Mondo

IRAQ: la rivolta dei militari americani

Il regista Michael Moore ha raccolto le lettere “controcorrente” dei soldati Usa a Baghdad. Nelle loro parole delusione, rabbia e accuse contro Bush.

di Gabriella Meroni

«Questa guerra si fa solo per soldi»; «Non sono fiero delle mie azioni»; «I nostri comandanti ci prendono in giro»: questo e altro è scritto nelle lettere dal fronte che molti soldati americani hanno inviato al regista Michael Moore, l?autore del famoso documentario-shock Bowling a Columbine. E? il regista stesso, convinto antimilitarista, a rendere pubbliche le missive sul suo sito personale michaelmoore.com. Leggiamone qualcuna insieme. Caro Michael, saresti sorpreso di sapere quanti miei commilitoni pensano, come me, che i timori del presidente sulle armi di distruzione di massa di Saddam fossero un cumulo di stronzate. Il vero motivo che ha scatenato questa guerra sono i soldi. (?) Anche i conservatori più radicali della mia compagnia sono disgustati dei marines. Forse alcuni anche del presidente Bush. George Batton, caporale onorario del corpo dei Marines, rientrato in patria a settembre dall?Iraq Caro Michael, ti scrivo dalle trincee di una guerra (ancora in corso) senza sapere perché sono qui né quando me ne andrò. H sono arruolato nell’esercito non appena ho avuto i requisiti necessari (?) impaziente di servire il mio paese e pronto a morire per gli ideali di cui ero innamorato. (?) Ora la mia permanenza in Iraq scorre alla ricerca di qualcosa che mi faccia essere orgoglioso delle mie azioni, che mi convinca di stare dalla parte della ragione. Ma qualsiasi argomento a favore della guerra mi venga in mente, subito vedo il mio comandante in capo che sorride sornione, pensando di prendere in giro un?intera nazione. Mike Prysener, specialista dell?esercito Vorrei dirti quanto è difficile obbedire a un uomo che non è mai stato eletto. Ma visto che è il presidente, il mio capo, devo stare molto attento a che cosa dico su di lui, e a chi. Questo mi turba molto. Censurare la voce delle truppe è esattamente censurare le libertà che l?America difende? la maggioranza di noi si sente completamente impotente. Soldato anonimo, tuttora in Iraq Sono appena rientrato dall?operazione Iraqi freedom. Sono stato cinque mesi a Baghdad, e tre anni nell?esercito. Sono stato congedato con onore e tornato in patria, ma sono inorridito di come si sono ridotti gli Stati Uniti. Ho 22 anni e sto scoprendo che l?America è un posto complicato dove vivere, e per di più gli americani non se ne rendono conto. L?America è diventata ?1984? di Orwell. La sicurezza interna ci spinge a spiarci gli uni gli altri, costringendoci a diventare antisociali. Gli americani stanno volontariamente sacrificando le nostre libertà sull?altare della sicurezza, quelle stesse libertà per cui ero disposto a mettere in gioco la mia vita. La costituzione è a rischio. Come ha detto il generale Tommy Franks (ovviamente affranto), «ancora un atto terroristico, e la costituzione non avrà più senso». Jerry Oliver, soldato semplice dell?esercito Come soldato dell?esercito americano mi sento una pedina del gioco imperialista di Bush. È bello sapere che abbiamo un alleato come te, Michael. Mi sono arruolato volontario e non ho paura di combattere, né di dare la vita per il mio paese, però vorrei farlo per una buona causa. Anonimo specialista dell?esercito Come mai sventoliamo sempre la bandiera della sovranità nazionale, tranne quando sono in ballo i nostri interessi finanziari in altri stati sovrani? Che cosa ci dà il diritto di dire a chiunque altro come deve governarsi, o vivere? Perché non riusciamo a essere i leader del mondo solo con l?esempio? Non c’è da meravigliarsi se il mondo ci odia, che cosa gli facciamo vedere noi? Stronzetti in uniforme e armati, o ricchi e vecchi turisti bianchi! C?è una prima impressione peggiore di questa? Un ex marine di 40 anni Michael Moore però non è un disfattista. Non si limita infatti a pubblicare queste lettere di denuncia (e molte altre si possono leggere nella sezione ?soldierletters? del sito), ma sollecita anche gli americani ad agire e a supportare le truppe con donazioni alle famiglie dei soldati, invio di materiale di conforto in prima linea, contributi ad organizzazioni non profit come la Croce Rossa, sostegno attivo a gruppi pacifisti e religiosi. Interessanti anche i link indicati dal regista: in uno in particolare (clicca qui) vengono raccolti tutti i commenti ostili alla guerra pubblicati sui maggiori e più prestigiosi organi di stampa statunitensi.


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