdita di qualifica ha effetto retroattivo. La norma, infatti, ha una finalità antielusiva: evitare che soggetti giuridici, con artificiose formalità statutarie, possano illegittimamente beneficiare del regime fiscale meritevole di tutela. La perdita della qualifica fiscale di “ente non commerciale” è determinata dal superamento di “indici di commercialità” che causano la prevalenza dell’esercizio di attività commerciale rispetto a quella istituzionale per un intero periodo d’imposta. Ma queli sono questi “indici di commercialità”? Fiscooggi ricorda la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 12 maggio 1998, n. 124/E, con cui “l’amministrazione finanziaria ha fornito una serie di indicazioni e di parametri per la valutazione di elementi economico-patrimoniali utili alla costruzione di un iter logico mediante il quale giungere a conclusioni ragionevoli e convincenti sull’effettiva attività esercitata dagli enti non commerciali”. Tali parametri sono: 1. prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività – tra le immobilizzazioni relative all’attività commerciale devono comprendersi tutte le tipologie indicate nell’articolo 2424 del codice civile, e cioè le immobilizzazioni materiali, quali fabbricati, impianti, macchinari, automezzi, mobili, nonché le immobilizzazioni immateriali, quali brevetti, diritti d’autore, avviamento, spese di impianto, le immobilizzazioni finanziarie e gli investimenti relativi alle attività istituzionali, ivi compresi gli investimenti relativi alle attività decommercializzate. 2. prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali 3. prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative 4. prevalenza delle componenti negative inerenti all’attività commerciale rispetto alle restanti spese; questi elementi devono comunque essere verificati nel concreto ai fini della valutazione dell’effettivo svolgimento di attività commerciale prevalente da parte dell’ente i parametri sopra indicati. Per quanto riguarda la retroattività della norma, viene sottolineato che in presenza di attività commerciale prevalente per la maggior parte del periodo d’imposta, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale a decorrere dall’inizio del medesimo periodo. Il significato dell’espressione “intero periodo d’imposta”, contenuta nel comma 1 dell’attuale articolo 111-bis (articolo 151 del nuovo Tuir), spiega ancora il notiziario delle Entrate, è stato chiarito dalla citata circolare n. 124/E, la quale ha stabilito che “tale lasso di tempo costituisce soltanto una proiezione temporale di osservazione dell’attività dell’ente, essendo poi sufficiente, per valutare la prevalenza dell’attività commerciale, che tale prevalenza sussista per la maggior parte del periodo d’ imposta”. L’attuale comma 3 dell’articolo 111-bis (articolo 151 del nuovo Tuir) prevede che il mutamento di qualifica dell’ente opera a partire dal periodo d’imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni. Questo comporta, ammette Fiscooggi, “gravi ripercussioni sulle modalità di determinazione del reddito delle organizzazioni”. Infatti se l’associazione perde la qualifica di ente non commerciale, “per effetto di quanto disposto dall’attuale articolo 95 del Tuir (articolo 80 del nuovo Tuir), il reddito complessivo degli enti commerciali, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito di impresa soggetto a Ires, con l’immediata conseguenza che non avrebbe più alcun rilievo la distinzione operata precedentemente tra attività istituzionali e commerciali al fine di poter beneficiare dei regimi agevolati”. Restano escluse da queste disposizioni, invece, le associazioni sportive dilettantistiche (come gli enti ecclesiastici). Attraverso l’articolo 90 (comma 11) della finanziaria 2003, infatti, è stata prevista la non applicabilità a questi soggetti delle disposizioni sulla perdita della qualifica di ente non commerciale.


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