Famiglia

Benin. Piccoli schiavi venduti per 100 mila lire

Secondo il corrispondente di Fides, i 200 baby schiavi dell'Etireno trasbordati su altra nave

di Redazione

Si è conclusa l’odissea del battello Etireno, al centro della cronaca internazionale per essere stato respinto dalle autorità gabonesi con il suo carico umano di “bambini schiavi” di nazionalità beninese. Rientrato al porto di Cotonou, all’1.00 circa del 17 aprile 2001, le forze dell’ordine hanno rilevato solo la presenza di qualche fanciullo accompagnato dai legittimi genitori. Secondo il corrispondente di Fides, si è trattato di messa in scena per eludere le forze dell’ordine che erano pronte per far scattare le manette ai trafficanti di bambini. E’ molto probabile che i circa 200 “bambini-schiavi” che il battello conteneva, sino al suo ingresso inglorioso al porto di Libreville, siano stati trasbordati su un’altra imbarcazione o fatti sbarcare sulle coste della Nigeria. Il problema del traffico dei bambini non è una novità in Africa Occidentale, e il Bénin è al centro di una piattaforma regionale dove si consuma questo crimine. Benché i bambini siano amati e valorizzati dalla ricca cultura africana, vengono tuttavia sottratti alle loro famiglie, specie nelle zone rurali, da criminali senza scrupoli, dietro esiguo compenso e soprattutto dietro promesse illusorie di un avvenire migliore per i fanciulli, trasferiti nelle grandi città della Costa d’Avorio, del Gabon o nella stessa Cotonou, capitale economica del Bénin. I bambini (chiamati nella lingua vernacolare fon, “Vidomegon”) vengono venduti a un prezzo che va dalle 50 mila lire italiane ad un massimo di 500 mila, per essere utilizzati nelle famiglie dei ricchi di Cotonou per lavori domestici o “esportati” più lontano, per lavorare nelle piantagioni di cacao/caffè in Costa d’Avorio o Gabon: due paesi noti per questo traffico ignobile che frutta ai trafficanti, per ogni bambino, circa 5 milioni di lire! Le condizioni dei fanciulli sono spesso disumane. Viene loro escluso l’accesso agli studi elementari e sono spesso seviziati. In Bénin una normativa giuridica, con la legge 61-20 è stata messa in piedi sin dal 1961 per regolare il flusso migratorio di soggetti minori di 18 anni all’interno della regione dell’Africa dell’Ovest. Questa legge è stata accompagnata da una normativa internazionale come la “Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli” del 1981, ma non basta a risolvere il problema che, complice la corruzione e la connivenza di autorità doganali e portuali, frutta centinaia di milioni all’anno. La Chiesa Cattolica in Bénin è in prima linea per il recupero dei bambini “vidomegon” con delle strutture come il Centro di Orientamento e di Ascolto (CEO) dell’Arcidiocesi di Cotonou. Anche Radio Immaculée Conception, la Radio Cattolica nazionale del Bénin che trasmette anche via satellite su tre Continenti, si è occupata del problema organizzando da giugno ad agosto 2000 una campagna di sensibilizzazione con la partecipazione di personaggi di rilievo, come l’ex Ambasciatore del Bénin in Gabon insieme ad interviste sul terreno accordate ai genitori dei bambini lasciati partire e a qualche fanciullo stesso che è riuscito a scappare dalla cattività o che è stato intercettato dalla polizia e restituito alla sua famiglia d’origine.


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