Mondo

Dopo Saddam, cronache dalle corsie

Qui Bagdad. Gli operatori della Cri vivono sotto scorta 24 ore su 24. Mauro Tondolo spera: "Ora ci aspettiamo più sicurezza".

di Carlotta Jesi

Agli italiani di Bagdad, la notizia della cattura di Saddam Hussein è arrivata con una scarica di proiettili. Sparati in aria proprio sotto le finestre dell?ex Saddam Medical City, l?ospedale al centro della capitale irachena che oggi tutti chiamano semplicemente Medical Center, in cui opera la Croce Rossa Italiana. Con 28 medici che nella scarica di proiettili hanno riconosciuto subito un segno di festa. “Ma per cosa? All?inizio abbiamo pensato a un matrimonio. Poi è arrivata la conferma della cattura di Saddam”, spiega Mauro Tondolo, cinquantaquattrenne medico torinese a capo della missione italiana nella capitale irachena. Vita: Come è stata accolta la notizia in ospedale? Mauro Tondolo: Da parte dei pazienti, non ci sono state scene né di giubilo né di protesta. I colleghi iracheni invece si sono lamentati per le immagini di Saddam mostrate in televisione: un uomo è sempre uomo, hanno detto. I giornali locali hanno parlato subito di possibili ripercussioni di violenza. Io non credo. Con la cattura del raìs, è crollato il mito dell?uomo imprendibile che impartiva ordini alla resistenza. Vita: Che impatto potrebbe avere la cattura di Saddam sulla vostra missione? Tondolo: Spero che ci faciliterà il lavoro migliorando le condizioni di sicurezza. Oggi viviamo asseragliati in ospedale e protetti da guardie irachene, armate, 24 ore su 24. Ci seguono quando prendiamo l?ascensore per andare da un piano all?altro dell?ospedale e anche nei corridoi. Qui, scherzando, diciamo che ci siamo autoricoverati. Occupiamo due piani del Medical Center: in uno facciamo ambulatorio, nell?altro viviamo. Dormendo, proprio come i nostri pazienti, nei lettini dell?ospedale. Da quindici giorni, per fortuna, abbiamo un cuoco e quindi riusciamo a mangiare italiano. Ma di uscire, anche per una sigaretta, non se ne parla: chi vuole fumare, lo fa nell?atrio. Vita: Vi aspetta un Natale altrettanto blindato? Tondolo: Un collega iracheno, sapendo quanto teniamo al Natale, aveva proposto di portarci tutti a casa sua a festeggiare. Per ragioni di sicurezza, però, abbiamo dovuto declinare l?invito. Ha deciso che organizzerà qualcosa qui in ospedale, dimostrando una grande sensibilità e senso dell?amicizia verso tutti i medici italiani. E non è l?unico, dai colleghi iracheni stiamo imparando molto. Vita: Che cosa, per esempio? Tondolo: Ad accogliere gli stranieri, per esempio. Prima di venire in Iraq, ho lavorato per quattro anni in Egitto. Conosco il mondo arabo, ma c?è sempre da imparare. Dai colleghi di Bagdad ho imparato che non serve un traduttore per parlare a un bimbo e farlo sentire sicuro, basta uno sguardo. Vita: Qual è la principale emergenza che vi trovate ad affrontare? Tondolo: Le ustioni, qui sono una piaga sociale. Ogni giorno, nel nostro pronto soccorso, arrivano almeno 20 persone con ustioni gravissime che a volte coprono oltre il 60% della superficie corporea. Colpa della benzina, che qui costa niente: con un dollaro, fai fino a 70 litri. Ma poiché ai distributori si fanno code lunghissime, anche di 24 ore, è nato un mercato nero. Con gente che travasa barili lungo la strada. È accaduto a un bambino di 7 anni che è diventato un po? la nostra mascotte: giocava assieme a un amico con un barile che ha preso fuoco. Per fortuna siamo riusciti a salvarlo e ora è tornato a casa. Vita: E i rifornimenti di medicine, come vanno? Tondolo: I farmaci, per fortuna, non sono mai stati soggetti all?embargo. Quindi anche con la chiusura del Programma Onu Petrolio in cambio di cibo, non ci sono stati problemi. Il ministero della Sanità qui ha ancora delle scorte, e noi portiamo medicine dall?Italia.


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