Volontariato

Uganda: ennesimo massacro

Attacchi senza tregua ad opera di ribelli sanguinari

di Gabriella Meroni

Un ennesimo spaventoso massacro e’ stato compiuto la scorsa notte dai ribelli nel nord dell’Uganda. Decine di civili ammazzati: 65, incrociando informazioni di fonti autorevoli, ma non ufficiali. In gran parte sono stati abbattuti a colpi di bastone e finiti col machete; moltissimi i feriti, una decina dei quali in gravi condizioni; ed un numero imprecisato, comunque molto alto, di persone rapite. I dati principali sono stati forniti all’Ansa da un missionario comboniano di origine eritrea, padre Sebat Ajele, che opera da tempo a Ngetta – appena sette chilometri dal Lira, capoluogo dell’omonima regione, tra gli epicentri della guerriglia – uno dei villaggi attaccati dai ribelli. Dove, dice padre Sebat, si sono contati almeno 13 morti. E poi ancora, e’ sempre lui ad informare – avendo avuto contati con confratelli ed amici che vivono nelle altre localita’ investite – 14 morti ad Akangi, 10 ad Ewal, e 16 ad Ongula. Dunque, almeno 53 (il numero di vittime gia’ indicato in precedenza dall’agenzia missionaria Misna); a cui pero’ se ne debbono aggiungere 12 – non menzionati da padre Sebat ma indicati da fonti dell’esercito (il cui bilancio ufficiale peraltro e’ fermo ad una quindicina di vittime) – che sarebbero stati uccisi in localita’ Olelo. Tutte le fonti, poi, segnalano concordi numerosissimi feriti, 10 dei quali ricoverati in condizioni gravi in un ospedaletto locale. Impossibile, poi, quantificare per ora il numero dei rapiti: molti, infatti, all’inizio degli attacchi si sono rifugiati nella foresta, e magari non sono ancora tornati al villaggio. ”E’ una situazione umanitaria spaventosa – dice ancora all’Ansa il comboniano – migliaia e migliaia di persone abbandonano le loro capanne, i loro villaggi per cercare rifugio a Lira”. Gli attacchi sono stati effettuati da un plotone di una cinquantina di ribelli, che hanno iniziato ad operare intorno alle 22.00 (le 20 in Italia) di ieri sera, ed hanno continuato in assoluta’ impunita’ a devastare un villaggio dopo l’altro fin quasi alle prime luci di stamane. Nel nord dell’Uganda – e, piu’ di recente, anche nel nord est – opera dal 1988 l’Esercito di resistenza del Signore (Lra). Un gruppo guidato dal ‘visionario’ Joseph Kony che predica l’abbattimento dello stato ugandese, e l’instaurazione al suo posto di una nazione basata sul rigido rispetto dei precetti biblici, in particolare i 10 Comandamenti. Ma nulla di cristiano vi e’ nella sua crudelissima azione, che comunque, anche al livello teorico – ammesso che esso esista – e’ un confuso coacervo sincretico di animismo africano frammisto a simbologie cristiane e musulmane. Ma quella dei ‘guerriglieri di Dio’ e’ un’azione la cui unica realta’ e’ la violenza. Molte decine di migliaia di morti (alcuni avanzano addirittura la cifra di 100.000) nel corso del conflitto; almeno 20.000 bimbi rapiti, serve concubine le fanciulle, mini-miliziani i ragazzi; moniti selvaggi alla popolazione come il frequente taglio di naso, orecchie e labbra; e circa 1,2 milioni di persone (su un totale di abitanti della regione di 1,5) costretti dalla guerriglia che non da’ respiro ad abbandonare villaggi e terre coltivabili per cercare salvezza in miserabili campi profughi dove manca anche l’indispensabile per sopravvivere. In questo quadro, sempre maggiori perplessita’ suscita tra gli osservatori il fatto che il potente esercito ugandese non riesca a venire a capo della guerriglia. Un esercito che pur schiera nell’area oltre 14.000 uomini molto ben armati, e con l’appoggio di elicotteri da combattimento. Ai quali, negli ultimissimi tempi, si sono aggiunte anche milizie civili paramilitari, spesso in larga misura formate da transfughi dell’Lra. Una scelta che, a parere di molti, ha accentuato la violenza dei ribelli.


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