Welfare
Odiato Fidel, ti perdoner
La battaglia di Sanchez, dissidente non violento contro il regime di Castro
di Redazione
Elizardo Sanchez, cubano, presidente della Commissione dei diritti umani e di riconciliazione nazionale, è un uomo che sa ridere di se stesso. Sul suo biglietto da visita c?è un numero di telefono e una nota scritta in corsivo: «Solo quando funziona». Sì, perché le cose vanno così, a Cuba. Le linee telefoniche dei dissidenti sono sempre sotto controllo e alla prima parola di troppo, zac, la comunicazione si perde, per ore, giorni o settimane. È capitato anche a noi, per ben due volte, sino allo zac definitivo, durante questa intervista.
Ma Elizardo Sanchez Santa Cruz è un signore di 52 anni dalla pazienza infinita. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando nel 1968 il governo gli tolse la cattedra di filosofia all?Università. Trent?anni, ormai, di resistenza non violenta, a mani nude, utilizzando come armi il silenzio e la parola; la forza della speranza e la fede nel cambiamento. Sì perché Elizardo Sanchez è un gandhiano tropicale nato e vissuto a Cuba, che ha scelto di rimanere in patria, e nella sua città, L?Avana, a lottare per la democrazia e a predicare riconciliazione e perdono. Perciò a Miami i fanatici dell?anticastrismo lo hanno bollato come un agente castrista e a Cuba il governo lo ha messo nella voce ?agente Usa?. Perciò ha girato le peggiori galere del regime castrista. Per otto anni, finché Amnesty International si accorge di lui nel 1980 e lo nomina ?prigioniero di coscienza?. Senza mai smettere di credere nel cambiamento e soprattutto nella pace. Nel 1996 Sanchez riceve dal presidente francese Chirac il premio dei diritti umani. «La visita del Papa dal 21 al 25 gennaio rappresenta la speranza. L?impatto sulle coscienze di tutti i cubani sarà fortissimo. Una curva oltre la quale nulla tornerà a essere come prima». Eh già, l?ha detto anche il cardinale dell?Avana Jaime Ortega durante la noche buena, il primo Natale celebrato pubblicamente nella Cuba di Castro dal ?69 a oggi. A Cuba nulla sarà come prima. «Oggi raccolgo i frutti di 30 anni di lotta non violenta. Mi è costata cara: la separazione dalla famiglia, anni di prigione, ma la nostra resistenza pacifica è stata efficace. Non sono più solo, abbiamo gruppi di dissidenti in tutte le regioni. Sono fiori che stanno sbocciando . Lo Stato totalitario è addestrato ad esercitare la violenza, ma alla fine gli risulta inefficace, mentre noi, che resistiamo passivamente, cresciamo».
L?ultima volta che Sanchez è uscito dal carcere per reati di opinione era il 1991: dagli arresti domiciliari inizia un monitoraggio segreto sui diritti umani a Cuba, scopre che le prigioni e le ?comunità? sono diventate trecento e i prigionieri di coscienza più di mille. «Vogliamo che i cubani si perdonino gli uni gli altri. Non c?è un solo cubano che non abbia un conto da regolare con un altro cubano, ma ho sempre pensato che ci dobbiamo perdonare, dimenticare la vendetta e ricostruire». Il dissidente numero uno non nasconde però la sua amarezza. «Negli ultimi tre anni gli arresti dei dissidenti sono diminuiti, ma nel ?97 sono aumentati di nuovo, e quest?anno dovranno essere processati trenta cittadini rei di delitti di opinione, catalogati come propaganda nemica da un codice penale identico al vecchio codice sovietico…».
Pronto, pronto… la linea del telefono si è interrotta, forse rimarrà spenta per un po? di giorni. Speriamo che a Cuba nulla torni a essere come prima. Per tutti, e per Elizardo Sanchez Santa Cruz, gandhiano dei tropici.
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