Non profit

La raffica del novanta4

Nel giro di pochi mesi nacquero Vita, Banca Etica, Forum, Transfair, l’Associazione delle ong. Segno che i tempi erano davvero maturi. L’Italia scopriva il Terzo settore.

di Luigi Bobba

A ben guardare, questi 10 anni per il Terzo settore, il mondo del non profit, sono stati anni costituenti. Il giudizio potrebbe apparire enfatico, ma non lo è. Basta ripercorrere il tragitto e constatare come siamo cambiati, come questo universo di soggetti è stato investito da una trasformazione imponente, impensabile per gli stessi protagonisti. Parto da un fatto recente: Acli, Arci, Compagnia delle Opere decidono di realizzare insieme un progetto di intervento nel sociale finanziato dalla legge 383. Se qualcuno nel 94 avesse formulato una simile proposta, si sarebbe scontrato con un muro di diffidenze, di precomprensioni. Forse la proposta non era neppure formulabile. Oggi è praticabile. Non per la bontà dei soggetti coinvolti , ma perché esiste un tessuto comune di relazioni, di valori, di pratiche sociali da rendere la collaborazione ?normale?, ordinaria, possibile. Ciò che è stato seminato, comincia a generare dei frutti. E questo non è che uno dei tanti. Il Terzo settore, espressione che nel 94 era utilizzata solo da pochi specialisti, ha acquisito una visibilità e un riconoscimento del tutto diversi, o quasi, ai primi 50 anni della storia della Repubblica. I segnali di questa visibilità sono sotto gli occhi di tutti: la nascita di uno strumento autonomo di rappresentanza, il Forum del Terzo settore; lo sviluppo di uno strumento finanziario del mondo non profit: Banca Etica; un settimanale di battaglia e di servizio: Vita; una fiera dell?economia sociale: Civitas; un marchio del commercio equo e solidale: Transfair; un?associazione di tutte le ong che operano nel campo del volontariato internazionale e della cooperazione allo sviluppo. Ormai c?è una rete organizzata in grado di assicurare autonomia nell?esercizio della rappresentanza, nella gestione della comunicazione, nello sviluppo di imprese sociali. La visibilità ha portato, a poco a poco, ad ottenere dal sistema istituzionale riconoscimento e nuova regolazione dei soggetti non profit. Ne sono una testimonianza il decreto legislativo 460 del dicembre 1997 che introdusse una nuova disciplina fiscale delle organizzazioni non lucrative; l?approvazione della legge 383 sulle associazioni di promozione sociale alla fine del 2000; la chiamata in causa nella legge 328 di riforma dei servizi socio-assistenziali dei soggetti di Terzo settore quali attori del nuovo welfare, e poi la nascita di corsi di laurea e master universitari per figure professionali e quadri delle organizzazioni non profit; e ancora la decisione dell?Istat (finalmente) di condurre rilevazioni sistematiche sul mondo associativo. Ma soprattutto l?introduzione, nel nuovo articolo 118 della Costituzione, del principio della sussidiarietà orizzontale (per il quale vennero raccolte 1 milione di firme) per cui la Repubblica s?impegna “a favorire l?autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. A ben vedere si tratta di un vero giro di boa: le autonomie sociali entrano pienamente nella Carta costituzionale e sono riconosciute come attori in grado di generare valore pubblico; sono cioè soggetti della ?res pubblica?. Autonomia, visibilità, riconoscimento: la missione può dirsi compiuta? Una pagina importante della storia dei soggetti della sussidiarietà e della solidarietà è stata scritta. Ma non è certo tempo di tornare a casa. Anche perché nelle società democratiche nulla è irreversibile e il primo impegno che ci sta di fronte è di rendere fruttuoso questo riconoscimento avuto dalle istituzioni, dalle leggi, dalla pratica della concertazione. C?è una pagina nuova ancora tutta da scrivere: da scrivere insieme, forti della nuova identità condivisa e dei molti strumenti che la rete ha generato. Vedo due priorità. La prima: portare a compimento un corpus di leggi tali da rendere la regolazione del Terzo settore più europea. Mi riferisco alla legge delega per il riconoscimento dell?impresa sociale; alla definitiva approvazione del disegno di legge sulle donazioni promosso da Vita e dal Forum del Terzo settore; alla revisione della legge sulle organizzazioni di volontariato; alla riforma da lungo attesa, del Codice Civile in quei capitoli che riguardano il mondo associativo; al riconoscimento della finanza etica come originale strumento per generare, attraverso il risparmio, valore sociale. La seconda è quella più impegnativa: creare un ?laboratorio culturale? del non profit. Per fare insieme, occorrono un sogno, una visione, pensieri comuni. Questi non nascono per caso: chiedono un luogo, anche simbolico, di riflessione, di studio, di ricerca. Solo così potremo lanciarci in nuove avventure. Ci sentiamo, ci percepiamo come soggetti originali, autonomi e vitali della democrazia del nostro Paese; non ci fa paura inoltrarci nei territori recintati della comunicazione, dell?economia e della politica. La nostra sfida la vogliamo portare lì, dentro le istituzioni, nel mercato, nel mondo dell?informazione. Fedeli al cuore antico dei valori comuni delle nostre realtà associative: persone libere impegnate per una comunità più solidale.


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