Sostenibilità

Al parco!

Sono il vero miracolo italiano (a cura di Fulco Pratesi presidente WWF Italia)

di Redazione

Chi ha una certa età e si interessa di conservazione delle natura ricorderà la storia, confortante agli inizi, miserevole per tanti anni e infine piuttosto lieta (con luci e ombre) delle nostre aree protette.
Tutto iniziò nel 1922, quando un illuminato deputato, nativo di Pescasseroli in Abruzzo, riuscì a creare, con l?appoggio corale di tutti, compresi i Comuni coinvolti, il primo Parco Nazionale d?Italia, con l?associazione Pro montibus et sylvis che in quegli anni era l?unica organizzazione ambientalista esistente. L?anno successivo, grazie ad una donazione fatta dal re Vittorio Emanuele III dei terreni di sua proprietà in quelle montagne, nacque il Parco Nazionale Gran Paradiso, istituzione sancita per legge, alla quale seguì quella per la istituzione, a livello pubblico, del Parco Nazionale d?Abruzzo.
I due primi parchi ebbero come scopo principale quello di salvare specie animali in grave pericolo come l?orso marsicano, il camoscio d?Abruzzo, lo stambecco delle Alpi, scopo che fin dall?inizio essi, gestiti da enti autonomi in cui erano presenti personaggi della cultura, dei ministeri e degli enti locali, raggiunsero con efficienza e capacità. Nel 1934, per salvare le ultime reliquie delle splendide Paludi Pontine, il governo fascista creò il parco nazionale del Circeo e, l?anno successivo, per consolidare la presenza dello Stato nei territori dell?ex impero austroungarico, istituì il parco nazionale dello Stelvio, affidandoli entrambi, avendo abolito gli enti autonomi, alla Milizia forestale.
Le cose vivacchiarono così per anni e anni, fino a che, nei primi anni ?60 dello scorso secolo, le prime associazioni ambientaliste come Italia Nostra (nata nel 1956) e il WWF (nato nel 1966) iniziarono una serrata battaglia per il recupero delle quattro aree protette e per istituirne di nuove mediante una legge quadro. Solo nel 1968 però fu istituito, con una legge mal fatta e una confinazione cervellotica, il parco nazionale della Calabria.
Bisogna arrivare fino agli anni ?80 per vedere finalmente, grazie all?azione del ministro Giovanni Marcora l?ampliamento dei parchi storici. Nacquero poi riserve naturali statali, oasi del WWF (la prima risale al 1967), parchi regionali e riserve marine. Oggi, grazie alla legge quadro sulle aree protette (la 394 del 1991) i territori tutelati hanno raggiunto una superficie pari a circa il 10% del territorio nazionale. Un bel balzo in avanti se si pensa che, ancora negli anni ?60, la percentuale di territorio sottratta alla caccia, alla speculazione edilizia, ai tagli eccessivi, ammontava a circa lo 0,63%.
I parchi e le aree protette italiane, grazie, occorre riconoscerlo, alla pressione, al monitoraggio e agli stimoli delle associazioni ambientaliste, costituiscono un vero ?miracolo italiano?. Nel senso che se in altri grandi Paesi come gli Stati Uniti i parchi nazionali sono una realtà ottimamente gestita, non bisogna dimenticare che lì (come del resto in Africa, in India, in Australia e altrove) i terreni protetti sono tutti di proprietà dello Stato, rendendo possibile e agevole ogni iniziativa vincolistica ma anche consentendo attività imprenditoriali compatibili.
Nei Parchi italiani il territorio è quasi totalmente di proprietà privata, comunale e di enti vari, su cui gravano i diritti di boscaioli, agricoltori, pescatori, albergatori, imprenditori, allevatori, pastori, costruttori. Essere riusciti, con un?abilità incredibile e una legge ben costruita, a mettere tutti d?accordo e a sottrarre alle pretese di cui sopra il 10 per cento della superficie nazionale costituisce, ripeto, un autentico miracolo di cui occorre tener conto quando si lanciano critiche nei confronti degli Enti Parco. Oggi, infine, nelle aree protette si sta realizzando il sogno antico degli ambientalisti di riuscire a coniugare conservazione della natura e sviluppo socioeconomico di territori marginali. E sarebbe bene che anche i politici si rendano conto di questo successo non lesinando, come stanno facendo, i fondi per le aree protette. Nel senso che mentre crescono i territori vincolati le leggi finanziarie riducono i contributi per la gestione, rendendo difficili i rapporti con le popolazioni locali.

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