Diritti e salute

Amianto e mesotelioma: una bomba a orologeria

Di mesotelioma, tumore aggressivo alla pleura dovuto principalmente all'esposizione all'amianto, si continua a morire in alcune aree del nostro paese più che altrove. Servono maggiori investimenti per la bonifica dei territori e la ricerca di una terapia e interventi di sensibilizzazione della popolazione

di Nicla Panciera

È un tumore aggressivo, da cui non si guarisce: la sopravvivenza mediana nei registri di popolazione è di 10-13 mesi. Parliamo del mesotelioma pleurico, tumore maligno che origina dalla pleura ed è dovuto alle finissime fibre di amianto che si insinuano tra i due foglietti che compongono questa membrana, creando infiammazione e dando il via al processo patologico. Le parole di Franco di Mare, inviato Rai nei teatri di guerra, intervenuto a “Che tempo che fa” sulla Nove per presentare il suo libro «Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi», hanno indignato per il “ripugnante” silenzio dell’azienda pubblica, ma hanno anche contribuito ad accendere i riflettori su questa malattia professionale.

Federica Grosso

«È stato molto coraggioso, il mesotelioma è una patologia dimenticata, di cui si parla poco, per le implicazioni sociali, politiche e legali, facendo in questo modo meno sensibilizzazione rispetto ad altre malattie» riflette Federica Grosso, responsabile della struttura semplice dipartimentale Mesotelioma e Tumori Rari dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria.

Quella di Casale Monferrato è una delle aree più colpite del nostro paese, dove a un colpo di tosse, un dolore alla schiena o una difficoltà respiratoria subito si pensa a quello, al maledetto Eternit.

Il registro nazionale

Il mesotelioma colpisce, ogni anno, circa duemila italiani. Il fattore di rischio è l’esposizione all’amianto, minerale le cui fibre penetrano in profondità nell’albero respiratorio. In Italia, una legge del 1992 – legge 257/92– ne vieta estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione, ma certi territori non sono affatto al riparto dalle polveri. «La chiusura di uno stabilimento, senza una successiva bonifica, non mettere al riparo i cittadini che in alcune aree del paese continuano a respirare le polveri, ammalarsi e morire» spiega Federica Grosso. L’esposizione all’amianto è rintracciabile nella maggior parte delle diagnosi di mesotelioma, ma causa anche asbestosi, placche pleuriche e tumore al polmone. Il Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM), istituito presso l’Inail, ogni tre anni produce un rapporto; il più recente, del 2021, rileva che il 50% dei nuovi casi sono registrati fra i residenti in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. Le zone più colpite sono Casale Monferrato, Mestre, Savona e Ancona. Tale sistema di monitoraggio è obbligatorio, impone la segnalazione dei nuovi casi, ma non sempre questo viene fatto. Quindi, spiega la specialista, «possiamo considerare i dati in nostro possesso una sottostima».

Si continua a morire


Tutti i tipi di amianto sono cancerogeni per polmoni, laringe, ovaio, peritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo, colon-retto, esofago, stomaco e faringe. La cancerogenicità è confermata dall’Oms, lo si sa da almeno sei decenni. Eppure, alcuni paesi ancora non resistono alle pressioni dell’industria: gli Stati Uniti, ad esempio, hanno vietato il crisotilo, il tipo più comune, solo il marzo scorso. C’è poi la latenza tipica della malattia, che compare a decenni di distanza dall’esposizione, una bomba a orologeria, tanto che i casi non sono diminuiti con la legge del 1992. «Anche a causa della presenza dell’amianto nell’ambiente. Infatti, è cambiata l’epidemiologia e oggi assistiamo a un maggior numero di casi dovuti a esposizioni ambientali, a fronte di un calo di quelle professionali, tipiche dei lavoratori nei settori più coinvolti come l’edilizia e l’industria pesante» commenta Grosso. In Piemonte, in particolare nel casalese, si è registrato un aumento dei casi tra le donne, che costituivano un terzo dei nuovi casi e oggi sono il 50%, e anche nei più giovani.

L’innovazione terapeutica

Oltre al permanere del veleno nell’ambiente e alle mancate bonifiche, oggetto delle grandi battaglie per i diritti e i processi per il riconoscimento delle responsabilità, c’è un problema riguardante l’innovazione terapeutica. «Il mesotelioma è un tumore raro. Lo standard terapeutico per la forma di mesotelioma più frequente è la chemioterapia, ma i risultati non sono soddisfacenti e solo l’8% è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Questo è un dramma anche per noi clinici, chiamati a comunicare una diagnosi infausta ammettendo di avere poche armi a disposizione» ammette l’oncologa Grosso, tra le autrici di un importante studio clinico indipendente no profit (non finanziato dall’industria farmaceutica) pubblicato su Lancet che ha mostrato che l’immunoterapia con pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia con platino e pemetrexed, in prima linea, ha migliorato significativamente la sopravvivenza globale, riducendo il rischio di morte del 21%. A 3 anni il 25% dei pazienti trattati con la combinazione era vivo rispetto al 17% con la sola chemioterapia. Lo studio ha coinvolto centri in Italia, Francia e Canada e il nostro paese ha reclutato la metà dei 440 soggetti. Significativi anche i dati della sopravvivenza libera da progressione e della risposta, fatto non da poco per pazienti che sono fortemente sintomatici. «Sono risultati incoraggianti per la pratica clinica, speriamo l’approvazione non tardi troppo, visto che al momento l’immunoterapia è autorizzata nei sottotipi istologici più aggressivi, le forme non epitelioidi, che costituiscono solo il 25% dei casi» commenta Grosso «Dobbiamo fare qualcosa, non possiamo lasciare che questa strage si compia senza impegnarsi nella ricerca di una cura».

Sia Eternit a trovare la cura

Stabilite le responsabilità, quello che si chiede da un territorio martoriato è una giustizia riparativa e non mancano gli appelli all’imprenditore svizzero proprietario di Eternit (cinque gli stabilimenti in Italia: Casale MonferratoRubieraCavagnoloNapoli Bagnoli e Siracusa) Stephan Ernest Schmidheiny affinché finanzi le ricerche di una cura. Qui la lettera aperta della giornalista casalese, vedova dell’amianto, Silvana Mossano, pubblicata nel suo blog in occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto del 28 aprile, che si rivolge a Schmidheiny: «Assuma in prima persona la gestione imprenditoriale (attraverso una casa farmaceutica) ed etica di incentivare la ricerca fino a raggiungere l’obbiettivo condiviso: trovare la «medicina» giusta».

Una rete nazionale

La prima associazione di pazienti Tutor tumori toracici rari è stata costituita solo nel 2017, anche per via della necessità dei familiari di questi pazienti molto fragili di impegnarsi in primo luogo nella lotta per il riconoscimento delle responsabilità. «Oggi, si vuole anche parlare di più di mesotelioma e fare informazione e opera di sensibilizzazione» conclude Grosso. «Le malattie rare richiedono una presa in carico globale e il paziente deve essere riferito a un centro specialistico di elevate competenze. Per questo stiamo costituendo una rete italiana di centri che possano coordinare quelli più piccoli nei territori».

Milano, protesta sindacale davanti al Tribunale dove era in corso, nel 2022, il processo per la morte di 10 lavoratori della Scala morti per mesotelioma. Foto La Presse

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