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Quanto vale un anno di vita in più?

Carlo Lucioni, farmacoeconomista di fama internazionale, spiega ai lettori di Vita che, in Italia, un costo di 60mila euro é il limite di accettabilità.

di Paolo Manzo

Carlo Lucioni è presidente di Adis Internazionale e direttore della rivista scientifica PharmacoEconomics. Oltre a essere l?economista sanitario più prestigioso in Italia. “Lo strumento delle nostre applicazioni è un?analisi detta di costi-efficacia, che tende a rapportare i costi di un nuovo farmaco ai risultati che genera in termini di salute”. Cioè calcolate quanto vale un anno di vita in più in termini economici? “Sì, l?indicatore che si usa come risultato, in termini di salute, sono proprio gli anni di vita guadagnati o, nel caso dell?oncologia, i mesi. La domanda cui cerchiamo di dare risposta è: a fronte di un determinato costo che comporta il nuovo farmaco, quanti anni di vita, pesati per la qualità, sono generati? Se si è in grado di rispondere a questa domanda si può calcolare, in termini monetari, il rapporto incrementale tra i costi aggiuntivi per la collettività e gli anni aggiuntivi di vita del singolo”. Abbiamo casi concreti? “Di recente Australia e Regno Unito hanno valutato assai empiricamente un livello di accettabilità del costo di un anno di vita. L?esperienza australiana ha mostrato che le nuove tecnologie entrate in uso, avevano un?alta probabilità di essere accettate dalla collettività se costavano meno di 26mila dollari. Nel Regno Unito, invece, hanno stabilito che un possibile valore è di circa 45mila euro”. In Italia abbiamo studi in proposito? “Anche da noi la sostenibilità sta facendo passi avanti. Di recente è stato pubblicato un articolo che cerca di definire delle soglie di accettabilità in oncologia. È stato proposto un algoritmo che definisce, come soglia di accettabilità, un ?range? tra i 12mila e i 60mila euro”. Quindi il valore varia a seconda del Paese? “Sì, perché ci sono Paesi che desiderano spendere di più in istruzione, o nella difesa, o nella sanità. Sviluppo economico e propensione a spendere possono generare importi diversi”.


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