Welfare

Le mie carceri fuorilegge

"L’attuale situazione è al limite della legalità. Il trattamento rieducativo dei detenuti è molto modesto, prevale una semplice attività di custodia".

di Cristina Giudici

«Presidente, la borsa è pesante, meglio che la teniamo noi». Non l?avessero mai detto, gli uomini della scorta: Alessandro Margara da poche settimane a capo del sistema penitenziario italiano, è uomo schivo, si schermisce non solo di fronte ai mass media ma anche di fronte ai suoi uomini. Infatti dice: «Non mi pesa affatto». Sessantasette anni, toscano, già magistrato del Tribunale di sorveglianza di Firenze, Margara ha l?aria stupita, a metà fra un grande saggio e uno scolaro discolo, mentre cammina con la sua borsa di cuoio invecchiata ben stretta nelle mani, che contiene lo ?Schema di interventi da operare nelle strutture carcerarie?. Entrando nella sala del convegno preannuncia che lui non sa parlare. Sembra così innocente, eppure dalla sua mano è appena uscito un documento di 15 pagine al vetriolo, una sorta di memorandum per i direttori e operatori dei 236 carceri della penisola che sembra scritto non dal direttore delle carceri ma dal più radicale dei riformatori. Cerchiamo di capire tallonando Margara: «Cosa vuole che le dica, speravo che rimanesse un po? più segreto, cosa vuole che le dica ancora: è tutto scritto lì…». In effetti, il presidente, un giurista che ha dedicato la sua intera esistenza a cercare di applicare la riforma penitenziaria e ha rimbalzato come un ossesso da un muro di gomma all?altro, ?lì? ha scritto veramente tutto. Un trattato di ordinamento penitenziario che è una radiografia spietata del sistema delle carceri e allo stesso tempo una proposta di riforma dei tre livelli che compongono la struttura penitenziaria. Una critica, ma anche un?ordine: attenetevi alle leggi. Sì perché, facendosi scudo delle leggi e delle norme dell?ordinamento penitenziario che dispongono il trattamento rieducativo del condannato (L. 354 del 1975), Margara spara una raffica di mitra, seppur con motivazioni tecniche, contro lo stato attuale delle carceri. «La situazione attuale non corrisponde, nella quasi totalità degli istituti, a quanto previsto dalle legge», scrive nella prima parte del documento. «…L?attività trattamentale è molto modesta, prevale una semplice attività di custodia, nella quale il mantenimento dell?ordine e della disciplina diviene il fine o non il mezzo per lo svilupparsi dell?azione trattamentale». «…Il regime di vita dei detenuti si articola in lunghissime permanenza in cella… Poco incentivata l?attività scolastica e ancora più insufficiente la formazione professionale. Modestissime e in diminuzione le occasioni lavorative…». Allora, presidente, come la mettiamo? «Beh, è semplice, gli istituti che abbiamo non sono come vengono prescritti dalla legge; i detenuti sono soggetti a delle chiusure (delle celle – ndr) di 16-18 ore al giorno e, anche le poche attività che si fanno, vengono realizzate in cella. La reclusione così ristretta, aggravata dal sovraffollamento, va contro la legge. Per non parlare dei reparti di Alta sicurezza dove l?amministrazione penitenziaria che io rappresento non permette a nessun operatore di metterci piede». Cosa vuol dire che si va contro la legge? «Che di lavoro ce n?è pochissimo, così come di corsi di formazione, e agli istituti non rimane che inventarsi dei miracoli. Costringere i detenuti a stare chiusi in cella a non far nulla è avvilente e aggiungere sofferenza alla sofferenza non serve a nessuno, né a chi sta dentro né a chi sta fuori. Fino a quando non daremo un po? di respiro alla pena, non saremo in grado di sapere se il reinserimento è possibile o no. Ma secondo lei far fare lo scopino a un detenuto si può chiamare trattamento risocializzante? O forse dovremmo considerarlo un progresso culturale? Il lavoro deve essere d?altro tipo, l?istruzione deve essere significativa e le celle devono servire solo per dormire ». Ma la critica dell?ex magistrato non si limita alla mancanza di attività rieducative: si spinge ben oltre. Tocca il tasto delicato dei trasferimenti punitivi («occorre valutare bene – scrive nel suo rapporto – l?uso dei trasferimenti a sfondo disciplinare (…) Ci si riferisce alle varie forme con cui i singoli istituti cercano di liberarsi dei soggetti scomodi. (…) Sarebbe preferibile intervenire sui problemi invece di allontanarli». E, più avanti, denuncia l?eccesso di sorveglianza e disciplina: «Il mezzo disciplinare non deve sfuggire di mano a chi lo usa. Eventuali degenerazioni violente vanno individuate e represse». Poi il presidente Margara parla del diritto alla salute calpestato: «(…)L?incompletezza o il ritardo delle cure innescano soltanto una contrapposizione con gli operatori. (…) Una migliore vivibilità del carcere attraverso un diverso regime di vita e la presa in carico dei soggetti più critici con un trattamento e non una semplice controllo di sorveglianza speciale, può consentire di incidere sul problema dei suicidi in carcere, in allarmante aumento». Infine Margara attacca sulla formazione del personale di polizia, gli e ducatori e gli assistenti: «Gli educatori – si legge nel documento – sono in netto calo, mentre occorre portare a regime l?organico attuale della polizia. (…) Vi sono numerose questioni aperte che generano conflittualità», ma «che potrebbe venire superata se andrà in porto il raddoppio degli organici degli assistenti sociali previsti dal progetto di legge Simeone». Quindi il garantismo paga, dottor Margara? «Se il garantismo significa non maltrattare le persone, allora non essere garantisti vuol dire maltrattare le persone e allora non si può che essere garantisti. O no?» Non trova che il suo programma sia un po? utopico? «L?utopia fa bene allo spirito. E poi non voglio fare altro che applicare la legge». Intanto gli ? angeli custodi? che hanno seguito Margara fin qui, a Padova, dove è intervenuto a un convegno che aveva come oggetto di discussione i maltrattamenti in carcere, non lo perdono di vista un attimo. Lui, ex presidente della magistraura di sorveglianza, che per anni si è dedicato a tirare fuori con permessi e concessioni di misure alternative detenuti che altri magistrati cercavano di rimettere in galera, alza gli occhi, fa un sospiro e raccomanda: «Occhio al titolo del suo articolo, per favore». ?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA