Non profit

E adesso, via dal Tesoro

L'auspicata riforma delle fondazioni bancarie vede la fine.

di Francesco Maggio

Fondazioni bancarie, ieri. Fondazioni di origine bancaria, oggi. Fondazioni e basta, domani. Forse. Auspicabilmente. Per mettere finalmente, una volta per tutte, la parola fine a una riforma cominciata tredici anni fa con la cosiddetta Legge Amato del 1990. Proseguita nel 1994 con la Direttiva Dini. Conclusa nel 1998 con la Legge Ciampi. Riaperta nel 2001 con la Riforma Tremonti. Richiusa a settembre 2003 con le sentenze (300 e 301) della Corte Costituzionale. Ed ora, forse (appunto), definitivamente archiviata se la riforma del diritto societario portata avanti con piglio deciso dal sottosegretario alla Giustizia, Michele Vietti affronterà l?ultimo nodo rimasto irrisolto: quello della vigilanza sugli enti. Fintanto che le fondazioni erano detentrici di quote importanti del sistema creditizio nazionale, la vigilanza spettava, coerentemente, al ministero del Tesoro. Ma adesso il quadro è radicalmente cambiato. Come emerge dall?Ottavo Rapporto Acri in corso di pubblicazione (un?ampia sintesi del quale verrà ripresa in un quaderno allegato al numero di Vita in uscita il 19 dicembre) le fondazioni che attualmente superano la soglia del 50% sono solo 15 e rappresentano meno del 4% del totale dei patrimoni del sistema fondazionale, mentre le banche possedute costituiscono meno del 2% dell?attivo dell?intero sistema bancario. In presenza di una simile situazione, non ha più senso che a vigilare sulle fondazioni di origine bancaria sia ancora Via XX settembre. “Essendo reciso il legame che univa le fondazioni alle banche”, afferma il presidente dell?Acri, Giuseppe Guzzetti, “sono venute meno le ragioni per assegnare temporaneamente la vigilanza al ministero dell?Economia”. Di qui l?importanza della Riforma Vietti. “L?auspicio”, sottolinea Guzzetti, “è che con la riforma del diritto societario le fondazioni di origine bancaria siano naturalmente ricomprese nel corpo unico che è quello proprio delle persone giuridiche private, di cui al Titolo II del libro primo del Codice civile”. “Quando la riforma del Codice Civile sarà approvata dal Parlamento”, conclude Guzzetti, “si sarà completato l?iter anche per le nostre fondazioni che, ?sparita? l?origine bancaria, dovranno finire lì dentro”. Come andrà a finire? Nel senso auspicato da Guzzetti oppure prevarrà lo status quo? Non c?è dubbio sul fatto che se le cose andassero nella direzione tracciata dal presidente dell?Acri e della Fondazione Cariplo, si aprirebbero scenari inediti per il Terzo settore italiano. Che, quindi, diventerebbe molto più simile al non profit dei Paesi anglosassoni dove le fondazioni di grandi dimensione patrimoniale sono il vero pilastro del settore (basti pensare agli Stati Uniti e alle fondazioni che portano il nome dei magnati dell?industria) Per metà dicembre è previsto un incontro pubblico nel quale l?onorevole Vietti sulla riforma dirà la sua. Auguriamoci che sia uguale alla ?nostra?.


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