Non profit

Quei Villaggi scomodi

I bambini, una realtà da non "istituzionalizzare"

di Riccardo Bonacina

In merito all?articolo del 28 novembre 1997 ?Affetto di mamma nei Villaggi SOS? spiace che abbiate dato spazio a una iniziativa assolutamente negativa.
Com?è previsto dalla legge 184 del 1983, i minori hanno diritto di restare nella loro famiglia d?origine, che, se idonea, deve essere adeguatamente supportata mediante la messa a disposizione dei servizi primari (casa, sanità, lavoro, ecc.) e tramite servizi assistenziali di sostegno (sussidi economici, aiuto domiciliare ecc.).
Nei casi di totale privazione delle cure da parte dei genitori e dei parenti la legge suddetta precede l?adozione; l?affidamento familiare è attuabile negli altri casi.
Come misura estrema, ad esempio per i soggetti gravemente handicappati sul piano intellettivo, vanno create le comunità alloggio di tipo parafamiliare di 8-10 posti al massimo.
Nell?articolo non si fa alcun cenno alle suddette iniziative, e si arriva addirittura a sostenere che ?tutti gli ospiti restano nel villaggio fino a quando non sia possibile inserirli nuovamente nella famiglia d?origine o, se questo non fosse fattibile, fino a quando non abbiano raggiunto la maggiore età e l?autonomia necessaria per inserirsi nella società?. Pertanto è chiaramente scritto che la legge 184/1983 viene violata!

Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti – Torino

Risponde R.Bonacina:
Seguendoci ogni settimana ben sapete come questo settimanale si sia battuto e si batta contro ogni idea di istituzionalizzazione dei bambini, e non solo. Sin dal nostro primo numero abbiamo dato voce e appoggiato numerose iniziative in questa direzione. Non riusciamo però a essere integralisti e come giornalisti sappiamo che non esiste solo il bianco e il nero ma anche il grigio.
I Villaggi Sos, soprattutto nelle zone calde del mondo, svolgono una funzione che è assurdo definire negativa. Anche perché, come è noto, hanno un?organizzazione ben lontana da quella delle istituzioni classiche di assistenza e di ricovero.

Caro Veronesi,non distruggiamo ma costruiamo
Caro direttore, il 27 novembre ho letto sui giornali un intervento del prof. Umberto Veronesi che mi ha lasciato francamente allibito. In una conferenza stampa il direttore dell?Istituto europeo di oncologia si lamentava del fatto che «i fondi per la lotta all?Aids sono tre volte superiori a quelli per il carcinoma alla mammella». E aggiungeva che ogni anno le morti per tumore al seno sono 75 mila, contro i 2500 decessi dovuti all?Aids. In questi giorni, in occasione della Giornata mondiale del 1° dicembre, tutti parlano e scrivono di Aids, certe volte anche a sproposito. Poi il giorno dopo tutto tace per un altro anno.
C?è la forte tendenza a parlare di Aids solo in termini di soldi e poltrone. Ne abbiamo un esempio nella schermaglia che vede contrapposti il prof. Aiuti e il ministro Bindi per un posto in commissione nazionale Aids. Ne sono un altro esempio le dichiarazioni di Veronesi.
Se tutti quanti, ricercatori, medici, ministri, volontari, ragionassimo solo in termini di poltrone e di soldi non risponderemmo mai alle esigenze dei malati, e questo a prescindere dalla malattia, sia Aids, cancro o diabete.
A cosa si vuole arrivare con questi messaggi? Veronesi mette le mani avanti e dice che non vuole fare ?una battaglia fra poveri?! Non c?è bisogno di dirlo: purtroppo è vero il contrario, perché nella ricerca,pur importante, molti trovano il loro business, ricercatori, case farmaceutiche e anche certe associazioni di volontariato.
Allora parlare di fondi mettendo a confronto la ricerca relativa a due malattie diventa distruttivo e non costruttivo. In una patologia che distrugge come l?Aids è importante invece costruire: sforziamoci una volta tanto a spronare la gente a capire che tutti stiamo lavorando con lo stesso obiettivo.
Si è mai chiesto Veronesi che cosa differenzia un malato di cancro da un malato di Aids? Non è la quantità dei soldi per la ricerca ma il fatto che il primo può dire a tutti ciò di cui soffre, il secondo deve tacere e basta. Proviamo tutti insieme a lavorare per cambiare la realtà: cancro e Aids sono due malattie, non due ?fondi di investimento? o due poltrone.

Nicola Pini
presid. Assoc. Speranza e solidarietà Aids
Firenze

Assieme contro il degrado della giustizia italiana
Gentile direttore,voglio esprimere il mio ringraziamento per l?articolo apparso sul n. 46 del 21 novembre, con l?auspicio che possa contribuire a far conoscere ai cittadini il degrado della giustizia italiana e la necessità di una seria riforma con la partecipazione dell?avvocatura.
Ritengo che la vostra linea editoriale di un?informazione socialmente utile meriti attenzione da parte di tutti i colleghi avvocati.

avv. Gianmarco Cesari
Roma

Egregio direttore, con riferimento all?articolo ?Fine processo mai? del 21 novembre, segnalo che in altri Paesi i magistrati, pure essendo inferiori di numero a quelli italiani, definiscono i processi in tempi molto inferiori ai nostri. In Francia la sentenza di primo grado viene emessa in media dopo nove mesi, l?appello dopo 14. In Germania l?88 per cento dei casi è risolto entro un anno, e in appello tre casi su quattro sono giudicati entro 24 mesi. Il lungo iter dei nostri processi è dovuto a intralci procedurali nonché al fatto che molti magistrati sono sottratti al compito precipuo di redigere sentenze avendo altri incarichi (ministero di Giustizia, commissioni, eccetera).

Marcello Stendardo
Napoli

Ricerca scientifica nelle Onlus: un grazie dal Summit
Caro direttore, grazie per l’efficace sostegno assicurato attraverso “Vita” al reinserimento della ricerca scientifica tra le Onlus. Il provvedimento consentirà di mantenere un flusso di risorse che i cittadini dedicano volontariamente a uno scopo così importante. Un grazie di cuore da parte di tutte le associazioni del Summit.

Andrea Petrucci
segretario generale del Summit della solidarietà
Milano

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