La Carta di Firenze

Pregiudizi: l’età preclude le cure agli anziani

Una persona su due ha pregiudizi basati sull’età, che in sanità riducono l’accessibilità e l’appropriatezza dei trattamenti, escludendo 4 anziani su 10 dalle cure migliori. A Firenze, i geriatri presentano un documento con dodici azioni concrete per ridurre al minimo l'impatto negativo del fenomeno ageismo.

di Nicla Panciera

Vedersi rifiutare un trattamento medico o chirurgico per via dell’età avanzata è esperienza sempre più comune, complice l’invecchiamento della popolazione e le difficoltà del nostro sistema sanitario, per cui dover fare delle scelte diventa sempre più comune. Si tratta di un problema comune a molti paesi, dall’enorme impatto sulla vita delle persone, sul quale sono intervenuti anche l’Oms e l’Onu con un rapporto dedicato all’ageismo che contiene alcune strategie e raccomandazioni per contrastare il fenomeno e per creare un mondo per tutte le età.

Secondo uno studio condotto su oltre 80 mila persone in 57 Paesi, pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, una persona su due ha pregiudizi basati sull’età che influenzano anche uno dei settori chiave della vita degli anziani, cioè la sanità, riducendo l’accessibilità alle cure e l’appropriatezza dei trattamenti, escludendo 4 anziani su 10 dalle cure migliori e più appropriate, e influenzando anche sulla percezione dell’invecchiamento da parte della stessa persona anziana. Con conseguenze sulla salute stessa dell’individuo.

Della necessità di combattere stigma e pregiudizi legati all’età in ambito sanitario si è parlato a Firenze al congresso “Anti-ageism Alliance. A Global Geriatric Task Force for older adults’ care”, organizzato dalla Fondazione Menarini, con il patrocinio della Società italiana di gerontologia e geriatria Sigg e di molte altre società geriatriche internazionali, cui hanno partecipato anche esponenti dell’Organizzazione mondiale della sanità Oms e delle Nazioni unite UN, esperti di etica e rappresentanti delle associazioni di pazienti.

Il congresso è stata l’occasione per presentare la Carta di Firenze, pubblicata su European Geriatric Medicine e The Journals of Gerontology, coordinata da Andrea Ungar, dell’Università di Firenze e presidente della Sigg, e da Luigi Ferrucci, direttore scientifico del National Institute on Aging di Baltimora, è stata messa a punto da un panel internazionale di esperti. Il documento propone 12 azioni concrete per ridurre al minimo l’impatto negativo dell’ageismo nell’assistenza sanitaria e migliorare la qualità di vita degli anziani, riducendo i costi legati alle loro patologie. Tra le soluzioni proposte dagli esperti c’è la formazione e la cosiddetta geriatrizzazione della medicina, di cui si parla da tempo, essendo molto complicato trattare le polimorbidità tipiche dell’età avanzata rivolgendosi a un gran numero di specialisti diversi, che intervengono in modo autonomo e per la parte di propria competenza sullo stesso paziente. C’è poi la condivisione del percorso di cura con paziente e caregiver, trial più inclusivi, essendo gli anziani generalmente esclusi dalle sperimentazioni cliniche e quindi privati della possibilità di avere accesso a trattamenti innovativi, percorsi prioritari in pronto soccorso.


«In base ai pregiudizi e agli stereotipi legati all’età si ritengono gli anziani già “titolari di una quantità di vita sufficiente”, ormai gravosi per il sistema sociale ed economico. Quasi un effetto collaterale del successo medico che ha cronicizzato le malattie, determinando un incremento della coesistenza di più patologie nello stesso individuo»  dichiara Andrea Ungar. «È aumentato così il numero di anziani da assistere e, con esso, la forma più diffusa di ageismo, cioè la discriminazione degli anziani nell’ambito sanitario. Infatti, nonostante rappresentino la maggioranza dei malati con patologie croniche quasi sempre concomitanti, il 40% degli anziani è tagliato fuori dalle terapie più avanzate e appropriate e dai protocolli sperimentali senza valide ragioni mediche ma solo in base all’età».

Quando le risorse scarseggiano, lo abbiamo visto con il Covid, fare delle scelte è inevitabile; tuttavia, un paziente anziano curato in maniera inefficace, va incontro a ricadute e riospedalizzazioni e deve essere nuovamente trattato con uno spreco di risorse, oltre che di vita e sofferenze individuali.

Continua Ungar: «Gli effetti negativi dell’ageismo influenzano anche la longevità, con una probabilità fino a 4 volte più alta di morire nelle persone anziane che hanno un’autopercezione negativa dell’invecchiamento rispetto a coloro che hanno una visione positiva della vecchiaia. Interiorizzare stigma e pregiudizi potrebbe essere un nuovo fattore di rischio per una vita più lunga».

Gli esempi sono molti: con l’aumentare dell’età le prescrizioni farmacologiche e i regolari controlli raccomandati dalle linee guida si riducono progressivamente fino a dimezzarsi negli over-85, in cui si registra un sostanziale sotto-trattamento fino al 40% dei casi. «Lo dimostrano i dati dei registri nazionali che documentano una marcata flessione della prescrizione di statine, con  un crollo di ben il 50% negli ultra 85enni dopo sindrome coronarica» dichiara Ungar.

Come affermano con preoccupazione le Nazioni Unite, il godimento di tutti i diritti umani diminuisce con l’età, a causa dell’idea negativa che le persone anziane siano in qualche modo meno produttive, meno preziose per la società e un peso per l’economia e le giovani generazioni. L’ageismo, non solo quello sanitario, è un ostacolo alle opportunità degli anziani di contribuire alla società, realizzare il loro pieno potenziale e condurre una vita appagante. Combattere questi pregiudizi, che colpiscono in particolare le donne, è un bene per la comunità tutta e la società intera.

Photo by krakenimages on Unsplash

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.