Migranti

Oltre 1.200 persone salvate in un solo anno dalla nave Life Support di Emergency

Il rapporto dell'organizzazione umanitaria sui primi dodici mesi di attività in mare, in particolare nel Mediterraneo centrale. La maggior parte delle persone soccorse proviene dal Bangladesh

di Redazione

Emergency oggi ha diffuso i dati relativi al primo anno di attività della sua nave “Life Support”, la quale in questo arco di tempo ha soccorso 1.219 naufraghi: 846 uomini, 101 donne di cui sette in stato di gravidanza, 216 minori non accompagnati e 56 minori accompagnati. I nuclei familiari sono stati 43. Le persone soccorse provenivano da Bangladesh (148), Siria (142), Costa d’Avorio (106), Egitto (106), Pakistan (96), Eritrea (59), Guinea Conakry (59), Etiopia (55), Mali (56), Senegal (55), Sudan (52), Camerun (49), Gambia (48), Nigeria (36), Somalia (29), Tunisia (27), Guinea Bissau (23), Libia (18), Benin (10), Ciad (9), Sierra Leone (8), Sud Sudan (5), Burkina Faso (5), Marocco (4), Palestina (4), Congo (4), Mauritania (3), Liberia (2) e Algeria (1). Tra questi, diversi sono i Paesi colpiti da conflitti, come il Sudan e la Siria, e da instabilità e crisi economiche come la Libia, la Sierra Leone, l’Egitto e la Tunisia. Oltre a Paesi che negli ultimi mesi hanno vissuto forti instabilità, come il Sud Sudan e il Ciad. Le persone soccorse dalla Life Support hanno raccontato ai mediatori culturali di avere subito abusi, torture e gravi violazioni dei loro diritti, di essere state vittime di estorsioni e sfruttamento.

«In Libia non ci sono diritti per i migranti, possono ucciderti per strada e a nessuno importa», è la testimonianza di un ragazzo di 24 anni soccorso dalla Life Support. «Ma anche in Tunisia c’è molto razzismo contro i neri. A Sfax attaccano spesso noi africani subsahariani. Vengono nelle case in cui viviamo, ci rubano i soldi, i telefoni, ci picchiano anche per ore se non abbiamo soldi. Ho ancora tante cicatrici sul corpo. Sono fuggito dalla Sierra Leone, dove molti membri della mia famiglia sono stati uccisi perché considerati oppositori politici. Sono dovuto scappare in Marocco, ho passato mesi nel deserto».

«Sono andata via da sola dal mio Paese, il Camerun», racconta una ragazza di 28 anni. «Sono fuggita da violenze e abusi, lasciando famiglia e amici. Sono arrivata in Tunisia passando per il deserto dell’Algeria. Durante il viaggio sono stata violentata dagli uomini che avevo pagato per portarmi in Tunisia. Succede a moltissime donne. In Tunisia ho raccolto i soldi per il viaggio in mare. In quei mesi non sono mai potuta andare da un dottore perché ero senza documenti. Solo una volta salita sulla Life Support, ho potuto fare un test di gravidanza. In quel momento ho scoperto di essere incinta di tre mesi».

Dal dicembre 2022 al dicembre 2023, la Life Support ha portato a termine 24 operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale, la rotta migratoria più pericolosa al mondo, percorrendo quasi 40.000 km per 105 giorni in totale. I porti assegnati sono stati Brindisi (2), Civitavecchia (1), Livorno (3), Marina di Carrara (3), Napoli (1), Ortona (2), Ravenna (1) e Taranto (1). Per raggiungere i porti lontani, la nave di Emergency ha percorso in media 630 miglia nautiche, impiegando 3,5 giorni di navigazione a missione. Per questi giorni di navigazione non necessari, Emergency ha dovuto sostenere una spesa di 938.248 euro. I viaggi per arrivare ai porti e tornare nel Mediterraneo hanno comportato 56 giorni di navigazione in più rispetto a un porto nel Sud Italia, allontanando la nave dalle zone Sar e sottraendo tempo prezioso alle attività di ricerca e soccorso.


«La presenza in mare ci ha permesso di vedere in modo diretto gli effetti che le politiche migratorie hanno avuto sulle attività delle Ong che si occupano di ricerca e soccorso», commenta Carlo Maisano, coordinatore della Life Support. «Il loro operato continua a essere criminalizzato e ostacolato. Il decreto Piantedosi, insieme all’assegnazione del porto lontano e alle detenzioni amministrative, ha sottratto tempo prezioso al soccorso e alla tutela della vita di chi è in mare».

Progetto fortemente voluto da Gino Strada, la Life Support fa parte della “flotta civile” e riporta il diritto alla vita al centro del dibattito sulla migrazione. Un’azione ancora più urgente anche a causa della sistematica campagna di criminalizzazione contro le Ong che continuano a subire ostacoli, dai fermi amministrativi ai sequestri preventivi. Nel 2023 la Life Support non ha ricevuto fermi amministrativi ma per effetto del cosiddetto decreto Piantedosi, successivamente convertito in legge, sono state disposte 14 detenzioni amministrative che hanno colpito gli assetti di altre Ong. Il decreto Piantedosi ha avuto un impatto fortemente negativo per le persone che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo e per le attività delle Ong. Tra gli effetti, c’è stata la quasi impossibilità di effettuare soccorsi multipli perché viene richiesto che le navi raggiungano il porto di sbarco assegnato dalle autorità senza ritardo. Da dicembre 2022 a fronte di 10 soccorsi multipli coordinati dalle autorità italiane, 42 segnalazioni di casi di distress notificati dalla Life Support dopo la sua prima operazione di salvataggio hanno ricevuto una risposta negativa o nessuna risposta dal Centro di coordinamento italiano dopo l’assegnazione di un porto di sbarco.

Dal 13 dicembre 2022 (quando la Life Support ha lasciato il porto di Genova per la sua prima missione) alla fine del 2023, la nave ha compiuto 15 missioni di cui solo una senza soccorso. Sul totale dei salvataggi, 13 casi sono stati segnalati dall’aereo Airborne della Ong Sea Watch e dall’aereo della Ong Pilotes Volontaires oltre che da Alarm Phone. Dal ponte della Life Support sono stati avvistati 5 casi senza che fossero state ricevute indicazioni o coordinate tramite altri canali. Sono 2 i casi riferiti da Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), mentre tre operazioni di soccorso si sono concluse a seguito di una segnalazione da parte della Guardia Costiera italiana.

Emergency ha anche osservato come nel Mediterraneo centrale continuino i casi di omissione di soccorso. Per esempio, le autorità di Malta non rispondono alle segnalazioni di distress via e-mail o al telefono e istruiscono navi mercantili per monitorare e, in rari casi, soccorrere le imbarcazioni in pericolo. Ad aprile 2023, per la prima volta Malta ha coordinato il soccorso di due imbarcazioni in distress, grazie al continuo sforzo di pressione da parte delle Ong. Nonostante sulla rotta verso il porto assegnato la Life Support avesse offerto e rinnovato la propria disponibilità a offrire assistenza ai casi di distress, le operazioni sono state effettuate da due navi mercantili.

Il team della Life Support è composto da un totale di 28 persone, di cui nove marittimi, 17 persone dello staff Emergency e due posti a disposizione per eventuali necessità a bordo. Il gruppo sanitario è formato da due infermieri e un medico ed è affiancato da due mediatori culturali. La squadra ha esperienza in contesti umanitari e sanitari complessi. In 15 missioni, nell’ambulatorio della Life Support sono stati visitati 112 pazienti tra cui 32 donne e 20 minori. Le principali cause di accesso all’ambulatorio sono state le ustioni seguite da traumi, malattie infettive, patologie della pelle e necessità ginecologiche e ostetriche. 

«Le persone che salviamo in mare non sono abituate a essere prese in carico da qualcuno», dichiara Roberto Maccaroni, responsabile sanitario della Life Support. «Per mesi, talvolta per anni, nessuno si è preso cura di loro. Circa la metà delle persone che abbiamo visitato riporta patologie, spesso traumi, che risalgono ai mesi precedenti il salvataggio. Quando le vediamo in ambulatorio, dopo mesi in cui sono rimaste neglette, si sono spesso cronicizzate. Questo vale anche per le loro condizioni psicologiche».

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