Guerre

Siria, i numeri drammatici di 13 anni di conflitto

Secondo le Nazioni Unite quella siriana rimane la più grande crisi di sfollati al mondo, con oltre 12 milioni di siriani costretti ad allontanarsi forzatamente nella regione. Non esiste una conta definitiva delle vittime, ma secondo l’Onu sono ben oltre 500mila e 100mila le persone scomparse. Quest’anno 16,7 milioni di persone necessitano urgentemente di assistenza

di Asmae Dachan

Oggi, 15 marzo 2024, ricorre il tredicesimo anniversario dell’inizio della rivoluzione siriana. Le parole più ripetute dai manifestanti erano horrie, libertà e karama, dignità.

Il popolo siriano manifestava per chiedere la fine del regime della dinastia degli Al Assad e l’avvio di riforme sociali e politiche. La risposta governativa è stata una brutale repressione, sfociata in una sanguinosa guerra. Per capire le proporzioni di questa devastazione basta guardare ai numeri.

Numeri senza appello

Secondo le Nazioni Unite quella siriana “rimane la più grande crisi di sfollati al mondo, con oltre 12 milioni di siriani costretti ad allontanarsi forzatamente nella regione”. I profughi sarebbero oltre 5 milioni, divisi prevalentemente tra i Paesi vicini, in particolare la Turchia, mentre gli sfollati interni quasi 7 milioni. Non esiste una conta definitiva delle vittime, ma secondo l’Onu sono ben oltre 500mila. Anche delle persone scomparse forzatamente non si hanno dati certi, ma si stima che siano oltre 100mila.

Secondo l’Ocha “I bisogni umanitari del Paese non sono mai stati così elevati; Quest’anno 16,7 milioni di persone necessitano urgentemente di assistenza”. I bombardamenti indiscriminati hanno provocato danni alle abitazioni, alle scuole e a infrastrutture vitali. Secondo l’ultimo report di Physician for human rights Phr “da marzo 2011 almeno 400 strutture mediche sono state prese di mira almeno 604 volte e 949 operatori sanitari sono stati uccisi. La stragrande maggioranza di queste violazioni – almeno il 90% – sono state perpetrate dal governo siriano e dai suoi alleati, compresa la Russia”.

I ricercatori del Phr denunciano anche che almeno 1.100 operatori sanitari detenuti nel 2011 e nel 2012 risultano ancora dispersi. “Gli operatori sanitari detenuti per aver fornito assistenza sanitaria a civili feriti avevano il 400% in più di probabilità di essere uccisi nelle strutture di detenzione e il 550% in più di probabilità di essere fatti scomparire con la forza rispetto agli operatori sanitari detenuti per motivi politici. I professionisti medici siriani sono stati maltrattati, torturati e giustiziati per aver fornito assistenza sanitaria ai civili, che erano percepiti dal governo come nemici”, si legge nel report redatto in occasione del tredicesimo anniversario dell’inizio delle ostilità.


Scegli la rivista
dell’innovazione sociale



Sostieni VITA e aiuta a
supportare la nostra missione


ll terremoto

A esacerbare ulteriormente la situazione è arrivato il terremoto del 6 febbraio 2023 che oltre a colpire la Turchia meridionale, dove il 10% delle vittime sono stati proprio rifugiati siriani, ha colpito anche la Siria, in particolare i governatorati di Aleppo, Idlib, Lattakia e Hamma, provocando danni nelle zone rurali di Damasco. Le popolazioni locali, già provate da anni di guerra, hanno visto la propria situazione umanitaria peggiorare ulteriormente. Il bilancio totale delle vittime è di oltre 50mila tra i due Paesi.

Le tre aree siriane

Per quanto riguarda la situazione politico-militare, oggi la Siria risulta un Paese diviso in almeno tre aree di influenza: la cosiddetta Siria utile, che va dalla costa ai confini iracheni, e costituisce l’area più vasta, è controllata dal regime di Assad e dai suoi alleati, Russia e Iran in particolare; la Siria del nord est, dove ci sono aree di autonomia curda protette dagli Stati Uniti; la Siria del nord ovest, tra la città di Idlib e la provincia di Aleppo, dove è concentrata la maggioranza degli sfollati interni, che si trova sotto il controllo di ciò che resta dell’opposizione siriana, e che è sotto l’influenza della Turchia. In quest’area esistono ancora gruppi integralisti  – Hayat tahrir al Sham (Hts) e Jabhet an Nusra – che provocano ulteriori sofferenze a una popolazione già stremata. Proprio a Iblid i bombardamenti russo-governativi non si sono mai fermati. Dall’ultimo rapporto della Commissione Internazionale Indipendente di inchiesta – che opera all’interno del Consiglio di sicurezza dell’Onu – sulla Repubblica araba siriana emerge che tra il 1 luglio al 31 dicembre 2023 la Siria ha vissuto la più grande escalation di ostilità dal 2019/20. Nelle aree tornate sotto il controllo governativo le violenze si manifestano sotto forma di arresti e detenzioni arbitrarie con limitazioni alle libertà personali e al movimento. Inoltre il carovita sta mettendo a dura prova la resistenza di una popolazione che tenta di sopravvivere agli orrori e si trova ad affrontare crisi nelle crisi. La povertà, secondo l’Unicef, colpisce oltre il 90% della popolazione. Mancano lavoro e beni primari.

Tra i più colpiti dagli eventi bellici ci sono i bambini nati e cresciuti durante la guerra. Oltre ai traumi fisici e psicologici, i più piccoli soffrono a causa della mancanza di scuole e di spazi dove poter giocare. Un’intera generazione rischia un grave analfabetismo e questo spesso porta a matrimoni precoci, lavoro minorile e rischio di arruolamenti forzati.

Il mese di marzo segna un altro triste anniversario di conflitto, atrocità sistematiche e sofferenze indicibili in Siria”, ha dichiarato il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres. “Sono ormai tredici anni che i siriani subiscono devastazioni e sfollamenti senza precedenti, gravi e sistematiche violazioni e infrazioni del diritto internazionale, mentre le loro richieste di verità, giustizia e responsabilità restano inascoltate. Detenzioni arbitrarie, incarcerazioni di massa, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali, violenza sessuale e di genere, tortura e altri maltrattamenti continuano e rappresentano un ostacolo alla pace sostenibile in Siria”, ha aggiunto. 

Credit foto, Aleppo 2016/Lapresse

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.