Medio Oriente
Gaza, la fame alle porte dell’Europa
«La situazione è catastrofica e continua a peggiorare: i bambini muoiono di fame. Mai avremmo immaginato di dover portare alimenti salvavita alle porte dell’Europa». È l’allarme lanciato da Roberto Vignola, vicedirettore generale di Fondazione Cesvi, che ha appena portato 18 tonnellate di Plumpy’Nut nell’enclave palestinese, per salvare i bambini gravemente malnutriti
di Redazione
A quasi sei mesi dallo scoppio del conflitto del 7 ottobre scorso, sono almeno 27 i bambini palestinesi morti per fame e disidratazione, mentre sette bambini su dieci sotto i due anni soffrono di malnutrizione acuta nella Striscia di Gaza, dove lo stato di carestia è ormai imminente. Nella guerra, i 335mila bambini palestinesi con meno di 5 anni e i 135mila sotto i 2 anni sono coloro che corrono i rischi più gravi a causa della scarsità di cibo. Il 90% dei più piccoli non riceve adeguati allattamento materno e cibo complementare.
Il Plumpy’Nut consegnato da Fondazione Cesvi è un alimento a base di pasta di arachidi arricchita di proteine e sali minerali, usato come cibo terapeutico pronto all’uso per i bambini gravemente sottopeso, nelle situazioni di emergenza umanitaria. È particolarmente adatto alle situazioni estreme, perché non va diluito con acqua e può essere somministrato facilmente in qualsiasi contesto, evitando rischi di contaminazione. Sono 180mila le bustine di cibo terapeutico consegnate da Cesvi a diversi ospedali e cliniche mediche di Gaza, che attraverso le proprie équipe si stanno occupando di somministrare la terapia alimentare a migliaia bambini affetti da malnutrizione acuta grave e moderata.
«Noi di Cesvi da quasi 40 anni operiamo per contrastare la malnutrizione infantile in diversi contesti nel mondo, come nel Corno d’Africa, da sempre afflitto da queste problematiche. È la prima volta che ci troviamo a operare nel settore della malnutrizione in un Paese così vicino come Gaza, è qualcosa che non ci saremmo mai immaginati. In questa situazione di gravissima emergenza possiamo portare la nostra expertise sperando di salvare dalla fame il numero più alto possibile di bambini, a cominciare da quelli gravemente malnutriti», aggiunge Vignola. «A ottobre Cesvi ha aderito all’appello urgente per il cessate il fuoco lanciato a livello internazionale, nella speranza di evitare la catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza. Non è accaduto: continuiamo a contare i morti e veder crescere la distruzione», conclude, «intervenire è una responsabilità collettiva, sebbene sia complicato dall’insicurezza sul campo e dalle difficoltà logistiche».
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Lo stato di carestia è ormai imminente nel nord della Striscia di Gaza: se le condizioni non miglioreranno, sarà dichiarato entro maggio (Integrated Food Security Phase Classification IPC dell’Onu). In generale, nell’intero territorio, entro luglio è destinato a salire a oltre un milione il numero di persone che affronteranno la fame a livello catastrofico. Nel nord, intanto, due terzi delle famiglie ha trascorso interi giorni e notti senza mangiare almeno 10 volte negli ultimi 30 giorni (nel sud è accaduto a un terzo). Prima dell’escalation nel conflitto, la malnutrizione acuta riguardava lo 0,8% dei bambini sotto i 5 anni d’età, mentre a febbraio quel dato nelle zone settentrionali è aumentato tra 12,4% e 16,5%. Sono ormai almeno 27 i bambini morti per malnutrizione e disidratazione, che si aggiungono a quelli uccisi dalla guerra, oltre 13mila nei dati del Ministero della Salute palestinese.
Quando la malnutrizione si combina con malattie e mancanza di cure, come sta accadendo nella Striscia di Gaza, i più piccoli sono fortemente a rischio di infezioni acute, che ne mettono ulteriormente in pericolo la vita. I casi di diarrea sono stati oltre 296mila, per un terzo in bambini sotto i 5 anni. Nel territorio, la guerra ha distrutto le infrastrutture di base, impedendo di rifornirsi di acqua potabile, cibo, carburante, elettricità, farmaci, nonché di ottenere cure mediche, perché solo 12 dei 36 ospedali sono parzialmente funzionanti, oltre che sovraffollati al 327%.
«La situazione è molto critica: ogni ora sentiamo il rumore dei bombardamenti e di continuo un sottofondo di urla e di pianti. È sempre più difficile trovare del cibo e quel poco che c’è è molto costoso e non basta per tutti. Un chilo di farina costa 100 Nis (circa €25) e un chilo di riso ha raggiunto le 55 Nis (circa €15). Quasi nessuno ha tutti questi soldi. Oltre ai bombardamenti dobbiamo temere anche le violenze della criminalità crescente», dichiarano gli operatori umanitari di Cesvi nella Striscia di Gaza.
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