Lavoro del futuro

AAA: cercasi una Maria Montessori per gli anziani

«La pedagogia si è dimenticata per molto tempo degli anziani. Invece, anche questa fase della vita, al pari delle altre, va ripensata in relazione alle possibilità educative e formative da offrire alla persona, affinché possa compiere il suo cammino di autorealizzazione personale», osserva Marisa Musaio, Professore di Pedagogia all’Università Cattolica di Milano. «Questa popolazione che non ha più solo necessità di cure, ma ha anche bisogno di essere coinvolta in progetti educativi». Per questo servono nuove figure professionali

di Sabina Pignataro

«Per molto tempo la pedagogia si è concentrata solo sui bambini. Non ha considerato che il principio dell’educabilità appartiene a ogni persona in tutte le età della vita», osserva Marisa Musaio, Professore di Pedagogia Generale e Sociale all’Università Cattolica di Milano. «Eppure, oggi, l’allungarsi dell’età rende urgente cambiare lo sguardo verso questa popolazione che non ha più solo necessità di cure, ma ha anche bisogno di essere coinvolta in progetti educativi». In che modo?In questo percorso, «l’educazione permanente, l’invecchiamento attivo e la solidarietà intergenerazionale sono tre temi centrali».

Essere anziani non significa, non sempre almeno, essere fragili. Significa (anche) incarnare un esclusivo connubio tra saggezza, esperienza, maturità, diversità ed età. In pratica avere un «inestimabile patrimonio da mettere a fattore comune, a beneficio di tutti», dice Marisa Musaio. «Eppure quando si pensa agli over 65 spesso si pensa persone da assistere e a cui proporre scale elettriche, colle per dentiere e calzascarpe allungabili. Quando invece dovremmo concentrarci di più sulla loro capacità di progettare, crescere, condividere il patrimonio di storie ed emozioni, le radici del passato comune».

La professoressa da tempo ha acceso i riflettori su una questione spesso ignorata da chi si occupa di questa fascia d’età: «la pedagogia si è dimenticata per molto tempo degli anziani.  Invece, anche questa fase della vita, al pari delle altre, va ripensata in relazione alle possibilità educative e formative da offrire alla persona, affinché possa compiere il suo cammino di autorealizzazione personale».

In questo percorso, «l’educazione permanente, l’invecchiamento attivo e la solidarietà intergenerazionale sono tre temi centrali». Per giungere a questo cambiamento di prospettiva, è fondamentale anche modificare anche il modo di lavorare degli operatori che affiancano gli anziani».

foto di Aris Sfakianakis by Unsplash

Professoressa Musaio, lei immagina geriatri e pedagogisti che lavorano insieme per il benessere dell’anziano. Rivoluzionario. Ci spiega?

Superando riduzionismi di stampo sanitario-assistenzialistico, la ricerca sulla persona anziana può avvalersi, oggi, oltre che delle conquiste nel campo medico, in particolare geriatrico, dell’apporto delle scienze pedagogiche, psicologiche, di un dialogo interdisciplinare che dagli ambiti scientifici si riversa nel modo in cui pensiamo l’anziano e progettiamo le risposte di cui necessita. In uno scenario di contaminazione fra saperi cadono gli steccati propri dei diversi settori, e si realizzano dialoghi tra medici e pedagogisti, tra medici e formatori, motivati dalla medesima sensibilità per la promozione del ben-essere della persona.  In una prospettiva di umanizzazione dei saperi va ad inserirsi la “pedagogia della persona anziana”, con un ruolo di connettore tra ricerca, cura, formazione, per rispondere alle mutate esigenze della persona che invecchia, registrate oggi non solo dagli ambiti dell’assistenza e della cura, ma anche dai settori della socializzazione, della cultura, dell’aiuto solidale dove molti anziani mettono a disposizione ogni giorno il proprio tempo e le proprie energie.

Dicevamo prima: educare nella terza età significa promuovere l’autonomia, la formazione continua, la partecipazione alla vita comunitaria e all’incontro tra le generazioni. Cosa significa concretamente?

È la ricerca di un cambio di passo nella considerazione della persona anziana e della relazione tra generazioni, che richiedono oggi di essere affrancate da approcci assistenzialistici, da pratiche soltanto caritatevoli, dimenticando che è propria di ogni essere umano quell’istanza antropologicamente fondata di crescere, progredire, misurandosi con chi c’è già prima, guardando ad un’origine, potendo attingere vicendevolmente gli uni agli altri, e dando così espressione alla nostra struttura di esseri relazionali. La “pedagogia della persona anziana” senza segmentare le età, si propone di tenerle insieme, rintracciando quelle costanti dell’umano che non subiscono gli effetti dello scorrere del tempo: l’aspirazione ad una propria identità, il desiderio, il senso di cura, la ricerca della bellezza, il bene.   


Cosa significa estendere il concetto di educabilità, il principio pedagogico che afferma la possibilità di aiutare lo sviluppo umano, anche alla terza età?

Vuol dire riconoscere ad ogni essere umano, qualunque sia la sua condizione fisica, psicologica, esistenziale, a prescindere dalla sua anagrafica, un insieme di “disposizioni interiori” che non vengono mai meno, perché in ogni fase evolutiva la persona tende a identificarsi in sé, in una propria identità, per le sue potenzialità, di carattere “nascente” nel caso del bambino, oppure per potenzialità “residue”, ma ancora presenti, nelle persone anziane. Estendere questo riconoscimento potenziale alla persona che invecchia significa riconoscerle il diritto a potersi immaginare in una prospettiva di miglioramento, non solo per l’accesso a terapie e cure mediche o farmacologiche, in ogni caso essenziali, ma perché non la si esclude a priori da possibilità di promozione umana, di relazione, di espressione di sé e dei propri mondi interiori, importante attestazione di una complessità vivente ed esistenziale a cui guarda oggi ogni ramo del sapere.

Perché serve una Maria Montessori per gli anziani?

Guardare al “pianeta anziani” da una prospettiva che ne riconosce la ricchezza di potenzialità, talenti, interessi, competenze acquisite, ci porta inevitabilmente a ritrovare analogie con il pensiero montessoriano, che molto ha ancora da dirci su come educare lasciando libera espressione alla natura potenziale di ogni soggetto, qualunque sia il limite che si trova a vivere. C’è una spendibilità pedagogica del pensiero di Maria Montessori ai fini dell’interpretazione dell’anziano perché lascia intravedere un impiego proficuo e affasciante delle potenzialità di sviluppo e di crescita che non appartengono solo ai bambini, ma anche alle sfaccettate sfumature di un potenziale umano che può presentarsi rallentato, assopito, a volte ‘ferito’ dalla malattia, come nel caso degli eventi degenerativi che accompagnano le demenze.   

Le competenze acquisite sui libri non bastano. E nemmeno le braccia. Servono cuore, coraggio, pazienza, la capacità di rimanere concentrati, in ascolto, di fare bene. Quello con gli anziani è un lavoro che non si esaurisce nell’erogazione di un servizio, di una prestazione. La cura è innanzitutto relazione, è capacità di ascolto dell’altro, è empatia.  Come ci si prepara ad un lavoro così?

In una battuta direi conoscendo le proprie motivazioni interiori alla relazione di cura, motivandosi, ma anche rimotivandosi attingendo a esperienze, sensibilità, stili formativi diversi, oggi enormemente aggiornati. L’esperienza di relazione con direttori, responsabili di strutture, con coordinatori pedagogici, educatori agli anziani, mi insegna che è importante comprendere dall’interno il lavoro quotidiano di accompagnamento svolto nei luoghi della cura, le difficoltà di assicurare la continuità di servizio, i problemi del burnout dei professionisti della cura. Questo insieme di rilevazioni costituisce un “materiale umano” importantissimo sia per chi fa ricerca sia per chi viene formandosi.

L’Università Cattolica ha avviato un Corso di Alta formazione per gli operatori sociosanitari, infermieri, educatori, assistenti che lavorano quotidianamente con le persone anziane, affinché possano acquisire le conoscenze e le competenze dell’accompagnamento pedagogico e della formazione a una cura personalizzata e umanizzante. Ce lo racconta?

Il corso “Formarsi alla relazione di aiuto per la persona anziana”, che coordino come Responsabile scientifico, vede la collaborazione tra pedagogisti, medici, giuristi esperti di legislazione sociosanitaria, formatori nell’ambito narrativo e della danzaterapia. È nato da una ricerca-azione in collaborazione con le diverse professionalità delle équipe dei servizi per anziani fragili, nelle residenze sociosanitarie, ma anche dei nuovi servizi di quartiere che stanno nascendo per cercare di rispondere al bisogno di singoli e famiglie di non sentirsi soli nella cura agli anziani. Il corso, che si svolgerà in modalità online, con una giornata seminariale conclusiva in presenza, rispecchia una finalità pedagogica per noi fondamentale: accompagnare a diventare sempre più esperti nelle conoscenze e nelle competenze umane, di comunicazione, di relazione di aiuto, per accostarsi alla persona anziana fragile con tutta la delicatezza possibile. (Per info)

In apertura, foto di Pixabay

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