Mondo

Iraq. I rubinetti di Bush

Dal 21 novembre, il petrolio iracheno estratto per scopi umanitari verrà gestito dagli americani. Intervista a Benon V. Sevan.

di Carlotta Jesi

Dopo 7 anni, il programma Oil for Food passa di mano. Da quelle delle Nazioni Unite a quelle dell?Autorità provvisoria che governa l?Iraq. Ma questo trasferimento, deciso dal Consiglio di sicurezza dell?Onu a maggio di quest?anno quando ha sospeso le sanzioni imposte all?Iraq nel 1991 a causa dell?invasione del Kuwait, preoccupa la comunità internazionale. Che ne sarà dei civili iracheni ora che gli uomini delle Nazioni Unite hanno lasciato Bagdad e che il loro programma di aiuti umanitari verrà gestito da americani e inglesi? L?abbiamo chiesto al sottosegretario generale dell?Onu, Benon V. Sevan, che dal 1997 è il direttore del Programma Iraq delle Nazioni Unite con il compito di gestire tutti gli interventi umanitari decisi dal Consiglio di sicurezza, tra cui anche l?Oil for Food. Vita: Quale sarà l?impatto del trasferimento dell?Oil for Food dalle mani dell?Onu a quelle della Autorità provvisoria sul 60% degli iracheni che dipende dal programma? Benon V. Sevan: Abbiamo cercato di fare in modo che il trasferimento fosse il più possibile indolore. Prima della guerra, il livello di dipendenza dal Programma superava anche il 60% della popolazione irachena. Praticamente ogni uomo, donna e bambino del Paese riceveva le razioni di cibo distribuite dall?Oil for Food e per il 60% più povero della popolazione i nostri aiuti alimentari erano l?unica fonte di sussistenza. Alcune persone vendevano parte della loro razione di cibo per acquistare altri generi di prima necessità, come i vestiti per i figli. Oggi non ci sono evidenze per poter dire che la popolazione sia meno dipendente dal programma che prima della guerra. Semmai è il contrario: temiamo che gli iracheni siano ancora più bisognosi. Le nostre razioni includevano farina, zucchero, riso, latte in polvere, the, sale, detergenti, sapone e olio da cucina e il loro obiettivo era fornire 2.470 calorie al giorno a persona. Per le famiglie con bambini, nel nostro food basket mensile c?erano anche alimenti per neonati, cereali e sapone in più. Sono convinto che la distribuzione mensile di cibo debba continuare almeno fino a quando gli iracheni non avranno la possibilità di trovare un lavoro e di mantenersi. Quindi lancio un appello: qualunque siano le novità o le alternative che l?Autorità intende applicare alla distribuzione mensile delle reazioni, che vengano introdotte gradualmente. Vita: Pensa che i civili iracheni avranno medicine, acqua potabile e alimenti sufficienti per sopravvivere dopo il passaggio di mano del programma? Sevan: Al momento, l?Oil for Food dispone di beni e forniture umanitarie del valore di 9 miliardi di dollari. All?85% di questo materiale, già ordinato, è stata data la priorità e continuerà ad arrivare in Iraq per tutto il 2004. Questo non significa che i civili riceveranno tutto ciò di cui hanno bisogno, ma è già un buon punto di partenza. In maggio, le Nazioni Unite hanno trasferito 1 miliardo di dollari dal conto dell?Oil for Food a quello del Fondo per lo sviluppo dell?Iraq perché l?Autorità provvisoria potesse usarli per provvedere alle esigenze della popolazione. La scorsa settimana, un altro miliardo di dollari è stato trasferito per lo stesso obiettivo. Inoltre tutti i macchinari, i generatori e i beni che l?Onu ha gestito nei tre governatorati del Nord verranno trasferiti all?Autorità provvisoria insieme alla gestione di 159 progetti umanitari valutati in 1,1 miliardi di dollari. Tutto questo, spero, aiuterà la popolazione. Ma i suoi bisogni rimangono molti e non ci sono segnali per dire che gli iracheni oggi siano in grado di cavarsela da soli. Vita: Crede che l?autorità provvisoria sarà in grado di gestire il programma? Sevan: Prendere in mano l?Oil for Food vuol dire assumersi una grande responsabilità verso gli iracheni che, anche nei tempi migliori, hanno avuto molto poco su cui contare. Ricordiamoci che, da quando è stato lanciato nel 1996, dall?Iraq è stato esportato petrolio per 56 miliardi di dollari e di questi 46 miliardi sono stati investiti nel programma con piccole deduzioni per altri interventi sotto la responsabilità del Consiglio di sicurezza dell?Onu. Sfortunatamente, l?insicurezza cronica in Iraq negli ultimi sei mesi ci ha costretti a modificare continuamente le strategie di conclusione dell?Oil for Food. Le Nazioni Unite hanno deciso di rispettare la scadenza del 21 novembre ma, come ho spiegato al Consiglio di sicurezza all?inizio del mese, l?unica cosa che possiamo fare è trasferire il denaro a disposizione (che solo per i governatorati del Nord ammonta a 1, 5 miliardi di dollari), i progetti in atto e tutte le responsabilità inerenti al programma all?Autorità provvisoria così come sono, complete di tutta la documentazione. Il trasferimento di un programma della grandezza dell?Oil for Food in sei mesi di tempo, la scadenza fissata dal Consiglio di Sicurezza, sarebbe stata un risultato straordinario anche in situazioni di normalità. Ma nessuno poteva prevedere ciò che è successo il 19 agosto a Bagdad quando i terroristi hanno bombardato la nostra sede e 22 persone del nostro staff hanno perso la vita. La scorsa settimana, l?Onu ha completato il ritiro da Bagdad di tutto il suo personale espatriato. Abbiamo continuato a lavorare contro il tempo a ranghi ridotti insieme ai nostri colleghi di stanza in Giordania, a Cipro e a New York per portare a termine il trasferimento dell?Oil for Food. Abbiamo fatto del nostro meglio, adesso tocca all?Autorità provvisoria andare avanti. Vita: Pensa che l?Autorità provvisoria apporterà dei cambiamenti al programma? Sevan: Mi aspetto che ci sarà un cambiamento di approccio. La mia speranza è che l?Autorità costruisca il meglio che può su quello che noi abbiamo ottenuto finora. Si è impegnata a portare avanti la distribuzione del cibo finché i civili iracheni non saranno autosufficienti. Vita: Le ong parteciperanno alla nuova gestione? Sevan: Sarà l?Autorità a deciderlo. Ma, anche con la migliore volontà, c?è veramente poco che le ong possono fare finché sono un obiettivo dei terroristi.


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