Roger McGowen è un condannato a morte, prigioniero nel nefasto carcere di Huntsville, in Texas. Recentemente ha inviato una lettera alla sua corrispondente italiana, Grazia de Jorio.
Questo documento sconvolgente è arrivato nelle nostre mani grazie a un lettore. Ve lo giriamo, senza commenti e ci auguriamo che Roger sia ancora vivo.
Non è così difficile, come sembra, mettersi ad ascoltare e percepire i lamenti del vento. Il mio nome è Roger McGowen, un nome come tanti altri in questo carcere, scanditi ogni momento dalla morte che fa l?appello. A meno che qualcuno di voi non ascolti le nostre grida, le nostre suppliche, e cominci a parlare. Sono qui nel braccio della morte dal novembre del 1987 e da quel momento mi sono detto: è giunto il giorno, è giunto il mese, è giunto l?anno in cui saranno ascoltate le mie preghiere. Così ho fatto vivere la mia speranza, ho conservato i miei sogni e ho tenuto a bada i miei incubi. È difficile raccontare tutto quello che sono stato costretto a vedere, in nome della giustizia.
Non potrei mai riuscire a spiegare questi 10 anni vissuti nella peggiore delle carceri; in un Paese immorale, la cui fede in Dio è misurata dal numero dei corpi sepolti in un luogo chiamato sarcasticamente ?colle delle dismissioni?. Uomini e donne che sono stati eliminati in nome della giustizia, da politici che hanno fatto della vendetta il loro Dio, perché essi hanno bisogno della morte per avanzare nelle loro carriere. Queste cose non si possono descrivere, si possono solo provare. Voi che siete fuori e che guardate dentro potete solo immaginare noi che stiamo dentro e guardiamo fuori. Possiamo solo pregare e scongiurare.
Da quando sono qui, ho scritto a tanta gente, a tante organizzazioni, pregando, implorando e chiedendo una mano per combattere una battaglia giusta. Non solo per salvare la mia vita, ma anche nell?interesse di coloro che verranno dopo di me. La battaglia deve essere combattuta subito.
Non domani. Ora. Se vogliamo avere il coraggio di guardare i nostri figli negli occhi e accendere il fuoco della compassione e dell?amore. Forse così i nostri figli e i nostri nipoti vivranno in un mondo liberato dal culto della vendetta. Qui dentro ho conosciuto molti uomini che sognavano un futuro migliore, ma i loro sogni sono stati uccisi con loro, all?improvviso. Sto scrivendo questa lettera con il cuore pesante perché lo stato del Texas ha ammazzato un altro uomo. Quest?uomo, mio compagno di cella, si chiamava Antony Ray Westeley ed era per me un caro amico. Sapeva a malapena leggere e scrivere e io ho letto e scritto per lui. Era un uomo pieno di vita, approfittando dei privilegio di essere ammesso ad attività lavorative, stava più possibile fuori dalla cella inseguendo il suo grande desiderio di libertà.
Antony era cresciuto nelle strade dei ghetti urbani. Imparò a sopravvivere per strada, divenne uomo prima che qualcuno gli insegnasse i doveri di un uomo, si mise nei guai molto presto e venne cacciato in prigione, non per essere riabilitato ma per essere trasformato in una persona socialmente indesiderabile. Usando della cultura che aveva appreso sulla strada e nel carcere, Antony cercò di vivere un mondo che non conosceva, un mondo che venne subito a reclamare la sua vita. L?ultima notte che passammo insieme, prima che fosse trasferito in isolamento per attendere l?esecuzione, restammo a lungo a parlare. Nessuno più di me era entrato in confidenza con Antony e egli mi metteva al corrente dei suoi problemi. Quella notte mi pose una domanda difficile, la domanda più difficile che mi sia stata fatta in tutta la mia vita. Mi fissò a lungo e poi mi disse:«Roger perché mi uccidono se non sono stato io a sparare?».
Lo abbracciai. Quando al mattino vennero per portarlo via, mentre si incamminava nel corridoio, pensai che non l?avrei mai più rivisto, lui si voltò e disse: «Ti amo, ragazzo. Fammi un favore: esci di qui, questo non è un posto per te!». Tornai nella mia cella e piansi per lui e per tutti coloro che avevano percorso quei corridoi avvolti nell?ombra e nel terrore. C?è qualcuno che mi sta ascoltando? Potete tapparvi le orecchie o decidere di fermarvi ad ascoltare. Sto aspettando che qualcuno mi risponda.
Roger McGowen
carcere di Huntsville,
Texas
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.