Formazione

Sotto l’albero metto un po’ del mio tempo

"In sedici anni con la Nazionale Cantanti ho capito chi sono i veri volontari.Gente che non si mette mai in prima fila. Con loro il 26 dicembre giocheremo a Foligno, per i terremotati"

di Roberto Copello

Il Natale si avvicina e ovunque spuntano iniziative benefiche. Tutti chiedono soldi, e in questo presepe solidale moltissimi personaggi famosi fanno a gara per mostrarsi solidali. Per sborsare e fare sborsare. Ma è sempre positivo vedere un Vip offrire il proprio volto per indurre la gente a mettere mano al portafoglio? Non sarà che spesso il “testimonial” coinvolto dalle associazioni per commuovere i potenziali donatori sia solo in cerca di facile pubblicità? Insomma, cosa spinge un attore o un cantante a fare maxi offerte o spot “a fin di bene”: un’autentica generosità o un’interesse egoistico? Ne parliamo con Gianni Morandi, uno che da più di trent’anni è sulla cresta dell’onda e che di pubblicità non ne ha proprio bisogno. «La differenza tra un atteggiamento di vera o di falsa solidarietà lo si vede nel tempo che metti a disposizione per gli altri, non nelle centomila lire che dai. Lo si vede quando uno dedica mezza giornata o un’ora del suo tempo agli altri. Questo è il vero volontario della solidarietà, uno da prendere sul serio. Dal 1981 giro l’Italia con la Nazionale Cantanti e ho visto chi sono i veri volontari, tutti quei milioni di coraggiosi anonimi che affrontano i problemi che lo Stato non sa risolvere. Sono volontari anonimi, che non si mettono in prima fila, che non vanno in tv, che non vogliono farsi fare la fotografia…». Anonimi come i pastori del presepe, insomma: gli unici che aiutavano davvero quella famiglia bisognosa cui era appena nato un bambino… «Sì, sono quelli che a noi piacciono di più. Quando abbiamo iniziato la Nic, la Nazionale italiana cantanti, cercavamo solo un modo per divertirci. Dopo sedici anni, per molti di noi la partita ormai è solo l’ultimo momento di una iniziativa che richiede grande attenzione e partecipazione. Quando andiamo a giocare, come è stato recentemente a Brescia, prima ci muoviamo per contattare le associazioni, e dopo ritorniamo, per verificare come sono stati usati i soldi raccolti grazie alla partita. È un impegno notevole, certo, ma ne vale la pena. Così come anche per questo Natale ci sacrificheremo tutti e passeremo il 26 dicembre con i terremotati a Foligno. Ci sarà anche una partita, ma sarà un po’ una scusa, un pretesto per dire che ricomincia la vita, riparte la normalità. Insomma, ci andremo volentieri, io, Ramazzotti, Antonacci, Carboni, Ruggeri, Baccini e gli altri. Ci andremo anche se sotto Natale magari si vorrebbe restare in famiglia. Giocheremo contro una squadra con rappresentanti delle associazioni che hanno aiutato i terremotati. Porteremo cose e soldi raccolti dagli sponsor o a Brescia e nelle altre partite». Gianni, dica la verità: cosa non le piace di come si vive il Natale oggi? «Sarò banale, ma non mi piace questa spasmodica corsa al consumo, al regalo per forza. Succede quando il Natale perde la sua tradizione, Non c’è più un vero raccoglimento in famiglia. Oggi le famiglie sono molto mutate, si sono allargate, la mia stessa esperienza personale ne è un esempio. Ma il senso del Natale resta comunque quello di raccogliersi tutti assieme sotto l’albero o davanti al presepe, con l’intenzione di volersi bene davvero. È un’intenzione pura, insomma, carica di affetto e tenerezza. Senza lo stress di dover pensare a un regalo a tutte le persone che conosciamo». Com’era invece il Natale della sua infanzia? «Con la neve, a Monghidoro, sull’Appennino. C’era la letterina di Natale che chissà se i bambini di oggi ancora scrivono: andava messa sotto il piatto del babbo o della mamma, loro fingevano di sorprendersi, poi io dovevo leggere i miei propositi buoni. Momenti di vero amore. E poi il ricordo più tenero: mia madre che con le sue mani aveva fatto un maglioncino di lana riciclata per me e mia sorella. Tutto ciò ti dava l’idea dello spirito vero del Natale. Qualcosa che dovrebbe dare buone intenzioni valide per tutto l’anno». In che cosa consiste dunque il vero spirito del Natale? «Basterebbe ricordarsi di quella frase del Vangelo che dice: ama il prossimo tuo come se stesso. Uno può anche non essere credente, ma una frase del genere può ugualmente ispirare la sua vita. Oggi si vive in mezzo a miliardi di persone e si dovrebbe anche mettersi un po’ a disposizione. Senza pensare che sono gli altri che devono pensare a te, e basta. Se si va a guardare, sotto la scorza dura c’è quasi sempre un sentimento buono, che spinge a fare qualcosa per gli altri».


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