Disabilità
Percorsi scolastici differenziati? Sono inclusione, non esclusione
Elisabetta ha da poco discusso la sua tesi all'università di Torino, ma non avrà una laurea. Alcuni studenti con disabilità intellettive, infatti, al termine della secondaria di secondo grado non ottengono il diploma, ma solo una certificazione delle competenze. Questo poi impedisce di arrivare alla laurea. Una discriminazione? «No, quel che conta è garantire per ogni persona il "vestito scolastico" più adatto e dare a tutti la possibilità di formarsi, secondo i propri interessi. Il lavoro e l'inclusione dipendono dalle competenze, non dal titolo», spiega Francesca Palmas
Sull’edizione torinese del Corriere, pochi giorni fa c’era la foto di una ragazza sorridente, con una corona d’alloro in testa. È Elisabetta Maiullari, persona con un’alterazione cromosomica – e quindi una disabilità intellettiva – che ha discusso la sua tesi mercoledì scorso. Non sarà laureata, tuttavia: il suo Piano educativo individualizzato-Pei della scuola secondaria di secondo grado non prevedeva il raggiungimento di un diploma di maturità e quindi questo non le ha permesso di accedere a un percorso universitario “standard”. Se è riuscita ad arrivare comunque davanti alla commissione, è grazie all’impegno della mamma (che è anche professoressa dello stesso ateneo), che ha sostenuto l’istituzione di un progetto per permettere alla figlia e a chi si trova nella stessa condizione di seguire i corsi col supporto di tutor e di avere dei colloqui esame coi docenti per la valutazione: a quel percorso oggi sono iscritti 21 studenti.
Ma come funziona in Italia il percorso scolastico di una persona con disabilità intellettiva? Ne abbiamo fatto un quadro con Francesca Palmas, pedagogista, responsabile scuola dell’Associazione bambini cerebrolesi – Abc Federazione italiana e membro dell’Osservatorio permanente sull’inclusione scolastica del ministero.
Come si articola il percorso scolastico di una persona con disabilità intellettiva?
C’è una distinzione a partire dalle scuole secondarie di secondo grado, quando alcuni arrivano al raggiungimento del diploma e altri invece a dei crediti formativi, a seconda del Pei che per ciascun studente e ciascuna studentessa con disabilità prevede un percorso differente. C’è quello classico, riconducibile ai programmi ministeriali, che ovviamente porta al raggiungimento del diploma come titolo finale di studi, un percorso semplificato, ma che prevede il raggiungimento degli obiettivi minimi ministeriali e che quindi dà come esito sempre il diploma e infine ce n’è un altro differenziato – in cui è sufficiente anche una sola materia differenziata, cioè non riconducibile ai suoi obiettivi minimi – che dà come risultato finale l’ottenimento dei crediti formativi, ma non del diploma di Stato.
E di conseguenza, in quest’ultima ipotesi, non si può accedere all’università?
Questo titolo non permette un accesso ordinario all’università per l’ottenimento della laurea, ma non preclude alle persone con disabilità la frequenza di un percorso universitario diverso, anche solo per alcune discipline. È possibile, quindi, un percorso di formazione terziaria diverso, pur non prevedendo un titolo finale da spendere in concorsi. Questo però accade sempre anche in virtù della necessità di rispettare il percorso personalizzato di ciascuno, in base alle sue capacità, attitudini e anche possibilità. Non si esclude – anche in situazioni più complesse e gravi – un’attività educativa e didattica, anche se non è riconducibile a quelli che sono i programmi disciplinari ministeriali.
Non è il certificato finale che declina il destino lavorativo e di vita indipendente
Francesca Palmas
A che scopo è istituito questo percorso personalizzato?
Per rispettare un po’ tutte le individualità degli studenti e delle studentesse, anche con disabilità, senza precludere una formazione a nessuno. Conosco tantissimi percorsi dignitosi affrontati per il raggiungimento dei crediti formativi: molte delle persone coinvolte oggi per esempio lavorano, senza essere in possesso di un titolo formale, diploma o laurea. Non è il certificato finale che poi declina il destino lavorativo e di vita indipendente. La mia posizione, come esperta, come membro dell’Osservatorio permanente sull’inclusione scolastica del ministero dell’Istruzione, ma anche come responsabile del settore scuola di Abc, è che sia importante garantire per ogni persona il “vestito scolastico” più adatto, perché prepara a un diverso e personalizzato progetto di vita, anche al di fuori dell’ambito formativo ed educativo. Bisogna riuscire a seminare quelle forme di comunicazione, di socialità, di relazione, di saper stare insieme agli altri e anche alcune competenze che possono essere maturate nelle diverse discipline. Era questa la volontà del legislatore che ha previsto la possibilità dei percorsi differenziati insieme a quelli semplificati e ministeriali: dare a tutti e tutte la possibilità di formarsi.
I percorsi universitari sono aperti anche per chi ha maturato il riconoscimento dei crediti formativi, che quindi può accedere a una formazione spendibile
Quindi non è così raro che una persona con disabilità intellettiva possa accedere a un percorso universitario, pur senza titolo finale?
I percorsi universitari sono aperti anche per chi ha maturato il riconoscimento dei crediti formativi, che quindi può accedere a una formazione spendibile. La persona avrà comunque un bagaglio culturale che potrà mettere a disposizione di quello che sarà – speriamo – un futuro impiego nel mondo del lavoro, non necessariamente perché avrà acquisito un titolo di laurea finale. Potrà seguire i corsi all’università che le piacciono e per i quali si sente interessata. Anche la ragazza di Torino, immagino, non avrà frequentato tutte le materie e tutti gli esami, le lezioni e i laboratori. Non avrà fatto un percorso accademico “standard”, ma questo non le ha precluso una via differenziata che le ha permesso di maturare dei crediti rispetto alle sue competenze.
Foto di Brett Jordan su Unsplash
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