Formazione

Un convegno della Fondazione Nomisma. Quei banchieri così autoreferenziali

A Bologna si è discusso di etica e responsabilità sociale nella finanza bancaria. Ma sono emerse poche idee nuove

di Francesco Maggio

L?occasione a Bologna era più che mai ghiotta. Lo sforzo della Fondazione Nomisma Terzo settore di riunire il 29 ottobre scorso attorno allo stesso tavolo i massimi esponenti del sistema finanziario italiano, pregevole. Il tema del quale discutere, l?etica e la responsabilità sociale nella finanza bancaria, di strettissima attualità.
Con tali premesse, con relatori del calibro dell?amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, del presidente del San Paolo-Imi, Rainer Masera, del presidente della Borsa italiana ,Angelo Tantazzi (per citarne alcuni), poteva venir fuori un dibattito davvero di grande interesse. Ricco di suggestioni e spunti di riflessione. E invece?
Invece, anche stavolta, ha fatto capolino, prima timidamente, poi via via dilagando, l?autoreferenzialità. Ciascuno ha raccontato quanto è bravo a fare banca. Che l?etica è sempre stata al centro dei propri interessi. Che nessuno, però, può ergersi a paladino dell?etica perché ne esistono numerosi significati. Che forse sarebbe più opportuno parlare di responsabilità sociale d?impresa. Che si tratta di un percorso lungo e impegnativo. Che essere etici, però, non significa non produrre utili. Che anche nella parabola dei talenti si parla di saggio d?interesse. E via dicendo.
Insomma, tutte cose giustissime. è affiorato il solito campionario di concetti, evidentemente, inconfutabili. Ma la ?tensione? che il prestare attenzione alle molteplici declinazioni pratiche dell?etica comporta, dov?era? Quella sana autocritica che se su certi fronti fosse affiorata avrebbe reso certi interventi sicuramente più interessanti e autorevoli, chi l?ha sentita fare?
Al contrario, abbiamo ascoltato, per esempio, Rainer Masera ricordare, innanzitutto, la parabola dei talenti (letta, testualmente, per alcuni minuti), cosa che non ci è parsa, almeno dal punto di vista squisitamente dello stile, una scelta proprio felicissima, per sostenere la tesi che l?idea dell?interesse zero va confutata. E poi, che il suo gruppo è leader in Italia nei fondi etici.
Vero. Però sarebbe stato opportuno aggiungere, almeno secondo noi, che la punta di diamante del sistema etico della società di gestione del risparmio di San Paolo, il fondo azionario internazionale etico, negli ultimi anni ha perso consistenti fette di patrimonio gestito (a dicembre 2001 amministrava 775 milioni di euro di asset, al 30 giugno 2003, 446 milioni) e registrato performance negative.
Quanto ad Alessandro Profumo, che pure sa mettersi in gioco, non si tira indietro dinanzi alle critiche, fa il suo mestiere di banchiere meglio di chiunque altro in Italia, da lui l?invito a non essere autoreferenziali è sì venuto. Salvo poi accennare alla Fondazione Unidea (iniziativa, peraltro, lodevolissima) o al fatto che il titolo Unicredit è nel Dow Jones della sostenibilità. Anche qui, tutto vero, ma si tratta del Dow Jones sustainability index global, perché nella versione europea, il Dow Jones sustainability Stoxx è stato escluso di recente (cfr Vita n. 40/2003).
Per fortuna un po? di vivacità al dibattito è venuta da alcuni interventi seguiti alla tavola rotonda. In particolare, quando è stato giustamente sottolineato che forse le banche non hanno ancora ben chiaro che tra ciò che loro fanno (o dichiarano di fare) di ?etico? e ciò che gli stakeholders percepiscono in proposito c?è ancora un gap molto ampio.
Tuttavia, la sensazione che con una Rolls a disposizione (la qualità dell?evento) i passeggeri si siano limitati a fare appena il giro dell?isolato (un ?pour parler? sull?etica piuttosto vago), beh quella rimane.

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