Sostenibilità

L’inquinamento urbano arriva in montagna: una ricerca Legambiente-CAI

Rilevate altissime concentrazioni di ozono inquinante in 20 rifugi alpini d'alta quota

di Ida Cappiello

Oltre all’ozono “buono”, quello che ci protegge ai raggi ultravioletti, mibnacciato dal “buco”, c’è anche l’ozono “cattivo”: un inquinante causato dal traffico urbano e dalle industrie. Sulla salute umana irrita le vie respiratorie e le mucose, acuisce l’asma e le malattie polmonari e si accanisce su anziani e bambini, fumatori e persone che praticano intensa attività fisica.Sui beni culturali le conseguenze sono spesso sottovalutate, ma arrivano a procurare danni irreversibili attaccando la struttura dei materiali come pietra e marmo. Ma a subire i danni maggiori è la vegetazione: colpendo specie di particolare interesse alimentare, l’ozono incide anche sulla resa agricola di un territorio, quello montano, già particolarmente difficile. Ebbene, l’ozono cattivo è presente in montagna in misura doppia rispetto alle città, perché privilegia ambienti ad alta insolazione e meno inquinati da altre sostanze. Legambiente e Club Alpino Italiano hanno effettuato un monitoraggio, posizionando per una settimana 40 campionatori all’esterno di 20 rifugi del CAI, situati tra i 2000 e i 2500 metri. In un solo rifugio, quello di Corno di Renon (BZ), con 92,1 µg/m3, sono stati registrati valori medi inferiori alla soglia di legge europea, fissata in 120 µg/m3. ll valore massimo è invece quello registrato al rifugio lombardo Brioschi, in vetta alla Grigna settentrionale, dove è stata raggiunta una media di 196,6 µg/m3. In generale, se la concentrazione media in pianura in ambiente urbano è di 84 µg/m3, salendo ad alta quota raddoppia, arrivando a 157 µg/m3. Valori molto alti si misurano sulle Prealpi e in prossimità di valli percorse da grandi autostrade, come in Val d’Aosta e in Alto Adige, svelando una montagna vittima delle città di pianura.


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