Famiglia

E andammo a cercare i bambini invisibili

Ernesto Caffo, il fondatore di Telefono Azzurro, parla di "anni in cui la violenza domestica era considerata una rarità. E tanti minori non avevano voce".

di Benedetta Verrini

Professor Caffo, com?era la percezione dei diritti dei bambini dieci anni fa? Ernesto Caffo: Da un lato, la sensibilità per i problemi dell?infanzia c?era già, soprattutto nel privato sociale. Molto meno nelle istituzioni, dove i poteri e le responsabilità erano fortemente frammentati e la preoccupazione prevalente riguardava l?assistenza e la cura fisica dei bambini. Le aree del disagio, della violenza intrafamiliare, degli abusi ricevevano poca attenzione e si ritenevano limitati a pochi casi eccezionali, ad ambiti di assoluta marginalità sociale. Vita: Non dev?essere stato un cammino facile per Telefono Azzurro. Caffo: Infatti, non lo è stato. Per alcuni temi siamo stati davvero dei pionieri. Penso al grande lavoro di sensibilizzazione per la condizione dei bambini stranieri, che in Italia sono stati a lungo ?bambini invisibili?, non censiti, non seguiti nei loro percorsi migratori. è stato un argomento difficilissimo da divulgare, perché era considerato marginale. Come quello dei bambini in carcere con le loro mamme. Ci siamo battuti fin dall?inizio per giungere a una legge che li tutelasse. Resta il grave problema di migliaia di bambini che non riescono a incontrare i genitori detenuti se non in situazioni fortemente limitanti: per questo Telefono Azzurro si è impegnato per la creazione di ludoteche interne al carcere. Vita: Quali sono state le conquiste più importanti? Caffo: Al primo posto mi piace mettere la sensibilizzazione. Quella degli adulti, che hanno finalmente capito che i bambini hanno diritti fin dal primo momento in cui vengono pensati e concepiti. E poi, la sensibilizzazione dei bambini stessi. In questi anni li ho visti prendere coscienza dei loro diritti, consapevoli di poter chiedere aiuto, diventando soggetti attivi di scelte politiche e prassi sociali. Vita: E poi? Caffo: E poi c?è stata la diffusione del centralino telefonico e la creazione di una piattaforma europea di linee telefoniche per l?infanzia. C?è stato un lavoro di indagine qualitativa e statistica culminato nel Rapporto infanzia del Telefono Azzurro, giunto al suo quarto anno. C?è stato un approfondimento sul tema della comunicazione e della privacy, inquadrato nella Carta di Treviso. L?ultimo fronte è la tutela dei bambini in situazioni di emergenza. Lo abbiamo visto nei casi di terremoto e di alluvione, nei conflitti: quando la comunità è sottoposta a gravi momenti di crisi perde di vista la fragilità dei bambini. Per questo stiamo lavorando sulla formazione degli operatori, di chi si trova in prima linea, dal personale sanitario fino alla polizia. Vita: Ci sono stati anche momenti negativi, questioni rimaste irrisolte? Caffo: Tutte le volte che questo impegno non è stato condiviso. Tutte le volte che dietro a dichiarazioni pubbliche, a promesse elettorali di grande impatto, non ci sono state le risorse per realizzare. La protezione dell?infanzia va inserita in Finanziaria: ha bisogno di quel sostegno economico necessario a costruire una rete di servizi, a formare gli operatori, a prevenire. Vita: Ci sono tre temi in agenda nel 2004: l?istituzione del difensore civico per l?infanzia, la riforma della giustizia minorile, la chiusura degli istituti. Quale ritiene prioritario? Caffo: Difficile. Il garante per l?infanzia potrebbe essere una figura strategica per la prevenzione, per realizzare un lavoro ?sul campo? di monitoraggio e tutela. La riforma della giustizia minorile è senz?altro un tema importante, ma per me è secondario rispetto alla prevenzione: la giustizia deve essere un po? l?ultima strada. Il problema degli istituti è senz?altro il più grave, ma non può essere risolto in modo superficiale, cambiando solo la facciata e le caratteristiche organizzative dell?accoglienza. Bisogna lottare perché la presa in carico di questi minori presso le comunità d?accoglienza non resti cronica, a lungo termine, senza speranze. Per questo la sfida è a monte. è sull?accompagnamento delle famiglie in difficoltà, sulla diffusione e il sostegno di strumenti come l?adozione e l?affido, sulla formazione degli operatori, dalla scuola ai servizi sociali, perché siano capaci di cogliere i segnali di disagio e sappiano intervenire precocemente. Facciamo prevenzione, insomma. è la strada più difficile e costosa, ma è quella giusta. Non è sempre così, nella vita?


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