Salute e Ricerca
Un think tank per la lotta al diabete
Un documento promosso da Cittadinanzattiva presenta analisi e proposte per le istituzioni su "Empowerment, prevenzione e accesso all’innovazione delle persone con diabete". Il contrasto alla diagnosi tardiva nei bambini e il superamento delle disuguaglianze territoriali nella prevenzione, diagnosi e cura sono tra le questioni più urgenti da risolvere
Trecentomila persone in Italia con diabete di tipo 1, con una prevalenza dello 0,22% tra i bambini in età pediatrica e un’incidenza in costante aumento. Sono alcuni dei dati Istat da cui ha preso inizio, in Senato, la presentazione del think tank su Empowerment, prevenzione e accesso all’innovazione delle persone con Diabete, promosso da Cittadinanzattiva in collaborazione con le principali associazioni, società scientifiche e professionali di riferimento delle persone con diabete. Durante l’evento è stato presentato un documento di analisi e proposte per i decisori, che parte da un’importante problema: le differenze tra Nord e Sud Italia nella prevenzione, diagnosi e cura.
Cinque questioni urgenti
Le questioni da affrontare con urgenza nella lotta al diabete, individuate dal think tank, sono cinque. «Contrastare la diagnosi tardiva del diabete infantile e superare le disuguaglianze territoriali nella prevenzione, diagnosi e cura del diabete sono le prime due questioni urgenti da risolvere», dice Stefano A. Inglese, responsabile delle progettualità sul Diabete di Cittadinanzattiva. «Digitalizzare e semplificare l’accesso alle cure, garantire l’innovazione e puntare sulla centralità del valore di ciò che si mette a disposizione dei cittadini pazienti, sono altre tre aree di lavoro possibili».
Differenze tra Nord e Sud
Dagli ultimi dati Istat risulta che in Italia le persone con diabete sono oltre 3 milioni e mezzo, quasi il 6% della popolazione, con un trend in aumento negli ultimi anni. La prevalenza aumenta al crescere dell’età e raggiunge il 21% tra gli ultra 75enni. È più frequente fra gli uomini che fra le donne (5,3% vs 4.1%), nelle fasce di popolazione più svantaggiate sotto il profilo socio-economico, nelle regioni meridionali rispetto a quelle centrali e settentrionali. Queste differenze territoriali si manifestano dagli indici di prevalenza, con le regioni del Nord-Est che si attestano al 4,7%, quelle del Nord-Ovest al 5,3%, per salire poi al 6,9% delle regioni del Sud, con un divario di 4,3 punti percentuali tra la prevalenza più alta della Campania (7,8%), e quella più bassa della provincia autonoma di Bolzano (3,5%).
«La situazione si differenzia da regione a regione, o meglio da territorio a territorio. Questa mancanza di omogeneità mette in difficoltà le persone con diabete in questo momento, crea delle sperequazioni e delle disomogeneità veramente inaccettabili. Se andiamo a vedere i tassi di mortalità, sono profondamente diversi, a seconda delle regioni. Campania, Sicilia e Calabria si attestano ai primi posti, con dati quasi tripli rispetto a quelli registrati a Bolzano e Trento per gli uomini, e a Trento e in Lombardia per le donne», spiega Inglese. «Si può accettare ancora oggi che se ci si ammala, a parità di condizione e di malattia, risiedere a Bolzano e Trento vuol dire avere un’aspettativa di vita di sette-otto anni in più rispetto a chi risiede in Campania o in Sicilia? Questo non è un problema di fronte al quale possiamo arretrare in omaggio alle autonomie organizzative regionali, della maggiore o minore capacità di garantire risposte ai cittadini. C’è un limite oltre il quale non si può andare e questo limite è stato già abbondantemente superato».
Un Obiettivo di piano
Tra le raccomandazioni presentate dal think tank alle istituzioni, la definizione a livello centrale di un progetto Obiettivo di piano dedicato alle politiche di tutela della salute delle persone con diabete, con particolare attenzione al riequilibrio dei divari territoriali. «Chiediamo quest’Obiettivo di piano che fa riferimento a risorse nazionali, gestite dal ministro della Salute, che sono parte del Fondo sanitario nazionale, ma sono assegnate alle regioni dietro accordi e intese e sono vincolati all’utilizzo su quell’obiettivo in particolare. La priorità è investire nelle regioni del Sud che sono molto svantaggiate», prosegue Inglese.
Prevenzione della Dka
Un’altra priorità del documento riguarda la prevenzione della chetiacidosi diabetica, Dka, «una complicanza veramente grave, riguardo alla quale siamo in presenza di una situazione inaccettabile. La capacità del sistema di gestire la Dka si è rivelata inadeguata, abbiamo i numeri peggiori in Europa in questo momento, eppure abbiamo una componente diabetologica estremamente attrezzata e capace, che ci invidiano all’estero. Non è un problema di competenze professionali, quindi, ma di modelli organizzativi non adeguati per la diagnosi precoce e per la gestione delle crisi, quando si manifestano». In Italia il 40% delle nuove diagnosi di diabete di tipo 1 sono successive ad una Dka, una complicanza acuta particolarmente grave in età pediatrica, più rara nell’adulto. La prevalenza della Dka in Italia in età pediatrica è una delle più alte al mondo, il dato rilevato in Svezia è un terzo di quello italiano. I bambini più giovani e quelli residenti nel Sud Italia presentano un rischio significativamente più elevato di Dka e Dka grave rispetto a quelli del Centro e del Nord del Paese.
Foto di apertura di Towfiqu barbhuiya su Unsplash
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